Coronavirus: l’ipotesi di chiusura totale fino al 18 aprile

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-03-28

Questa è l’ipotesi a cui lavora il governo Conte in vista del 3 aprile, quando scadrà il decreto firmato il 22 marzo scorso dal premier Conte per fermare il contagio con l’obbligo per tutti di rimanere a casa

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Un prolungamento di due settimane oltre la data del 3 aprile per l’emergenza Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19, per arrivare almeno fino al 18 aprile. Con la possibilità di concedere alcune deroghe per le attività produttive. Questa, scrive oggi il Corriere della Sera, è l’ipotesi a cui lavora il governo Conte in vista del 3 aprile, quando scadrà il decreto firmato il 22 marzo scorso dal premier Conte per fermare il contagio con l’obbligo per tutti di rimanere a casa.

Coronavirus: l’ipotesi di chiusura totale fino al 18 aprile

Il quotidiano spiega che ai piani alti dell’esecutivo ormai c’è consapevolezza del fatto che per tornare a una vita normale saranno necessari ancora mesi. La data su cui tutti puntano è quella di maggio, quando si dovranno per forza sommare i benefici del lockdown al tempo trascorso negli ospedali che guarirà i malati. La linea è condivisa da Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, e Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di Sanità: «L’epidemia ha rallentato il suo cammino, ma non è opportuno interrompere le misure di contenimento».

Dal punto di vista matematico sarà possibile ritenere di averla avuta vinta contro il coronavirus soltanto quando il valore dell’R0 (l’erre-zero,l’indice di contagiosità) sarà inferiore a 1. Vuol dire che bisognerà arrivare al momento in cui per ogni individuo infetto ci sarà meno di un nuovo contagiato. E già questo basta a comprendere quanto la strada possa essere ancora lunga. Ecco perché è necessario continuare a rispettare le regole e perché è fondamentale mantenere la distanza di almeno un metro quando si esce per andare al lavoro, a fare la spesa, o comunque quando si entra in contatto con le altre persone.

coronavirus numeri 28 marzo
Coronavirus: i numeri del 27 marzo 2020 (Corriere della Sera, 28 marzo 2020)

La prima tappa sarà dunque il 3 aprile, quando sarà firmato un nuovo Dpcm che — a meno di un andamento dei contagi ulteriormente negativo — confermerà le misure attualmente in vigore fino al 18 aprile.

Solo nelle successive due settimane si potrà fare un’ulteriore verifica sulle misure per limitare il contagio. La possibilità che i divieti vengano revocati con un unico decreto è stata esclusa. Sarà comunque una ripresa graduale e molto lenta perché, come sottolinea lo stesso Brusaferro «dovremo immaginare alcuni mesi in cui adottare misure per evitare una ripresa della curva epidemica». Ecco perché la ministra dell’Istruzione ha escluso un ritorno sui banchi per il 3 aprile lasciando intendere che a scuola si potrebbe anche non tornare se non per gli esami di terza media e per la maturità. E perché si pensa di continuare a vietare l’ingresso in Italia dall’estero.

Intanto dal 20marzo scorso la curva più seguita dagli italiani —quella epidemica —«sembra attenuarsi nell’ascesa» in molte Regioni, compresa la Lombardia, mentre Lazio e Campania «hanno opportunità di contenere la crescita», ha confermato Brusaferro. Ma il valore dell’R0 ora è molto superiore a 1.

Ma in Emilia e al Sud il virus frena la corsa

E in Emilia-Romagna e al Sud intanto il Coronavirus sembra frenare la sua corsa. Scrive oggi Repubblica che  negli ultimi tre giorni c’è stata una media di 771 morti al giorno (683 il 25 marzo, 662 il 26 marzo, 969 ieri). Cosa significa per l’andamento dell’epidemia?

«Dobbiamo sempre ricordare — risponde Lopalco — che chi è morto ieri si è infettato 15 o 20 giorni fa». Dunque il record di decessi cui assistiamo adesso fotografa la situazione del contagio in Italia tra il 7 e il 12 marzo. Il contagio reale, che sfugge al controllo, e non quello ufficiale che, come abbiamo imparato, dipende dal numero di tamponi eseguiti e dalla loro distribuzione geografica. Tanto che da giorni gli esperti indipendenti, ma anche le autorità sanitarie, suggeriscono che i positivi al virus in Italia superino di gran lunga gli 86.498 sanciti dai test. Un numero, dunque, che non ci aiuta a capire come vanno davvero le cose.

coronavirus contagi regione per regione 28 marzo
Coronavirus: i contagi regione per regione (La Repubblica, 28 marzo 2020)

A parte la Lombardia, i numeri delle altre regioni sono meno tragici. Due ricercatori dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, Andrea Biagioni e Pier Stanislao Paolucci, usando i numeri relativi ai casi gravi e ai decessi (più oggettivi dei contagiati) hanno stabilito qual è il ritardo dell’epidemia nelle diverse Regioni italiane rispetto al “caso Lombardia”. Si scopre così che l’Emilia è indietro di 12 giorni, il Piemonte di 17, il Veneto di 20, le Marche di 23, il Lazio di 28, la Puglia e la Sicilia di 32. Una distanza che sta crescendo: uno studio analogo realizzato il 12 marzo dava l’Emilia in ritardo di 7 giorni, il Veneto di 14, il Piemonte di 15, le Marche di 16. Spiega ancora Luca Fraioli:

«Il fatto che tutte le regioni si stiano allontanando dalla Lombardia significa che il distanziamento sociale sta funzionando», dice Enrico Bucci, professore di Biologia dei sistemi alla Temple University di Philadelphia. Non sarà invece la Lombardia che continua ad accelerare, lasciando indietro gli altri? «No», risponde Bucci. «Se così fosse, vedremmo lo stesso ritardo per tutte le regioni, mentre aumenta anche la distanza tra l’una e l’altra». Ne è convinto Lopalco: «Senza il distanziamento sociale in Puglia prevedevamo di avere 2.000 positivi il 25 marzo. Quel giorno ne abbiamo registrati poco più di mille. Le misure stanno funzionando».

E le persone rientrate dal Nord? Non c’è stato l’effetto temuto? «Certamente hanno portato il contagio, senza quegli episodi avremmo controllato l’epidemia anche meglio». Che la quarantena stia funzionando lo dicono però anche i dati di una regione del nord. «Se si guarda alla distribuzione dei casi in Emilia Romagna — nota Bucci — si vede che dipende dalla vicinanza a Lodi e non dalla densità di popolazione. Ci si aspetterebbe una maggior diffusione del virus nelle aree più abitate e invece la troviamo concentrata ai confini con il lodigiano. Vuol dire che 18 giorni di lockdown stanno avendo l’effetto sperato».

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