Renzi, Salvini e Meloni: quelli che volevano chiudere la Borsa per il coronavirus (e non hanno capito niente)

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2020-03-09

Per paura degli speculatori finanziari un inedito trio di speculatori politici chiede a gran voce la chiusura di Piazza Affari e il divieto di vendite allo scoperto. Ma non serve a nulla se non a dare una pessima immagine dell’Italia agli investitori (e indovinate che succede quando riapre la Borsa?)

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Oggi, come era ampiamente prevedibile visti gli avvenimenti e le decisioni prese durante lo scorso fine settimana, ha mandato al tappeto le borse. Listini in rosso nelle principali piazze europee: Francoforte perde  il 6,47%, Londra il 6,34% e Parigi il 6,62%. Piazza Affari a Milano arriva a perdere addirittura l’11,5% all’apertura  Wall Street che aveva aperto con un -7% che aveva subito provocato la sospensione delle contrattazioni per quindici minuti (come da regolamento).

Renzi, Meloni e Salvini (e il complotto di Soros)

Il dato di Milano è solo leggermente migliore di quello segnato nel 2016 dopo il referendum sulla Brexit (all’epoca Piazza Affari fece -12,46%). Ma curiosamente all’epoca i sovranisti e i sovranari nostrani festeggiavano perché il Regno Unito aveva democraticamente dimostrato che era possibile uscire dall’Unione Europea. Oggi invece sono in molti a lamentarsi che il Governo non ha fatto quello che doveva per impedire il crollo della Borsa.

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Pur sapendo che quello che stava succedendo era qualcosa di assolutamente previsto Giorgia Meloni non ha esitato a sciacallare sulle perdite  di Piazza Affari ricordando che Fratelli d’Italia aveva chiesto all’esecutivo «di valutare chiusura temporanea Borsa o vietare vendite allo scoperto» spiegando che se fosse stato fatto «oggi Piazza Affari non avrebbe bruciato in poche ore tutti i guadagni dell’anno». Ma non è la sola a dire ve l’avevo detto, io.coronavirus renzi borsa vendite scoperto - 1

Anche il leader di Italia Viva Matteo Renzi ha ricordato questa mattina che in un video pubblicato ieri aveva chiesto di «tener chiusa la borsa» oggi per poter affrontare meglio l’emergenza coronavirus. La stessa richiesta fatta dal leader della Lega Matteo Salvini aveva chiesto ieri di «vietare le operazioni di vendita “allo scoperto”» senza rinunciare a sollevare lo spettro del complottone di stampo sorosiano e ricordando «ad esempio il caso di Soros nel 1992 che costruì la sua fortuna con una speculazione al ribasso contro l’Italia» (poi Soros era già ricco all’epoca, ma sono dettagli).

Se la CONSOB del sovranista Savona dice che chiudere la Borsa non serve

La domanda a questo punto è: avevano ragione loro? Avevano ragione Salvini, Renzi e la Meloni quando chiedevano di di tenere chiusa la borsa oggi o di vietare le vendite allo scoperto? La risposta è no. Andiamo con ordine. La chiusura della Borsa oggi sarebbe stata inutile perché prima o poi Piazza Affari avrebbe dovuto riaprire. E sappiamo che l’emergenza coronavirus, la “chiusura” (per finta) di Lombardia e di 14 province del Nord Italia durerà fino al 4 aprile. Cosa succederebbe in uno scenario in cui la Borsa rimanesse chiusa per qualche giorno per poi riaprire? Semplice: i titoli – o meglio, alcuni titoli – perderanno, altri no. Ma la situazione non cambierebbe. Come ha riferito anche un operatore finanziario intervistato dal sito Formiche.net, la chiusura della Borsa di Milano darebbe « un messaggio negativo sulla capacità della struttura» soprattutto se fossimo l’unico Paese a farlo. Inoltre la chiusura di Piazza Affari non avrebbe fermato la vendita dei Titoli di Stato (oggi lo spread è a 220 punti base). Senza dimenticare un piccolo dettaglio: non è tra i poteri del Governo quello di chiudere Piazza Affari.

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Ma avrebbe senso farlo, se si potesse? La CONSOB, l’authority di sorveglianza presieduta da Paolo Savona – uno che fino a qualche tempo fa stava al governo con Salvini ed è additato come profeta dell’Italexit – ha fatto sapere in una nota «non abbiamo evidenza che gli andamenti della Borsa italiana siano riflesso di attacchi speculativi, salvo che non si voglia attribuire a questo termine la reazione degli operatori alle incertezze sul futuro generate dagli effetti del coronavirus sull’economia». E ancora «questi effetti non sono correggibili con decisioni restrittive di Borsa, soprattutto se queste avvenissero in modo indipendente dai paesi membri dell’Unione Europea». L’autorità di controllo sulla Borsa esclude «la sospensione di tutte le contrattazioni di Borsa»  perché tale decisione «spegnerebbe l’indicatore di prezzo senza rimuovere le cause, generando problemi di mercato di non facile soluzione nell’immediato futuro».  Ma contro la chiusura di Piazza Affari si era espresso ieri anche l’amministratore delegato di Borsa Italiana Raffaele Jerusalmi che ha sottolineato: «C’è un panico ingiustificato: le misure adottate dal governo servono per evitare un sovraccarico dei nostri ospedali e un crollo del sistema sanitario. Questo è tutto» mentre operativamente Borsa Italiana ha un «business continuity plan».

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Arriviamo così al punto due delle proposte sovranare: la sospensione delle vendite allo scoperto (o short selling). Come spiegava un articolo del Sole 24 Ore di un paio di anni fa impedire lo short selling non serve a impedire la volatilità dei titoli di borsa (soprattutto quelli del settore bancario) o a proteggere le aziende. Anzi secondo uno studio pubblicato dall’European Systemic Risk Board (Esrb) «le istituzioni finanziarie sulle cui azioni sono stati applicati divieti alle vendite allo scoperto hanno sperimentato un incremento delle probabilità di default e della volatilità quando le si confronta con società di caratteristiche simili che non sono state però oggetto di provvedimenti del genere, e l’effetto è stato ancora più marcato per le istituzioni più vulnerabili». E non è finita qui, perché la CONSOB spiega che «l’adozione del divieto unilaterale di short selling è valutata, secondo il Regolamento europeo (Regolamento UE 236/2012), se la caduta dei corsi supera mediamente il 10% e in presenza degli altri presupposti». Quindi oggi non c’erano i presupposti. In buona sostanza: le misure proposte da Meloni, Salvini e Renzi non servono, sono controproducenti per le aziende quotate e per l’immagine del Paese e non le vogliono nemmeno la CONSOB o Piazza Affari. Cosa sono quindi? Sparate populiste.

Foto copertina credits Paolo Margari via Flickr.com

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