Che differenza c’è tra i marò e Carola Rackete

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-07-01

Il caso Sea Watch fa tornare alla ribalta il culto dei Marò, i due santini che la destra sovranista aveva dimenticato nel cassetto ma che ora accusa la sinistra di non ricordare a sufficienza mentre pensa ai migranti. E nel coro dei benaltristi devoti a Latorre e Girone spicca il guizzo di genio di Conte che invece se ne esce con un “e allora la Thyssen?”

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Che cos’è il benaltrismo? Si tratta di una tipica afflizione italica, la versione squisitamente nostrana della fallacia retorica nota come ignoratio elenchi. Esempio classico è “e allora i marò?” (ma dipende dalla stagionalità, d’inverno va moltissimo “e allora le foibe?”). Non potevano mancare quindi i marònnari, quelli che qualsiasi cosa succeda quando sanno di stare dalla parte del torto si appellano all’autorità suprema garante del Sommo Bene. Il Papa? Il Presidente della Repubblica? L’Essere? Il Buddha? Niente affatto: due militari italiani sul cui capo pende l’accusa di omicidio.

E allora i marò???

Qualsiasi cosa succeda state pur certi che qualcuno verrà fuori, del tutto non ironicamente, e vi rinfaccerà che voi o la parte politica che sostenete (o che presume sosteniate) non pensa abbastanza a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. I due marò sono stati abbandonati in India dalla Sinistra anti-patriottica che invece srotola subito il tappeto rosso (e le donazioni) per la comandante della Sea Watch 3 Carola Rackete. La quale potrà aver commesso anche un sacco di nefandezze ma non è accusata di aver ucciso due pescatori indiani.

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A dare il La alla nuova ondata di nostalgia per i due marò (che sono entrambi felicemente in Italia grazie al famigerato governo precedente) è l’assessora all’Istruzione della Regione Veneto Elena Donazzan. Una che sfoggia una simpatica collanina con una specie di croce celtica (ma dirà che invece è un pendaglio artistico) che non nasconde la sua nostalgia per gli anni ruggenti del Ventennio.

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La Donazzan ci tiene a farci sapere che lei non sta dalla parte della Capitana della Sea Watch ma di chi come i due marò “contribuisce a garantire la libertà e sicurezza alla nostra Nazione”. Peccato che Latorre e Girone stessero sul ponte di un petroliera privata a migliaia di chilometri dalla Patria e che abbiano sparato su un barchino di pescatori.

I Marònnari contro Carola Rackete e il PD

Non sfuggiranno altre differenze tra i due casi. Da una parte non è morto nessuno, ad esempio. Oppure il fatto che si possa benissimo essere dalla parte dei marò (qualsiasi cosa significhi in concreto) e da quella dei migranti o della Rackete. In fondo il principio di innocenza vale per i due militari così come per la capitana della Sea Watch. E riguardo alla visibilità ci sarebbe da aprire un capitolo su quanto una certa parte politica abbia marciato sul caso dei due marò proprio per cercare quella visibilità utile a presentarsi come difensore degli interessi nazionali.

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Poi che questi interessi coincidessero con il commercio di petrolio e abbiano prodotto la morte di due pescatori poco importa. Così come è di scarso interesse vedere la vicenda con gli occhi degli indiani. Eppure sarebbe facile per noi italiani: basterebbe pensare alla strage impunita del Cermis (sì è proprio benaltrismo).

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Come mai nessun Radical Chic è sceso in piazza “per i marò”? Ognuno sceglie le cause da sostenere. In realtà sarebbe curioso sapere cosa in concreto hanno fatto i marònnari per aiutare Latorre e Girone. Collette, veglie di preghiera, boicottaggio dei ristoranti indiani? Qualche politico “di destra” per caso è salito a bordo della Erica Lexie? E se sì a fare cosa visto che i due marò erano già stati tradotti in carcere prima e in ambasciata poi?

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Sfugge forse ai difensori dei confini italici dall’invasione di 42 disperati disarmati che il punto cruciale del “caso marò” è se i due militari italiani abbiano o meno sparato a dei civili indiani all’interno delle acque territoriali indiane (o in ogni caso all’interno della zona contigua). Chi oggi tira fuori i marò e al tempo stesso scrive che quello della Sea Watch è stato un atto di guerra dovrebbe spiegare in che modo quello dei marò non lo sia stato. Perché noi lo sappiamo che non era un atto di guerra contro l’India e che nemmeno quello della Ong è un atto ostile contro l’Italia.

E i terremotati? E la Thyssen???

Non vi basta il benaltrismo sui marò? Allora magari gradite quello sui terremotati. Perché a quanto pare se sei radical chic non puoi nemmeno disporre liberamente dei tuoi soldi. Se doni un euro per la Sea Watch (ma domani potrebbe essere Emergency o Medici Senza Frontiere) allora sei un anti-italiano. Perché qualcuno verrà a farti i conti in tasca e a chiederti se hai fatto altrettanto per i terremotati (mentre a loro nessuno lo chiede, né viene fornita prova della donazione). Poco importa che molti abbiano donato per Amatrice e che soprattutto tutti quelli che pagano le tasse (sono pochi è vero) finanzino anche la ricostruzione. Chiedete invece dov’era il Capitano quando si votava sui fondi europei per i terremotati.

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Infine c’è Giuseppe Conte. Come potrebbe essere l’avvocato del Popolo (non eletto!1) se non ne condividesse gli umori, le logiche e i ragionamenti? Non potrebbe. Ecco perché proprio ieri il nostro Presidente del Consiglio ha dichiarato che qualora la Merkel gli chiedesse del caso Sea Watch e di Carola Rackete lui sarebbe pronto a chiedere «se c’è stata e a che punto è l’esecuzione della pena dei due manager della Thyssen condannati in Italia con regolare processo esaurito in tutti i gradi di giudizio». Un e allora la Thyssen tirato fuori proprio per difendere la posizione scellerata del governo sui migranti. Ed è vero che i manager Thyssen devono scontare la loro pena, ma il fatto che il premier li usi come “arma” contro la Germania (essendosene interessato poco fino ad ora) dà la misura di quanto gli importi delle vittime dell’incidente del 2011. Ma come sempre le vere vittime del benaltrismo sono loro: i morti, i poveri, gli sfollati.

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