Come Vo’ Euganeo ha sconfitto il Coronavirus grazie ai test del tampone

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-03-16

Il paese del Veneto è riuscito a spegnere il focolaio e da quattro giorni il numero di positivi al test del tampone è fermo. Ma cosa è successo a Vo’ Euganeo e perché il paese veneto è riuscito a sconfiggere la malattia, ovvero ad annullarne la circolazione?

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Sono ancora invariati, per il quarto giorno consecutivo, i casi positivi al Coronavirus SARS-COV-2 nel focolaio di Vo’ Euganeo, fermi a 82 da venerdì scorso. Lo rileva la Regione Veneto. Anche in provincia di Rovigo, alle 8 di stamani, non è stato registrato alcun nuovo caso di positivi al COVID-19. La provincia con maggiori positività è quella di Padova – escluso il cluster di Vo’ – con 633 (+41), seguita da Treviso (452, +27), Verona (425, +61), Venezia (356, +28), Vicenza (287, +34), Belluno (101, +19).

Come Vo’ Euganeo ha sconfitto il Coronavirus grazie ai test del tampone

Cosa è successo a Vo’ Euganeo e perché il paese veneto è riuscito a sconfiggere la malattia, ovvero ad annullarne la circolazione? Lo ha spiegato ancora una volta oggi il presidente della Regione Luca Zaia: “A Vo’ abbiamo fatto i tamponi a tutti. Adesso Vo’ è il posto più sano d’Italia. È la prova provata che il sistema dei tamponi funziona – ha tenuto a sottolineare – Qui c’erano i primi 2 casi, abbiamo fatto i tamponi a tutti, anche se i ‘professoroni’ dicevano che era sbagliato: 3000 tamponi, abbiamo trovato 66 positivi, li abbiamo isolati 14 giorni, e alla fine c’erano ancora 6 positivi. Così abbiamo chiuso la partita”. Giuliano Martini, sindaco di Vo’, comune del padovano di 3.300 abitanti dove si è registrato il primo decesso per Coronavirus, conferma: “Abbiamo avuto 89 contagi , tutti quanti sono stati controllati – sottolinea – la settimana scorsa ne avevano 12 positivi ma con valori bassissimi, quindi tutti in fase di negativizzazione, tutti gli altri si sono negativizzati e non si sono registrati più casi di contagio. . L’utilizzo dei tamponi, infatti, si è rivelato utilissimo e vitale perché da noi ha salvato molte vite”.

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Proprio per seguire l’esempio di Vo’, la Regione Veneto ha approntato un nuovo Piano specifico che, nel giro di una settimana, porterà l’effettuazione dagli attuali 3.210 test del tampone al giorno a 11.330 al giorno, coinvolgendo tutte le microbiologie della rete ospedaliera regionale. “Abbiamo già dato ai Direttori Generali delle Ullss – ha detto il Governatore – le indicazioni di predisporre i tamponi, partendo a tappeto, con priorità a tutti i 54 mila lavoratori della sanità, a quelli delle case di riposo, e ai medici di medicina generale. Subito dopo toccherà a tutte le persone che hanno dei sintomi ma che, oggi come oggi, dovrebbero attendere la fine del periodo di osservazione. La filosofia è semplice: più casi isoliamo, più sicurezza creiamo”.

Ma è possibile fare il test del tampone a tutti?

C’è però un problema. Massimo Galli, responsabile di Malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano, in prima linea contro l’emergenza Covid-19, e ordinario dell’università Statale del capoluogo lombardo, si è detto d’accordo con i test del tampone anche per gli asintomatici (perché tra loro si nascondono malati invidibili del Coronavirus): «La rivista Lancet dice che se non si riesce a quarantenare almeno il 70% dei contatti di un positivo non si ferma la malattia in 3 mesi», ha aggiunto Galli. La Lombardia, ha detto qualche giorno fa in un’intervista a ‘la Repubblica’ “dovrebbe trovare il modo di farli. O abbiamo un problema con il denominatore, il numero totale dei positivi. Se facciamo il tampone solo a chi ha sintomi importanti selezioniamo solo la parte più severa dei colpiti, e ci troviamo con una percentuale di letalità tra i ricoverati più alta della Cina, dove è stata del 10-15%. È meglio il modello veneto, se perseguibile. È simile a quello della Corea del Sud, che infatti ha avuto l’ 1% di decessi”.

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Coronavirus: i sintomi e il test del tampone (La Repubblica, 22 febbraio 2020)

Ma lo stesso Galli avverte:  “I tamponi di massa non sono sostenibili. Piuttosto è importante che si garantisca una forma di supporto reale alla quarantena domiciliare o nei luoghi idonei delle persone che hanno contratto una infezione da coronavirus e che non devono avere assolutamente contatti. Se non riusciamo fare nel giro di poco tempo questa operazione sui contatti delle persone positive dall’inizio della diffusione del virus, la possibilità di chiudere il discorso in tre mesi diventerebbe una data del tutto aleatoria e non realistica”. Anche Susanna Esposito, presidente dell’Associazione mondiale per le malattie infettive e disordini immunologici (Wadid), ha proposto il tampone per tutti: La situazione oggi, spiega “è di persone che chiamano per il tampone, ma se non hanno la febbre da almeno 2-3 giorni e se non hanno avuto il contatto stretto con persone Covid-positive non vengono controllate, solo messe in isolamento. Questo, però, induce comportamenti di precauzione diversi rispetto al sapere di essere realmente positivi”.

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