Attualità
La confessione dei due americani per l’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega
Alessandro D'Amato 27/07/2019
Sono stati “fregati” da uno spacciatore che ha venduto loro aspirina al posto di cocaina. Hanno rapinato quello che glielo aveva indicato, che ha chiamato i carabinieri. Poi l’omicidio
È stato un turista americano ad uccidere Mario Rega Cerciello, vicebrigadiere in servizio giovedì notte a Roma, con otto coltellate. Con lui c’era un amico sempre di nazionalità americana. E la storia diventa molto più intricata di come era stata raccontata all’inizio.
La confessione dei due americani per l’omicidio di Mario Cerciello Rega
La versione che era circolata subito dopo la morte del carabiniere parlava di un furto subito a piazza Mastai da un uomo che poi era stato ricattato con lo schema del Cavallo di Ritorno: derubato della borsa, era stato contattato dai ladri per la restituzione del maltolto dietro pagamento di un riscatto da 100 euro. All’appuntamento, contattati dalla vittima del furto, erano andati i carabinieri e lì Cerciello Rega, dopo averne catturato uno, era stato accoltellato a morte. Ma la storia era in parte falsa. Ovvero, mancava l’antefatto. I due americani, in vacanza a Roma da una settimana e in procinto di ripartire il giorno dopo, volevano “festeggiare” l’ultima serata a Roma comprando cocaina. Hanno incontrato un uomo che li ha indirizzati verso uno spacciatore il quale, però, gli ha venduto aspirina tritata spacciandola per cocaina. A quel punto i due per vendicarsi hanno ritrovato l’uomo con lo zaino e gli hanno rubato il suo borsello, che conteneva soldi e un telefono cellulare.
Il tizio, ovvero l’uomo con la bicicletta che si vede nel video di piazza Mastai circolato ieri, telefona al suo numero e si accorda con gli americani per la restituzione del borsello in Prati, vicino all’albergo Le Meridien Visconti dove i due americani alloggiavano, poi avverte i carabinieri che si presentano al posto suo nel luogo per lo scambio, ovvero via Pietro Cossa. Insieme ai due, in borghese e non in divisa, dovrebbero esserci due pattuglie di supporto che però, a quanto pare, non arrivano in orario all’appuntamento. Cerciello Rega e il collega Andrea Varriale notano i due americani che si aggirano, gli chiedono i documenti, i due si ribellano e il vicebrigadiere ne blocca uno che a quel punto lo colpisce con il coltello e scappa. Lo stesso Varriale dirà a caldo che si tratta di nordafricani fornendo anche il particolare dei capelli con mèches di uno dei due. Le origini algerine o libanesi dell’uomo e il colore olivastro della pelle sostengono questo identikit mentre il complice si rivela essere biondo e chiaro di carnagione.
Il furto del borsello, la banda dei pusher e la chiamata al 112
La ricostruzione, nota Rinaldo Frignani del Corriere della Sera, continua a presentare punti oscuri. Che si concentrano soprattutto sulla figura dell’uomo con lo zaino:
Possibile che un pusher si rivolga alle forze dell’ordine? Questo alimenta anche la confusione sul coinvolgimento nella vicenda di una banda di spacciatori magrebini in uno scenario invertito. Si diffonde la voce che il borsello derubato contenga droga e soldi oltre al cellulare sul quale i due autori del furto sarebbero stati rintracciati e minacciati dagli stessi pusher così da convincersi ad accettare l’incontro per la restituzione. Sarebbero stati cioè loro a chiamare i carabinieri temendo la vendetta degli spacciatori.
Gli investigatori li hanno trovati nella loro stanza, al primo piano dell’hotel Le Meridien. Varriale, poi, non ha esitato un attimo. Appena li ha visti li ha riconosciuti. Quando i pm sono arrivati in caserma, i carabinieri del nucleo investigativo erano ormai certi che si trattasse di loro. Dopo nemmeno un’ora di interrogatorio, il biondo ha confessato. I due non sono poveri: l’albergo dove alloggiavano in questi giorni è sold out e che costa almeno 200 euro a notte, nella notte del 24 e del 25, addirittura 250 euro. Rory Cappelli su Repubblica racconta la perquisizione nella stanza:
D’un tratto un agente della Scientifica esce con un grande sacco trasparente: dentro, in mezzo ad altri oggetti personali, è ben visibile un borsello nero. Forse è il borsello che era stato rubato allo spacciatore che poi ha chiamato i carabinieri. O forse è di uno dei due ragazzi. Sul comodino della stanza ci sono una bottiglia di birra e una boccetta di pillole, in terra sacchetti di carta di negozi di lusso.
L’albergo, un quattro stelle pieno di stranieri e di business persons, non è quello dove ti aspetti che alloggino due giovanissimi che di notte si mettono alla ricerca di droga e poi si trovano coinvolti in un omicidio. È situato proprio a una cinquantina di metri dal punto in cui è stato ammazzato il vice brigadiere Mario Rega Cerciello, in via Pietro Cossa.
E l’assassino reo confesso appartiene a una facoltosa famiglia americana.
Leggi anche: “Parlateci del carabiniere ucciso”: i patridioti oggi hanno un nuovo mantra