Cultura e scienze
Coronavirus: il picco dell’epidemia arriva domenica 22 marzo?
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2020-03-17
La curva dei contagi ieri ha registrato il primo ribasso. Il picco si può calcolare per domenica 22 marzo. Se la previsione è corretta si potrà allentare la morsa sul sistema sanitario italiano ma — ed ecco la cattiva notizia — per risolvere davvero l’epidemia bisognerà aspettare che vengano trovate le terapie farmacologiche e un vaccino
Il «picco» del Coronavirus in Italia potrebbe arrivare già domenica 22 marzo, se le misure sono state rispettate seriamente dagli italiani. La parola “picco” indica il punto più alto della curva epidemica, il momento di massima diffusione in questo caso del Coronavirus. Si può prevedere attraverso modelli matematici, considerando il «tasso di contagiosità», ovvero quante persone mediamente vengono infettate da un soggetto positivo. Questo valore in parte dipende dalle caratteristiche biologiche del virus, ma anche dal livello di densità della popolazione, cioè quante persone si possono incontrare, per quanto tempo, e quanto a lungo.
Coronavirus: il picco dell’epidemia arriva domenica 22 marzo?
Il Corriere della Sera spiega oggi che se la previsione è corretta si potrà allentare la morsa sul sistema sanitario italiano ma — ed ecco la cattiva notizia — per risolvere davvero l’epidemia bisognerà aspettare che vengano trovate le terapie farmacologiche e un vaccino (c’è un nuovo farmaco sperimentale da utilizzare, il Sarilumab). Nel frattempo ci aspettano diversi mesi di restrizioni alla normale vita quotidiana e un cambiamento di abitudini probabilmente inevitabile. I numeri del Coronavirus di ieri ci dicono che questa potrebbe anche essere soltanto la fine dell’inizio.
Da giorni si cerca di capire quando ci sarà il «picco», ovvero quando la curva dei contagi raggiungerà il massimo livello, per poi cominciare a decrescere. Per Alessandro Vespignani, fisico e informatico che a Boston dirige il Network Science Institute, è verosimile che a partire dalla fine di questa settimana cominci l’inversione di tendenza: «Bisognerà vedere se ha avuto effetto, più che la chiusura della Lombardia, quella più generale del Paese. Se le misure sono state rispettate, gli effetti si sentono dopo un paio di settimane».
Considerando che le norme per la Lombardia sono state approvate l’8marzo e quelle per tutta Italia l’11 marzo, i tempi tecnici si stanno avvicinando. Tutto fa capo al parametro R0 (Erre con zero), il «numero di riproduzione di base», che misura la potenziale trasmissibilità di una malattia infettiva. Si calcola che ogni persona, in una popolazione mai venuta a contatto con il patogeno, contagi tra 2 e 3 persone. Quando l’R0 scende sotto 1, l’epidemia comincia a regredire.
R0 o Erreconzero è la contagiosità, o tasso di riproduzione. Per il coronavirus è stato calcolato essere tra il 2,3 e il 3: significa che ogni persona positiva in media ne può infettare da due a tre.
Il virologo Roberto Burioni è scettico sulle date: «È impossibile davvero sapere quando accadrà. In teoria, se le misure di contenimento hanno funzionato, il loro effetto sarebbe tra 15 giorni. Ma immaginiamo che il reale picco dei contagi sia stato ieri: ce ne accorgeremmo solo tra 10-15 giorni». Perché? Perché il periodo di incubazione va da 2 a 11 giorni, con una media di 5-6 giorni. Ma quando è stata fatta la diagnosi? Non lo sappiamo». Detto questo, il picco conta fino a un certo punto: «Se lo superiamo e poi molliamo, raggiungeremo nuovi picchi. Noi dobbiamo solo pensare a stare a casa e a contenere l’epidemia, perché il virus non ha le gambe per muoversi».
