Opinioni
Coronavirus: la favola dei tanti tamponi e il segreto di Pulcinella
Elio Truzzolillo 24/03/2020
C’è una favola che noi italiani ci raccontiamo da settimane, anche grazie ai nostri politici e ai nostri giornalisti che ce la ripetono di continuo: l’Italia sarebbe lo stato che ha fatto e fa più tamponi in Europa. Questa favola (o meglio questa manipolazione della realtà) ha scatenato i nostri istinti nazionalisti e complottisti. La […]
C’è una favola che noi italiani ci raccontiamo da settimane, anche grazie ai nostri politici e ai nostri giornalisti che ce la ripetono di continuo: l’Italia sarebbe lo stato che ha fatto e fa più tamponi in Europa. Questa favola (o meglio questa manipolazione della realtà) ha scatenato i nostri istinti nazionalisti e complottisti. La vulgata (ripetuta acriticamente dai molti dei nostri bravi conduttori TV) ha portato addirittura a credere che gli altri stati nascondessero l’epidemia mentre noi, popolo probo e onesto, eravamo gli unici a giocare a carte scoperte. Ecco che sono seguite ricostruzioni fantasiose, per esempio che il resto d’Europa voleva danneggiare la nostra economia e il nostro turismo, mentre noi apparivamo ingiustamente come il paese più colpito dal virus. Da Giletti a Myrta Merlino, passando peri politici di ogni schieramento, questa è stata la favola che ci siamo e ci hanno raccontato. Per dire quanto sia stata radicata questa convinzione, ancora il 17 marzo scorso a “Dimartedì” la favola era ripetuta come un disco rotto agli italiani. All’inizio della puntata un lucido Giovanni Floris (vorrei scrivere insolitamente lucido ma sembrerei troppo cattivo) chiede a un confuso ministro della salute (Roberto Speranza) se l’alta letalità in Italia e in Lombardia non possa dipendere dal basso numeri di tamponi rispetto all’estensione dell’epidemia. Il ministro non capisce la domanda (o la evita?) e risponde che “l’Italia è il paese in Europa che sta facendo in assoluto più tamponi”, continuando poi con concetti abbastanza generici. Floris non ci sta e ripropone la domanda pur con i suoi modi assolutamente affabili:
“Senta ministro mi perdoni, io faccio delle domande molto dirette poi lei ha la gentilezza di dare risposte come ha sempre fatto molto nette è molto chiare. Allora, Perché in Lombardia si muore così tanto?”
La risposta che segue (quasi estorta) è finalmente più soddisfacente anche se nascosta da una considerazione iniziale non attinente (risposte chiare da un politico mai eh). Floris ci riprova con la nota virologa Ilaria Capua, persona dalla competenza indiscussa la cui capacità di “stare sul pezzo” è a mio parere carente (mi riferisco anche ad alcune sue considerazioni socio economiche che non condivido). Dopo quattro tentativi del conduttore la Capua riesce a toccare un po’ tutte le ipotesi: da una maggior pericolosità del ceppo lombardo all’inquinamento, dai condotti di areazione dei grandi ospedali alla mancata armonizzazione dei test, ma nulla di chiaro sul numero dei tamponi eseguiti. Floris ci riprova con il prof. Walter Ricciardi, uno che ha un curriculum lungo un chilometro all’interno delle istituzioni e delle agenzie sanitarie nazionali e internazionali. Ricciardi ci spiega che i motivi della maggior letalità in Lombardia e in Italia possono essere molti, ma quello certo è la differenza di età tra la popolazione italiana e quella cinese. La cosa è innegabile ma il tema dei tamponi non è affrontato. Poi Ricciardi parla addirittura di similitudini tra il clima di Wuhan, di Teheran (leggi Iran) e della pianura padana. Ma che c’entra con la letalità in Lombardia? Quella semmai sarebbe una spiegazione della maggior diffusione del virus non della sua letalità. Floris ci riprova anche con la dott.ssa Gismondo del Sacco di Milano (quella che diceva che CoViD-19 era poco più grave di un’influenza per intenderci). Anche lei parla di una pluralità di fattori a cominciare dall’età media dei lombardi, poi usa la metafora dell’iceberg per accennare (in modo poco chiaro per il pubblico) al fatto che quello che vediamo potrebbe essere meno di quello che c’è realmente. Infine la Gismondo parla della grande mobilità dei lombardi (i veneti, si sa, sono pigri), anche in questo caso una spiegazione che al massimo potrebbe dare conto della maggior diffusione del virus non della sua maggior letalità. Il tempo di seguire il secondo intervento di Ricciardi che, all’ennesimo tentativo di un disperato Floris, ribadisce che l’Italia ha fatto più tamponi di tutti gli altri stati europei messi assieme e decido di spegnere la TV.
Allora, cominciamo con il dire delle ovvietà che evidentemente fanno fatica a emergere nell’informazione italiana.
1. Un’epidemia estesa di CoVid-19 in uno stato democratico europeo non si può nascondere, questo per il semplice fatto che non si potrebbe nascondere un’impennata anomala di ricoveri e di accessi alla terapia intensiva. Potete guardare le drammatiche foto degli ospedali di Madrid con la gente lasciata per terra ad aspettare per convincervi. Gli altri stati non ci hanno nascosto proprio nulla per fregarci i turisti (capito Giletti?). Semplicemente per pura casualità (o per altre ragioni che verranno approfondite) grandi focolai di CoViD-19 si sono verificati prima in Italia che nel resto d’Europa.
2. Essendo stati in Italia i primi grandi focolai, abbiamo cominciato per primi a fare molti tamponi. Questo ha creato quella sproporzione iniziale tra il numero dei test italiani e quello degli altri stati.
