Il complottone di Franceschini contro Renzi e il risultato del referendum

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-07-12

«Per Renzi c’è una sola cosa peggiore del perdere il referendum. Ed è vincerlo di misura, spaccando il Paese a metà. Perché vorrebbe dire aver cambiato il sistema politico a tutto vantaggio del vincitore delle elezioni successive, che a quel punto non sarebbe lui…», dicono i franceschiniani. Ma…

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Come procede sui giornali l’inventatissimo complottone di Dario Franceschini e dei suoi fedelissimi contro Renzi? Bene, grazie. «Per Renzi c’è una sola cosa peggiore del perdere il referendum. Ed è vincerlo di misura, spaccando il Paese a metà. Perché vorrebbe dire aver cambiato il sistema politico a tutto vantaggio del vincitore delle elezioni successive, che a quel punto non sarebbe lui…», scrive oggi il Corriere della Sera riportando il pensiero in rigoroso anonimato del franceschiniano di passaggio.

Il complottone di Franceschini contro Renzi e il risultato del referendum

Uno dei più apprezzati topoi della narrativa politico-giornalistica italiana – il complotto delle correnti – torna così a rivivere: secondo i franceschiniani vincere di misura il referendum non darebbe a Renzi la necessaria legittimità per continuare a governare. Il che è quantomeno discutibile, se non altro perché parte da un presupposto falso:

Gli spifferi che diventano sussurri. E i sussurri che diventano grida visto che la teoria del «51 a 49» — e cioè Renzi che vince il referendum di un’incollatura ma perde la certezza di vincere le elezioni successive — viene attribuita a Dario Franceschini e ai suoi fedelissimi. Il presidente del Consiglio è a conoscenza dei «tanti movimenti» che vengono ricondotti al titolare dei Beni culturali. Al punto che negli ultimi consigli dei ministri, e a più riprese, s’è abbandonato a una serie di battute rivolte indirettamente («In questo periodo presto particolare attenzione a chi lavora contro di me») o direttamente («Quale che sia il prossimo governo, sono certo che Dario sarà ministro») a Franceschini, che in entrambi i casi l’ha liquidato con una risatina.

Quale miglior test per un ballottaggio all’ultimo sangue potrebbe esserci rispetto a un referendum in cui si vota sì o no sulle riforme (e indirettamente sul governo)? Semmai è vero il contrario: ovvero che una vittoria di Renzi nel referendum aumenterebbe le sue chances di vincere le elezioni politiche. Semmai, il problema, per Renzi, è che il no è in crescita secondo i sondaggi.

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Referendum riforme : la serie storica delle intenzioni di voto nel sondaggio Demos (La Repubblica, 11 luglio 2016)

Il nodo dell’Italicum

Più cogente nella questione sembra piuttosto il nodo della legge elettorale. Del quale parla oggi Goffredo De Marchis su Repubblica: molti vogliono modifiche all’Italicum ma, come da copione, ciascuno vuole una modifica diversa e in questi casi di solito succede che alla fine non se ne fa nulla:

Maurizio Lupi e Fabrizio Cicchitto, gli ambasciatori dell’Ncd, hanno chiesto il semplice ritocco sul premio di maggioranza: di coalizione anziché di partito. Ma sono subito saltati sulla sedia quando il Pd ha risposto che la conseguenza sarebbe l’innalzamento della soglia. Guerini, Rosato e Zanda hanno parlato con i fedelissimi di Berlusconi. «Forza Italia preferisce il voto alla lista ma non vuole fare regali alla Lega. Perciò se il treno parte loro sono a bordo», dicono gli emissari di Renzi. Già così ci si avvicina al numero sufficiente per approvare in Parlamento la modifica. Il Pd può anche contare su una dialettica interna a Sinistra italiana: ferocemente all’opposizione del governo Renzi, potenzialmente attratta però dall’idea di ricreare il centrosinistra. Le altre soluzioni sono già praticamente bocciate.
Il doppio turno di collegio, tradizionale scelta della sinistra e riproposto in questi giorni dal ministro Maurizio Martina, non piace a Renzi: «Non garantisce la governabilità e favorisce il voto contro, lo stesso difetto che viene attribuito all’Italicum». Guerini ha parlato con Pier Luigi Bersani e Roberto Speranza. L’ex segretario tifa per il ritorno del Mattarellum. Ma dice di no il centrodestra. Pino Pisicchio, presidente del Gruppo Misto alla Camera, propone un “lodo tecnico” secondo il quale se al ballottaggio non si supera il 50 per cento dei votanti, i seggi vanno ripartiti con il proporzionale. Proposta respinta dai dem perché in pratica significa eliminazione del doppio turno. Sono stati sondati anche i giovani turchi, difensori della legge elettorale votata un anno fa. Ma Andrea Orlando rispetto a Matteo Orfini lascia aperti degli spiragli. Il punto è: quale scadenza ha questa ricognizione? Il mese di luglio, è la risposta. E quando Renzi indicherà la strada da seguire? «Dopo il referendum», afferma il capogruppo Rosato.

Intanto sullo spacchettamento del referendum costituzionale le firme sono appena 30 (ne servono circa duecento tra Camera e Senato). Un’altra ideona che rischia di finire in soffitta anche prima del 15 luglio.

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