Come funziona il nuovo Meccanismo Europeo di Stabilità

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-11-21

Il “nuovo Mes”, nelle modifiche stabilite dall’Eurogruppo del 14 giugno 2019 che dovranno essere recepite dai singoli Stati e ratificate al Consiglio europeo in dicembre

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Mentre ieri la Banca d’Italia ha smentito che Ignazio Visco consideri il Meccanismo Europeo di Stabilità un “enorme rischio” – il governatore “ha invece messo in guardia sui rischi inerenti all’assunzione di eventuali ulteriori iniziative future relative all’operatività del Mes in assenza di una riforma complessiva della governance economica dell’area dell’euro” – Isabella Bufacchi sul Sole 24 Ore oggi spiega che nella riforma non è prevista alcuna ristrutturazione dei debiti pubblici:

Le modifiche al Trattato Mes attribuiscono al fondo un ruolo potenziato sia nella gestione delle crisi degli Stati sia nella risoluzione delle banche. Nel far questo, la riforma mette bene in chiaro (con una formula molto più esplicita rispetto al vecchio Trattato) che il Mes fornisce assistenza ed aiuto «solo» agli Stati con debito pubblico sostenibile e in grado di rimborsare i prestiti del fondo salva-Stati. Molto semplicemente: il Mes eroga prestiti, a condizioni agevolate e con piani di rimborso a lunghissima scadenza (nel 2018 hanno fatto risparmiare 17,3 miliardi di interessi sul debito ai cinque Stati aiutati): prestiti che ovviamente vanno rimborsati.

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Il meccanismo salva-Stati (Il Sole 24 Ore, 21 novembre 2019)

Questi gli unici pre-requisiti: non c’è menzione nella riforma Mes alla ristrutturazione del debito come precondizione agli aiuti, anzi, il termine “ristrutturare” è evitato come la peste, proprio per non causare turbolenze sui mercati. Resta invece intatto, come nel vecchio Trattato anche nel nuovo, l’articolo 12, secondo il quale «in linea con la prassi dell’Fmi, in casi eccezionali si prende in considerazione una forma adeguata e proporzionata di partecipazione del settore privato nei casi in cui il sostegno alla stabilità sia fornito in base a condizioni sotto forma di un programma di aggiustamento macroeconomico»: nel nuovo Trattato è l’articolo 12(b).

Questo riferimento alla ristrutturazione del debito è rimasto ma il mercato sembra averlo ben digerito dal 2011, come un’opzione nella teoria non nella pratica. Se post-riforma questa chiave di lettura soft dovesse cambiare, anche alimentata dagli Stati stessi, allora la turbolenza tornerebbe.

Il nuovo MES dovrà fornire il paracadute di ultima istanza da 60 miliardi di linea di credito al Fondo di Risoluzione Unico (che avrà di suo circa 60 miliardi) per gestire le crisi bancarie, senza poter più ricapitalizzare direttamente le banche; avrà un ruolo nella gestione delle crisi degli stati membri dell’euro.

Solo nel caso in cui uno Stato dovesse decidere di ristrutturare il debito, lo Stato potrebbe chiedere al Mes post-riforma di agire da mediatore per facilitare il dialogo tra il debitore sovrano e i creditori privati: in via temporanea, confidenziale, non vincolante.

Leggi anche: MES: il Meccanismo europeo di Stabilità, il fondo Salva-Stati e l’«enorme rischio» dell’approvazione

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