Come Casapound ha occupato l’edificio di via Napoleone III

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-01-30

Piccola storia dello stabile occupato dal 2003 senza alcun tentativo di sgombero fino al 2019

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Ieri l’Assemblea Capitolina ha votato una mozione per chiedere alla sindaca di velocizzare le procedure di sgombero dello stabile in via Napoleone III occupato da Casapound. Ma come sono arrivati i fascisti del Terzo Millennio in quell’edificio? Tutto comincia il 27 dicembre del 2003, quando Casapound entra in quello che in epoca mussoliniana era l’Ente per l’istruzione media ed elementare, ruolo che ha ricoperto anche durante il dopoguerra. Dopo il blitz che risale a 16 anni fa, quattro attivisti di Casa Montag entrarono per un’iniziativa a scopo abitativo che era stata già effettuata in altri immobili come quello di via Capo d’Africa al Colosseo. Il Ministero della Pubblica istruzione presentò denuncia alle forze dell’ordine ma nel 2004 (la ministra era Letizia Moratti, il governo in carica era quello di Berlusconi) comunicò al Demanio di non aver più bisogno dell’immobile.

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Nel frattempo il palazzo diventava anche il luogo in cui Casapound organizzava dibattiti come quello che il 6 febbraio 2009 ospitò l’ex capo delle Brigate Rosse Valerio Morucci. Nel 2016 il palazzo di via Napoleone III rientra nella lista di edifici da sgomberare redatta dal commissario straordinario Francesco Paolo Tronca, ma la prima ispezione della Guardia di Finanza per valutare la situazione all’interno dell’edificio arriva solo nell’ottobre 2018 e i giornali raccontarono all’epoca (Casapound smentì) che per evitare disordini, il “blitz” venne concordato con i leader del movimento nel corso di una riunione informale avvenuta il 15 ottobre. Ma alla fine l’accesso venne impedito lo stesso. Il pm Minerva, titolare del fascicolo d’inchiesta, intende ricostruire le eventuali responsabilità dei pubblici ufficiali che non avrebbero inviato alla Prefettura richieste di sgombero, tollerando la situazione di abusivismo. La Corte dei Conti ha valutato un danno erariale di 300mila euro per ogni anno di occupazione.

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