3. I test sono stati fatti in un primo momento con una metodologia più estesa, cioè a tutti quelli che erano venuti in contatto con i primi casi, poi, man mano che il sistema è collassato, in modo sempre più ristretto. Attualmente nella maggior parte della Lombardia il tampone si fa solo ai ricoverati con grave sintomatologia. Qualsiasi medico di base vi potrà confermare di essere in contatto con molti pazienti quasi sicuramente affetti dal virus a cui non si può dire altro di stare in casa nella speranza di non peggiorare. Le immagini delle ambulanze con il personale sanitario tutto bardato che va nel domicilio dei sintomatici a fare i test sono favole, casi isolati non rappresentativi della routine delle zone più in crisi.
4. Se si fanno i tamponi solo ai sintomatici molto gravi che arrivano in ospedale (se e quando arrivano) è chiaro che tra questi la mortalità sarà molto alta. Sarebbe come ricavare la sopravvivenza a un anno delle operazioni chirurgiche in generale basandosi solo sui trapianti di cuore.
E adesso un po’ di numeri facili facili a partire dai dati comunicati dalla Protezione civile il 23 marzo. La letalità in Lombardia (che insieme a quella dell’Emilia Romagna altera tutto il quadro nazionale) è un irrealistico 13,1%, superiore persino a quella della temibile SARS. In Veneto, dove la strategia dei test è stata diversa, è del 3,5%. I veneti sono molto più giovani dei lombardi? Si muovono molto di meno? Hanno un clima così diverso? Hanno terapie rivoluzionarie sconosciute in Lombardia? In Lombardia per “trovare” un contagiato si fanno solo 2,5 tamponi (73.242 tamponi per 28.761 casi), in Veneto 11,2 (61.515 tamponi per 5.505 casi). Passiamo ai confronti internazionali, ho preso i numeri per gli altri stati da questo link che dopo alcuni controlli incrociati mi è parso affidabile, anche se il dato della Spagna mi lascia molto dubbioso. L’Italia ha fatto 275.468 test ottenendo 63.927 casi postivi per un rapporto di 4,3. La Gran Bretagna ha fatto 83.945 test e riporta 6.650 casi positivi con un rapporto di 12,6. La Danimarca ha fatto 15.387 test con 1.582 casi positivi con un rapporto di 9,7. Andando avanti con lo stesso criterio e tenendo conto che per alcuni stati il dato è vecchio di qualche giorno, abbiamo il Belgio con un rapporto di 12,3; la Francia di 6; la Norvegia di 25,8; la Polonia di 31; il Portogallo di 6,6; la Svizzera di 7,1 e così via. La Corea del Sud, che va menzionata perché a questo stato molti si riferiscono come a un vero e proprio modello, ha eseguito 348.582 test ed ha 9.037 casi positivi con un rapporto di ben 38,6. Se qualcuno pensasse che essendo molti paesi più indietro di noi nello sviluppo dell’epidemia con il tempo potrebbero variare le strategie dei test (per impossibilità pratica di eseguirli), potrebbe avere qualche ragione, staremo a vedere, ma in ogni caso l’epidemia è ormai abbastanza avanti anche in Europa.
Ieri Marco Cattaneo, direttore di Le Scienze, ha pubblicato un link a uno studio preliminare del Centre for the Mathematical Modelling of Infectious Diseases alla London School of Hygiene & Tropical Medicine. Secondo questo studio in Corea del Sud tramite i test avrebbero individuato l’88% dei casi positivi reali, in Germania il 75%, in Danimarca il 56% e in Italia solo il 5%. Questo dato significherebbe che i contagiati italiani reali sarebbero 20 volte tanto quelli ufficiali, cioè circa 1.200.000. Ecco il segreto di Pulcinella: l’Italia ha un numero di contagiati enormemente sottostimato. Questi casi sono concentrati in Lombardia e in Emilia Romagna, dove i test sono pochi e la letalità molto alta. Ora che sempre più persone con competenze indiscutibili (es. il prof. Giovanni Galli dell’ospedale Sacco di Milano) cominciano a dire apertamente una realtà che appariva palese da molti giorni, possiamo affermarla senza remore. La cosa mi era parsa di una chiarezza cristallina man mano che i numeri lombardi dimostravano una letalità crescente e un rapporto test/contagiati che si riduceva di giorno in giorno. Proprio il giorno della puntata di Dimartedì di cui abbiamo parlato, si registrava un aumento di contagi in Lombardia di 1.571 casi a fronte di soli 2.884 nuovi tamponi. Si può solo immaginare quale potrebbe essere il rapporto nelle zone più colpite: qualcosa di molto vicino a 1.
Sia chiaro, il fatto che molti ospedali siano collassati per un’ondata di ricoveri inaspettata può avere contribuito ad alzare la letalità. È abbastanza ovvio che non tutti abbiamo potuto ricevere tempestivamente le cure necessarie (non per cattiva volontà dei medici). Altrettanto chiaro è che qualcosa non abbia funzionato in molti ospedali a livello di protocolli e procedure. L’altissimo numero di medici e infermieri positivi al virus ci segnala che il virus è circolato in modo intollerabile negli ambienti ospedalieri, contagiando molte persone già malate. Anche l’età media ha un suo ruolo nei confronti con la Cina o altri stati con una struttura demografica diversa dalla nostra. Infine molte altre ipotesi andranno verificate per spiegare l’alta letalità della Lombardia, ma non rilevare senza tabù la prima è più lampante mi pare assurdo. Probabilmente non si voleva pubblicizzare troppo il fatto che contiamo molte centinaia di migliaia di contagiati.