Questo, però, a patto che funzioni la quarantena. Secondo i dati del ministero dell’Interno, dall’11 al 15 marzo tra le 665.480 persone controllate, ben 26.954 sono state denunciate perché circolavano senza reale necessità, 662 per aver rifiutato di mostrare i documenti o fornito false generalità.
Coronavirus: la curva dei contagi
Intanto la curva dei contagi ieri ha registrato il primo ribasso (l’altro ieri erano stati 2.853), il che rappresenta comunque uno spiraglio sebbene — è stato sottolineato dai vertici della Protezione civile —a quei dati manchino quelli della Puglia e della Provincia autonoma di Trento.
In Lombardia, dove la ong evangelica americana Samaritan Purse ha donato un ospedale da campo a Cremona, si è quasi toccata quota 11 mila contagi, con altri 202 decessi che hanno portato il totale a 1.420 vittime. In terapia intensiva ci sono 823 persone. Fra i morti, ma in Veneto, anche l’ex magistrato Francesco Saverio Pavone, 76 anni, ricoverato da due settimane in ospedale: già collaboratore di Giovanni Falcone, grazie alle sue indagini fu smantellata la Mafia del Brenta del boss Felice Maniero.
E mentre in tutta Italia i medici positivi sono già più di duemila,secondo l’Anaao-Assomed, a Roma il ministero dell’Ambiente chiuderà per tre giorni per un collaboratore esterno affetto dal coronavirus. Sempre nel Lazio accordo Regione-supermercati per nuovi orari d’apertura: 8.30-19 dal lunedì al sabato, 8.30-15 di domenica, ma chiusura notturna. Lutto infine alle isole Cayman: un turista italiano di 69 anni, Aldo Imbrosi, ex comandante della Polstrada di Mirandola (Modena), in crociera con la moglie, è morto in ospedale. Era stato dichiarato positivo il 13 marzo. Guariti invece a Jaipur, in India, marito e moglie di Codogno ricoverati dal 3 marzo durante una vacanza: sono stati trattati in via sperimentale con Lopinavir-Ritonavir.
E ieri sono tornati in Italia i 46 turisti bloccati per giorni alle Canarie. È intanto partito in tempi rapidissimi negli Stati Uniti il primo test di un vaccino contro il coronavirus e l’Europa ha annunciato che la sperimentazione del suo vaccino potrà partire in giugno: la ricerca corre veloce e affina le armi contro un virus mai visto finora, ma nessuno si illude che i tempi saranno brevi. Ci vorrà da un anno a un anno e mezzo per avere il vaccino, mentre la durata della pandemia è ancora imprevedibile, come indicano anche i dati sui casi in Italia. La ricerca ha mantenuto la sua promessa più grande: a metà febbraio il direttore dell’istituto statunitense per lo studio delle malattie infettive Niaid (National Institute of Allergy and Infectious Diseases) aveva annunciato che entro due o tre mesi sarebbe iniziato il test del vaccino messo a punto con collaborazione con l’azienda Moderna e con la Coalion for Epidemic Preparedness Innovation (Cepi) e puntualmente il vaccino è stato iniettato oggi al primo dei 45 volontari sani a Seattle. E’ un vaccino a Rna messaggero, ossia un vaccino sintetico, che non utilizza il virus ma la sua informazione genetica. Dopo questa prima fase di test sull’uomo ce ne saranno altre due per avere tutte le risposte necessarie su sicurezza ed efficacia e poi bisognerà aspettare i tempi tecnici per la produzione. E’ un vaccino a Rna messaggero anche quello che l’azienda biofarmaceutica CureVac, attiva fra Germania e Stati Uniti, si prepara a sperimentare in giugno. L’annuncio è arrivato dalla Commissione Europea ha annunciato che la CureVac “ha già avviato il suo programma di sviluppo di un vaccino anti Covid-19 e si prevede l’avvio di test clinici a partire da giugno 2020”. Mentre in Italia due progetti per il vaccino sono in attesa del via libera alla sperimentazione