Il ceppo del Coronavirus isolato all’ospedale Sacco

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-02-28

Il valore di questo nuovo isolamento sta nel fatto che può essere utile per «tracciare»i contagi. Cioè, per ricostruire la storia «epidemiologica» di chi si è infettato venendo a contatto con questo microrganismo

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Il ceppo “italiano” del Coronavirus è stato isolato anche all’ospedale Sacco di Milano. La novità, spiega oggi Adriana Bazzi sul Corriere della Sera, è che si tratta di un virus «autoctono», cioè «locale», ed è differente da quello che, qualche settimana fa, è stato isolato dai due pazienti cinesi ricoverati all’Ospedale Spallanzani di Roma.

Allora l’annuncio dell’isolamento riguardava un virus proveniente dalla Cina, da Wuhan, la città dove è nata l’epidemia: un virus già intercettato dai ricercatori cinesi proprio sui pazienti colpiti dall’epidemia nel luogo epicentro del contagio. E, comunque, era il virus «cinese». Adesso abbiamo la sua versione«italiana». «Lo abbiamo intercettato e studiato—conferma Massimo Galli, professore di Malattie Infettive all’Università di Milano e Direttore delle Malattie Infettiveall’Ospedale Luigi Sacco di Milano —. Questo virus è capace di distruggere certe cellule in laboratorio.

Adesso stiamo analizzando il suo patrimonio genetico (si tratta di un virus a Rna, ndr) e lo dobbiamo sequenziare (appunto per studiare il suo patrimonio genetico, ndr)». Il valore di questo nuovo isolamento sta nel fatto che può essere utile per «tracciare»i contagi. Cioè, per ricostruire la storia «epidemiologica» di chi si è infettato venendo a contatto con questo microrganismo. E magari dare anche informazioni a chi deciderà come gestire le aree che a tutt’oggi sono in quarantena. E fino a qui parliamo di scelte di sanità pubblica.

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I numeri del Coronavirus in Italia e nel mondo (Corriere della Sera, 28 febbraio 2020)

Chissà se l’isolamento può essere utile ora per confermare o smentire l’ipotesi a cui lavorano gli “investigatori” del ministero della Sanità che sono a caccia del paziente zero che ha scatenato il focolaio di Codogno in Lombardia, e che adesso cominciano a convincersi che il virus circola nel lodigiano almeno da metà gennaio.

Anche questa volta dobbiamo registrare che è stata una squadra prevalentemente formata da donne a raggiungere l’obiettivo nel laboratorio universitario di Milano direttoda Galli. Oltre alla professoressa Claudia Balotta, infatti, lavorano lì alcune ricercatrici precarie. Ecco i loro nomi: Alessia Lai, Annalisa Bergna e Arianna Gabrieli. Ed è arrivato un contributo anche da parte di qualche rappresentante in «quota azzurra»: il polacco Maciej Tarkowski, anche lui precario, e il professore associato Gianguglielmo Zehender, esperto di Igiene. È curioso che tutte le scoperte scientifiche di cui l’Italia può ora andare fiera non soltanto siano state portate avanti da donne, ma che queste ultime siano anche scienziate «precarie».

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