Come un addetto dei centri per l’impiego dovrà trovare lavoro a 620 persone

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-01-21

Mancano orientatori e psicologi (in testa con il 40% delle richieste di personale), ma anche consulenti aziendali, informatici, mediatori culturali. E ovviamente “amministrativi”. Ma ad aprile sarà tutto pronto. Parola di Di Maio

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Ogni anno oltre 2 milioni e mezzo di persone (disoccupati e inattivi disposti a lavorare) si mettono pazientemente in fila nelle sedi degli oltre 500 Centri per l’impiego italiani. Vanno a firmare la Did, la dichiarazione di immediata disponibilità a lavorare, senza la quale non scatta l’indennità di disoccupazione e non si può accedere a riduzioni sui ticket, sconti sui bus, punti in più nella graduatoria delle case popolari. Attualmente poco più dell’1% di quanti si rivolgono ai Centri, secondo l’Istat, riesce alla fine a trovare lavoro. E se questa è la situazione di partenza, scrive oggi Repubblica in un articolo di Marco Ruffolo, cosa potrà accadere quando in primavera ciascuno dei circa 8 mila dipendenti dei servizi per l’impiego, invece di prendersi carico, come oggi, di 312 persone a testa, dovrà gestirne 620, da accompagnare per lo più fino al raggiungimento di un impiego.

Diversamente che in Francia, Germania e in molti altri Paesi europei, da noi i Centri per l’impiego non dialogano tra loro per via di gelosie regionali, impedendo così l’incrocio tra offerta e domanda di lavoro, soprattutto tra Nord e Sud. E non dialogano neppure con l’Inps, per cui l’istituto di previdenza, che è tenuto a distribuire il reddito di cittadinanza, potrebbe non venire a sapere che il beneficiario ha nel frattempo trovato lavoro o lo ha rifiutato per tre volte di seguito e non ha più diritto al sussidio.

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I centri per l’impiego in Italia (La Repubblica, 21 gennaio 2019)

Consapevoli dell’inefficienza dei Centri, le imprese, dal canto loro, hanno già da tempo rinunciato a comunicare loro i propri fabbisogni di personale. Secondo Unioncamere, solo l’1,5% delle aziende (quasi tutte al Nord) si affida (e non esclusivamente) ai servizi per l’impiego. A perfezionare il quadro delle inefficienze – che sul piano tecnico annoverano anche dotazioni informatiche scarse per metà dei Centri (il 72% al Sud) – interviene l’organico, che, secondo l’Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, non è solo sottodimensionato ma qualitativamente inadeguato.

Mancano orientatori e psicologi (in testa con il 40% delle richieste di personale), ma anche consulenti aziendali, informatici, mediatori culturali. E ovviamente “amministrativi”. Ma ad aprile sarà tutto pronto. Parola di Di Maio.

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