Coronavirus: dove stanno lavorando gli italiani

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-04-01

La percentuale degli occupati che sono ancora “attivi”, è del 100% in alcuni comparti del terziario pubblico e privato (trasporti e magazzinaggio, informazione e comunicazione, finanza e assicurazioni); scende al 94% per l’agricoltura e al 77% per alcuni servizi professionali; è pari al 55% nel commercio, al 39% circa nell’industria (manifatturiera e delle costruzioni), al 27% negli altri servizi collettivi e personali e infine al 21% negli alberghi e ristoranti

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Una tabella dell’Istat pubblicata oggi dal Messaggero stima gli occupati nei settori di attività economica “sospesi” dai due Dpcm per l’emergenza Coronavirus: quello dell’11 marzo sul cosiddetto “lockdown”, che colpiva particolarmente le attività terziarie, e quello del 22 marzo, che ha disposto il fermo anche di attività manifatturiere.

La percentuale degli occupati che sono ancora “attivi”, è del 100% in alcuni comparti del terziario pubblico e privato (trasporti e magazzinaggio, informazione e comunicazione, finanza e assicurazioni); scende al 94% per l’agricoltura e al 77% per alcuni servizi professionali; è pari al 55% nel commercio, al 39% circa nell’industria (manifatturiera e delle costruzioni), al 27% negli altri servizi collettivi e personali e infine al 21% negli alberghi e ristoranti. I provvedimenti riguardano circa 8 milioni di occupati, quasi un terzo del totale; la maggior parte nell’industria (2,9), nel commercio (1,5), negli alberghi e ristoranti (1,2), nell’edilizia(0,8).

Il loro peso sul totale è del 36% al Nord, del 31% al Centro e nel Sud continentale e un po’ inferiore nelle Isole (25%). Ma a queste percentuali non può essere automaticamente associata una diversa resilienza delle regioni. Essa dipende anche dalla struttura dell’occupazione per tipo di rapporto di lavoro e settore di attività. Sul primo aspetto, va considerato che solo il 58% dei sospesi sono dipendenti a tempo indeterminato: il restante 42% è a termine o autonomo.

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Coronavirus: dove stanno lavorando gli italiani (Il Messaggero, primo aprile 2020)

Nel Mezzogiorno gli occupati che non sono dipendenti a tempo indeterminato – e quindi più “deboli” – sono di più: rappresentano 51% di quelli sospesi; sono il 46% nelle regioni del Centro. Questa incidenza è particolarmente alta in Sardegna e in Calabria, dove supera il 60%, così come in Sicilia e Liguria. Vi è il fondato timore che la sospensione delle attività possa produrre un impatto molto forte sull’occupazione nelle aree in cui il lavoro è più “debole”, ad esempio sui dipendenti a termine. Nel Centro-Sud, ed in particolare nel Sud va poi considerato anche l’impatto della chiusura sul reddito di chi svolge attività irregolari (non illegali, ma sommerse) e saltuarie: lì l’estensione del lavoro irregolare è, come noto, particolarmente ampia.

Ciò significa che la crisi potrebbe essere particolarmente forte in regioni come Trentino-Alto Adige, Lazio e Sardegna, che pure hanno una più bassa percentuale di occupati nei settori al momento “sospesi”. Una primissima, puramente indicativa, stima del Cerved indica proprio queste tre regioni, insieme a Valle d’Aosta, Piemonte, Abruzzo e Basilicata, come quelle in cui le imprese potrebbero registrare nel 2020 i maggiori cali di fatturato.

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