Coronavirus: perché Roma è sorvegliata speciale per rischio epidemia

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2020-03-09

Come tutte le grandi città anche la Capitale è a rischio in caso di diffusione dei contagi da Covid-19. Mentre si preparano le strutture sanitarie per reggere l’urto dell’epidemia si moltiplicano gli appelli ai cittadini a tenere atteggiamenti responsabili e ad evitare luoghi di assembramento dove è più probabile la diffusione del coronavirus

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«Regioni come il Lazio e Roma sono particolarmente a rischio. Nei prossimi giorni la Capitale sarà sicuramente interessata», così Walter Ricciardi – consigliere del Ministro della Salute  per l’emergenza coronavirus e membro del comitato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità  – durante la puntata di ieri di Domenica In. Roma sarà presto la prossima città dove arriverà il coronavirus? Non stiamo parlando di casi di “importazione” (come i due turisti cinesi ricoverati allo Spallanzani a fine gennaio) ma di casi di trasmissione locale, come sta avvenendo in Lombardia e nel Nord Italia.

Quando arriverà il coronavirus a Roma?

A ritenerlo probabile è anche Gianni Rezza, direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, che oggi a Radio Anch’io su Radio Uno ha detto che «a Roma il virus sta già incominciando a circolare, anche se le catene di trasmissione sono per ora piccole. Ne dobbiamo prendere atto perché altrimenti si fa il patatrac come a Lodi di nuovo. Solo che stavolta eravamo avvertiti». Secondo Carlo Signorelli, ordinario di Igiene e sanità pubblica all’università di Parma e all’Università Vita-Salute di Milano invece non è detto che Roma o l’intero Lazio siano le prossime “zone rosse”: «anche se non è di certo ancora chiara la piramide epidemica, tutte le grandi città sono delle sorvegliate speciali e si devono preparare, soprattutto perché avendo le strutture sanitarie più importanti, potenzialmente saranno messe sotto pressione, anche se i casi non si verificano in queste stesse città». Signorelli fa notare che in Lombardia l’epidemia ha preso piede nelle province limitrofe e non nella città di Milano: «oggi non possiamo prevedere, ma sappiamo che Milano pur essendo la provincia più popolosa è la quarta come numero contagi: le dinamiche di diffusione non sono chiare e logiche come possono sembrare».

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Attualmente positivi significa il totale delle persone attualmente positive sia ospedalizzate che in isolamento domiciliare.Fonte

L’importante è che le strutture sanitarie si facciano trovare pronte e riescano reggere all’urto dell’epidemia. Al momento, in base ai dati del Dipartimento della Protezione Civile, i ricoverati con sintomi riconducibili al coronavirus Covid-19 sono 47 . Il totale degli ospedealizzati è 55, compresi i gli 8 pazienti ricoverati in terapia intensiva. Ventisei persone sono state poste in isolamento domiciliare mentre 87 sono i casi positivi totali al test sui 1.929 tamponi eseguiti in tutta la Regione. Nella provincia di Roma il totale dei positivi  è 77 persone.

La movida romana ai tempi del coronavirus? Non si ferma

Per Rezza e Ricciardi quindi è solo questione di tempo, prima o poi l’epidemia arriverà anche al Centro e Sud Italia, è inevitabile. O meglio: è inevitabile se non si riesce a interrompere la progressione dell’epidemia spezzando le catene di trasmissione. Come? Restando a casa e limitando di frequentare luoghi ad alta concentrazione sociale. Si dovrà farlo capire soprattutto a quei giovani che nel servizio mandato in onda da Lucia Annunziata ieri pomeriggio continuavano ad affollare le piazze della movida romana incuranti dei rischi perché “tanto il virus colpisce solo gli anziani“. Un comportamento irresponsabile che, come ha sottolineato ieri Massimo Galli, Responsabile del reparto di Malattie Infettive dell’Ospedale Sacco di Milano, rischia di mettere a repentaglio la salute dei famigliari di quei ragazzi.

L’unica soluzione, per Galli, se i patiti dei festeggiamenti e degli aperitivi di massa non ci arrivano da soli è quella di chiudere i locali. Questo anche sei “i giovani” si lamenteranno perché lo Stato vuole “impedire loro di vivere” o altre baggianate- Ma si deve fare appello alla responsabilità collettiva, ad esempio di quei tre romani che in attesa dell’esito del risultati del tampone per Covid-19 sono scappati dall’ospedale.

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I casi di Covid-19 in Lazio

Secondo ill direttore sanitario dell’Istituto Spallanzani di Roma, Francesco Vai c’è invece ancora margine per essere ottimisti: «ci stiamo organizzando e stiamo lavorando per sostenere l’eventuale picco epidemico e siamo pronti. Ma i numeri oggi a Roma ci inducono ancora a un cauto ottimismo».

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Ma il problema  – spiega ancora Ricciardi in un’intervista al Corriere della Sera – è proprio la mancanza di percezione del rischio da parte degli italiani del Centro e del Sud che credono ancora che l’epidemia non li riguardi quasi che la Lombardia o l’Emilia-Romagna siano regioni distantissime. Abbiamo visto tutti i danni di questo sentimento di falsa sicurezza generato dalla distanza o dall’esistenza di confini. Non è il momento di pensare di essere al sicuro o di invitare a condurre una vita normale per non farsi “fermare” dal coronavirus. Siamo in una situazione di emergenza dalla quale usciremo non grazie agli aperitivi solidali ma alla forza della ragione e della scienza. È il momento di affidarsi a tecnici ed esperti e non alla propria voglia di vivere una vita come se il coronavirus non esistesse. Come ha detto il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, questo è il momento della responsabilità. Una responsabilità individuale che non esime nessuno – per quanto giovane o distante dalle “zone rosse” – ad adottare precauzioni per evitare la diffusione del coronavirus.

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