Perché sono le promesse tradite della campagna elettorale ad aver messo nei guai Chiara Appendino

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-10-19

La sindaca sostiene che i revisori abbiano dato l’ok alla mancata iscrizione del debito con REAM e che la società aveva accettato il posticipo della restituzione dei 5 milioni al 2018. Il PM: non è vero, aveva proposto una rateizzazione ma con la prima tranche nel 2017

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La difesa di Chiara Appendino nella vicenda ex-Westinghouse punta il dito sui revisori dei conti. Herri Fenoglio, Maria Maddalena De Finis e Nadia Rosso, sostiene la sindaca nella sua difesa, hanno dato l’ok al posticipo dell’iscrizione del debito nel 2018 e quindi è tutto in regola. Ma c’è molto da discutere riguardo quanto sostengono la sindaca e l’assessore al bilancio Sergio Rolando nelle dichiarazioni ai pubblici ministeri e alla stampa.

Perché la difesa di Chiara Appendino non regge

Tutto sta nella cronologia degli eventi qui riepilogata nelle tappe della vicenda. Chiara Appendino ha appena deciso che l’area ex-Westinghouse non andrà alla REAM perché è arrivata un’offerta migliore per trasformare la zona in un centro commerciale. La sindaca, decidendo di avallare la decisione di costruire un centro commerciale al posto dell’ex-Westinghouse aveva  giustificato la decisione spiegando che il Comune potrà così incassare 19,6 milioni di euro che potranno essere così messi a bilancio e utilizzati per sostenere il capitolo cultura e altre iniziative del Comune. Peccato che nella effettiva disponibilità del Comune ce ne fossero “solo” 14 e che i 5 milioni in più avrebbero dovuto essere resi a Ream (con gli interessi). E non è l’unico “voltafaccia” del M5S di governo: perché la Appendino in campagna elettorale si era impegnata a non utilizzare gli oneri urbanistici per finanziare la spesa corrente, ma quella è un’altra storia. Nel bilancio 2016 i 5 Stelle hanno iscritto i crediti per l’operazione Westinghouse ma non i debiti, ovvero quei famosi 5 milioni.

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Le tappe del caso ex Westinghouse, per cui è indagata la sindaca di Torino Chiara Appendino (Repubblica, 19 ottobre 2017)

Ma a parte la coerenza con le promesse elettorali, che non è una prerogativa del M5S come sappiamo riguardo Roma, guardiamo la cronologia degli eventi. In sede di redazione del bilancio il 27 aprile 2017 i revisori integrano il parere che hanno dato la settimana precedente e includono il debito REAM, che deve essere iscritto. Rolando e Appendino sostengono per iscritto che non ci sono i tempi per riconoscere quel debito, che sarà inserito nella prossima variazione di bilancio. I revisori nella notte del 28 aprile approvano la scelta di inserire il debito fuori bilancio ma negli emendamenti i revisori hanno inserito il debito nel 2017.

I revisori di bilancio inguaiano la sindaca?

Qui succede qualcosa di misterioso e inspiegabile. Il 3 maggio il Consiglio comunale si riunisce per votare il bilancio. Le votazioni vanno avanti per ore e in piena notte il presidente dei revisori, Fenoglio, viene portato in una stanza. Gli dicono che ci sono dei refusi e che deve correggere a penna: la data 2017 cambia in 2018 e la stessa cosa fanno gli altri due. Il giorno dopo però i revisori cambiano idea: scrivono alla sindaca, al presidente del Consiglio comunale e segretario generale: “Per mero errore di trascrizione è stato corretto manualmente ma l’anno di riferimento da intendersi è 2017”. Quando verranno a sapere dell’esposto di Morano e Lo Russo, anche i revisori scriveranno alla Procura.

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L’area Westinghouse (Repubblica Torino, 10 giugno 2017)

La difesa dei revisori contabili è curiosa: sostengono di essere stati messi sotto pressione e di essersi comunque corretti a 24 ore di distanza. La procura deve averli giudicati credibili visto che non li ha iscritti nel registro degli indagati. Ma qui il punto è un altro. Se i revisori invece fossero in malafede, cosa cambierebbe nella posizione della sindaca?

La fuga della sindaca Appendino

La risposta è semplice: niente. Sostenere che c’era l’ok dei revisori dei conti alla posticipazione di un debito non salva la posizione della sindaca e dell’assessore al bilancio ma semmai aggrava quella dei revisori (stiamo parlando in via teorica, visto che la procura non li ha indagati e loro si sono smentiti il giorno successivo). La loro versione, raccolta da Repubblica Torino, è questa:

È l’1 di notte quando il presidente racconta di essere stato portato in una stanza, forse quella di Fabio Versaci. E il suo parere gli viene messo sotto gli occhi «solo per correggere un paio di refusi». «Ero stanchissimo e non mi sono accorto di cosa facevo — ha raccontato Fenoglio — uno era davvero un errore da correggere ma l’altro no, quella era la data su cui ci eravamo tanto battuti. Ho cancellato 2017 e ho sostituito con 2018». E il debito è di nuovo scomparso. Inutile scrivere il giorno dopo alla sindaca e poi ai consiglieri di aver commesso un errore. Le email sono tutte respinte al mittente. Il bilancio così è passato e non si cambia. Resta solo un esposto in procura, anche per salvarsi.

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L’area della ex-Westinghouse (via Google maps)

Nella memoria difensiva consegnata martedì dalla sindaca alla Procura si sostiene: “L’indicazione ‘2018’, frutto di correzione manuale da parte dei revisori, è coerente”con le comunicazioni con la Ream nelle quali, ancora nell’aprile 2017, il presidente della società Giovanni Quaglia, presidente della Fondazione Crt che controlla la Ream, offre la sua disponibilità al pagamento della somma nel 2018, accordo che viene perfezionato una settimana dopo quando propone due alternative per rateizzare in tre anni la somma a partire dal prossimo anno. Perciò, secondo la difesa, il debito non era affatto da saldare nel 2017. L’assessore Rolando spiega che viene usato il principio di “competenza finanziaria potenziata”: “Una entrata e una uscita si iscrivonoquando il debito o il credito diventano esigibili. Tutto quello che abbiamo fatto nel bilancio segue questa regola e lo abbiamo sempre detto e scritto in tutte le delibere”. E qui c’è invece la contraddizione che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati per falso ideologico. Scrive, infatti, il pm: “Non vi era alcuna trattativa in corso”. Anzi, REAM aveva “rinnovato la richiesta di restituzione della somma maggiorata degli interessi a gennaio 2017”. Di nuovo su Appendino: “In sede di approvazione del bilancio di previsione 2017-2019 (la sindaca, ndr) afferma che il Collegio dei revisori aveva espresso parere favorevole allo stanziamento dei 5 milioni nel 2018”. E che lo stesso aveva fatto Ream con una lettera del 21 aprile. Falso anche questo, secondo gli investigatori. Con una lettera del 28 aprile 2017, infatti, REAM aveva detto proprio il contrario. Aveva proposto una rateizzazione, ma preteso la restituzione almeno della prima tranche nel 2017. La parte più curiosa della vicenda è che se la Appendino avesse dato seguito alle promesse della campagna elettorale non sarebbe finita in questo guaio. Vedi tu a volte l’ironia della sorte.

Leggi sull’argomento: Il caso della dirigente cacciata perché aveva ragione spiega il metodo di governo del M5S

 

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