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Emergenza Coronavirus: blocco totale almeno fino al primo maggio

Alessandro D'Amato 20/03/2020

Ma non c’è sicurezza che basti arrivare a quella data per considerare debellata l’epidemia. Questa sera potrebbe essere varata un’ulteriore stretta che vedrà l’inasprimento sulle attività sportive, sulle passeggiate e sugli orari dei supermercati.

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La chiusura del paese per l’emergenza del Coronavirus SARS-COV-2 e di COVID-19 potrebbe portare al blocco totale fino al primo maggio. Almeno. Nel senso che non c’è sicurezza che basti arrivare a quella data per considerare debellata l’epidemia. Questa sera potrebbe essere varata un’ulteriore stretta che vedrà l’inasprimento sulle attività sportive, sulle passeggiate e sugli orari dei supermercati.

Blocco totale almeno fino al primo maggio

Ma il blocco totale almeno fino al primo maggio è finora soltanto un’ipotesi, la migliore delle ipotesi. Nella scuola si ragiona addirittura sulla possibilità di arrivare fino a settembre ma salvaguardando l’anno scolastico. Mentre nel governo qualcuno sembra essersi accorto del fatto incontrovertibile che riducendo gli orari dei supermercati aumenteranno le file e quindi gli assembramenti. Ma, spiegano oggi Paolo Russo e Ilario Lombardo sulla Stampa, nel frattempo una dopo l’altra si sommano richieste e strappi dei governatori e dei sindaci.

I contagi sono in aumento ovunque e cosa i presidenti delle Regioni, forzando le proprie prerogative e senza aspettare il via libera da Roma, si chiudono sempre di più. L’esercito è in strada ufficialmente in Campania e in Sicilia. Presto i controlli si allargheranno altrove, anche perché il Viminale ha dato facoltà ai prefetti di decidere zona per zona. Non è escluso anche che la polizia possa arrivare a monitorare gli spostamenti dei cittadini via cellulare, come richiesto dal governatore veneto Luca Zaia.

L’idea divenuta realtà in Cina, Corea e Israele è in fase di valutazione ma nel governo ci sono perplessità. Primo per ragioni di privacy, dopo che la Lombardia ha eseguito tracciamenti tramite le compagnie telefoniche. Secondo, perché basterebbe lasciare lo smartphone a casa per sfuggire al Grande Fratello.

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Il Coronavirus in Lombardia (fonte grafico)

Intanto il leghista Massimiliano Fedriga ha firmato un’ordinanza che vieta attività all’aperto in tutto il Friuli Venezia Giulia e impone la chiusura, per domenica, di tutti gli esercizi commerciali, tranne farmacie ed edicole. Ma è in Lombardia che continuano a concentrarsi i timori maggiori. La giornata del governatore Attilio Fontana è stata lunghissima e si è chiusa al telefono con Conte. «La nostra Regione è la Wuhan d’Italia. Vanno fermate le attività produttive e il trasporto pubblico, troppa gente esce ancora di casa. Ho spiegato al premier che bisogna chiudere studi professionali e uffici pubblici, salvo per le attività indifferibili, fermare i cantieri e attuare un’ulteriore limitazione delle attività commerciali».

Anche Fontana ha chiesto l’intervento dell’esercito e aveva annunciato di volere misure ancora più rigorose in mattinata, presentandosi in conferenza stampa con il vicepresidente della Croce Rossa cinese: «Qui — è stato il rimprovero di Sun Shoupeng – non avete misure abbastanza severe. Bisogna fermare tutte le attività economiche». Significherebbe sigillare anche le fabbriche che non partecipano alla filiera dei beni e dei servizi essenziali. Lo chiedono i sindaci e pensano sia ormai necessario pure nel comitato tecnico scientifico.

Il problema rimane la Lombardia

La situazione più grave dei contagi rimane quella della Lombardia, dove un terzo dei contagi si trova tra le distese di aziende d’ogni genere dei due polmoni economici d’Italia, Brescia e Bergamo.

La prima in vetta alla classifica per densità produttiva, seguita da Milano e, appunto, Bergamo, che ha 4.305 contagi e 84 mila imprese attive nelle quali lavorano 385mi1a dipendenti. Brescia ha 3.783 contagi, 107mi1a ditte e 402 mila lavoratori. Stare a casa è più facile dirlo che farlo qui, dove per ammissione di Confindustria Lombardia il 73% di piccole, grandi e medie imprese sta andando avanti, come in tutta la regione. Come dire che nelle aree più epidemiche mezzo milione di lavoratori continua a fare avanti e indietro casa-lavoro, anche se poi in fabbrica si è cercato di rispettare i protocolli imposti per decreto.

A Brescia nel settore industriale sono stati raggiunti 63 accordi per la sicurezza anti-Covid sul lavoro. A Bergamo soltanto 2, informa la Fiom. Che non possa bastare per contenere la crescita esponenziale dei contagi lo pensano i tecnici del comitato scientifico che affianca il governo e che suggerisce a Conte di «fermare tutto salvo le filiere che producono beni di consumo essenziali».

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Coronavirus: la curva del contagio a Brescia (Corriere di Brescia, 19 marzo 2020)

I numeri sono terribili. I morti in un giorno sono 209, meno di ieri ma tanti, i positivi aumentano di 2171 persone e sono ora ad un passo dai ventimila 19.884, 7387 i ricoverati (+182), ben 1006 in terapia intensiva. Ma il dato che fa tremare è quello di Milano, l’ultima trincea, con 287 nuovi positivi solo in città. Così risuonano come un ultimatum le parole di Shuopeng nel palazzo della Regione: “Qui non avete misure abbastanza severe, c’è gente in strada, i trasporti pubblici funzionano, avete persone negli hotel, non mettete le maschere”, ha detto ricordando che “a Wuhan gli ospedali hanno potuto iniziare a trattare i pazienti e ridurre il numero delle persone ammalate un mese dopo aver adottato il blocco completo”. Gli fanno eco da Padova i medici della delegazione cinese che sta visitando gli ospedali del Veneto: “Come dice l’Oms bisogna fare tamponi, tamponi e tamponi”. Intanto è senza tregua lo sforzo dell’unità di crisi della Regione e della protezione civile di correre più del contagio creando nuovi posti letto e ospedali da campo. La Regione ha annunciato l’acquisto di ben 611 letti di terapia intensiva e 281 respiratori polmonari. Così, a parte Bergamo che rivede la luce, domani mattina quello di Cremona, realizzato dalla Ong Usa Samaritan’s Pursue, ospiterà i primi pazienti mentre a Crema e Piacenza, le strutture dell’esercito saranno pronte entro due giorni. E per l’ospedale in Fiera Milano, se si prende qualche giorno in più è perché non sarà una struttura ‘provvisoria’ solo con terapia intensiva ma anche con sale operatorie e tac per essere un hub al servizio di tutta Italia.

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