L’embrione del blocco est-asiatico – Seconda parte

di Claudio Landi

Pubblicato il 2018-11-30

Il processo dello ‘spazio’ pan-asiatico si è messo in movimento: esso potrebbe deragliare, o invece potrebbe allargarsi e strutturarsi definitivamente; comunque è uno dei grandi processi del nostro tempo. Il ruolo del Giappone

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Il Giappone, sta diventando il pivot dei sommovimenti geopolitici in Asia. Il vicepresidente americano Pence ha nuovamente riaffermato la storica e strategica alleanza degli Usa con il Giappone. Ciò è sicuramente vero, ma d’altra parte proprio la necessità di una tale riaffermazione induce a sospettare l’esistenza di qualche contraddizione nella pur strategica relazione nippo-americana.
Il punto è che il Giappone è sotto attacco da parte americana per il surplus commerciale, ovvero per l’efficienza del proprio settore manifatturiero; e ha patito per la gestione oscillante e inaffidabile di alcuni dossier da parte americana, dal TPP alla Corea del nord. Sia come sia, proprio il Giappone appare al centro di questa ri-organizzazione dello spazio capitalistico asiatico. Tra Cina e Russia. Tra India e Australia. Questo processo geopolitico è, però, pieno di di contraddizioni: al vertice APEC, oltre allo scontro in diretta fra Xi Jinping e Mike Pence, si è assistito ad uno nuovo importante round dei negoziati RCEP, da un lato, e agli incontri per il ‘QUAD’, la cooperazione di difesa fra Usa, India, Australia, Giappone.

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L’embrione del blocco est-asiatico: La “Nato asiatica”

Il QUAD è una costruzione interessante. Quad sta per ‘Quadrilaterale’ fra quattro paesi importanti, Stati Uniti, Giappone, Australia e India. E’ il ‘formato’ politico per giungere ad una serie progressiva di intese e di accordi in tema di cooperazione su sicurezza e difesa fra i quattro paesi. E’ una iniziativa americana da tempo sul tavolo, il cui obbiettivo strategico reale è il ‘contrasto’ o ‘bilanciamento’ dell’ascesa della Cina nella regione. Molti autorevoli specialisti americani vedono un ‘QUAD’ che diventerà una NATO asiatica. In effetti, da anni, da molti anni, gli americani pensano alla costruzione di una ‘Nato asiatica’, ma le contraddizioni di un tale progetto sono tante e l’idea di una Alleanza militare per il Pacifico non è andata lontano. Morale: il progetto ha partorito alcuni, importanti ma limitati, accordi di cooperazione militare o strategica, ben lungi da una alleanza militare vera e propria. Anzi alcuni specialisti sono un po’ critici al riguardo: le posizioni dei tre paesi della regione, India, Giappone, Australia, e i loro interessi verso la Cina non rendono facile un progetto del genere. Comunque incontri e accordi parziali vanno avanti, ‘ultimo c’è stato a Singapore pochi giorni or sono: insomma, pare che siamo di fronte non ad una alleanza, ma ad una cooperazione di carattere strategico. Il punto critico, oggigiorno, è che, con Trump e i suoi consiglieri, le contraddizioni del progetto ‘QUAD’ sono aumentate: è infatti difficile concepire, o implementare, una struttura di sicurezza multilaterale come il QUAD sarebbe in teoria,, assieme a logiche e strutture economiche bilaterali e aggressive. Tanto per ritornare all’esempio madre, la NATO fu organizzata assieme al Piano Marshall, non assieme al guerre commerciali, ma esattamente al contrario. I tempi erano diversissimi alla fine della seconda guerra mondiale, ma è comunque un po’ difficile pensare ad una Nato asiatica i cui membri si combattono duramente su tariffe, aziende, dazi, monete. Tanto che qualche specialista definisce l’approccio americano, come una ‘mera tattica’, non una strategia. Ma, forse in futuro, gli Stati Uniti implementeranno davvero una nuova ‘Grande strategia’, di cui il ‘QUAD’ farà parte; (o, forse, semplicemente siamo troppo scettici noi su questi progetti americani senza base multilateralista innovativa forte).

Morale: il ‘blocco’ estasiatico non esiste e non esisterà mai. Uno ‘spazio pan-asiatico’ invece si sta strutturando, con la Cina in posizione influente ma bilanciata, e ci sono importanti paesi asiatici che cercano adeguate polizze politiche per ‘reggere’ la relazione con la Cina in ascesa. Una polizza strategica americana o non americana; una polizza guidata dagli Stati Uniti o non guidata dagli Stati Uniti. Ma gli Usa non staranno fermi ad attendere ‘passivamente’ il processo di strutturazione dello ‘spazio pan-asiatico’: la guerra di Trump alla Huawei è un caso evidente dell’approccio americano in questo senso. È prevedibilissimo che ci saranno altre iniziative americane. E poi c’è la potentissima ‘macchina della narrazione’ di Trump. Ma alla fin fine, Usa o non Usa, il processo di strutturazione dello ‘spazio pan-asiatico’ è nelle mani in particolare della Cina. Ovvero della sua capacità di rassicurare vicini e amici, rivali ed alleati. Della sua abilità di elaborare e implementare una ‘Charme strategy’ che tenga adeguatamente conto delle percezioni e degli interessi altrui. Da questo punto di vista, Pechino deve ancora molto lavorare. Il Giappone, giustamente, vuole regole e istituzioni trasparenti e moderne a livello internazionale. Le proposte di riforma del WTO del Giappone (e dell’UE) sono molto importanti da questo punto di vista. E i negoziati RCEP sono uno dei pilastri di questo processo: ma ci vorranno altri due anni ancora, assai probabilmente, per il raggiungimento dell’obbiettivo. E in questo periodo, quindi, sarà importantissima la risposta americana. Gli Stati Uniti, infatti, ‘spazio pan-asiatico’ o no, non possono non essere comunque un attore importantissimo in Asia e nel Pacifico. Ma in che modo, sotto quale forma, in quale struttura di cooperazione, sarà il tema della strategia americana per i prossimi anni, dopo Trump e dopo Pence in particolare. Il processo dello ‘spazio’ pan-asiatico si è comunque messo in movimento: esso potrebbe deragliare, o invece potrebbe allargarsi e strutturarsi definitivamente; comunque è uno dei grandi processi del nostro tempo. O forse è ‘IL processo politico globale’ del nostro tempo. A Port Moresby, capitale della Papua Nuova Guinea, al Vertice APEC, infatti, tra scontri polemici sino-americani e assenza di dichiarazioni finali, il negoziato chiave, quello dell’RCEP, è proseguito: ci sono ancora molti ostacoli, ma per ora va avanti dopo l’accelerazione di fine agosto, figlia delle scelte di Cina e Giappone.

(la prima parte e’ stata pubblicata il 29 novembre)

Leggi sull’argomento: Giappone, oltre gli Usa

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