La bellissima campagna toscana

di Vincenzo Vespri

Pubblicato il 2020-02-18

Ho approfittato della convalescenza per passare la domenica vagando per la campagna vicino a Firenze assieme a due coppie di amici. Sarà che io sono toscano, ma trovo i dintorni di Firenze bellissimi anche perché ricchissimi di storia. Anche le trattorie riescono a non essere banali. Siamo andati a pranzare da Bibe che è una …

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Ho approfittato della convalescenza per passare la domenica vagando per la campagna vicino a Firenze assieme a due coppie di amici. Sarà che io sono toscano, ma trovo i dintorni di Firenze bellissimi anche perché ricchissimi di storia. Anche le trattorie riescono a non essere banali. Siamo andati a pranzare da Bibe che è una trattoria di campagna che a prima vista sembrerebbe simile a tutte le altre.

 

 

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E’ situata nella zona della Bagnese, accanto al ponte dell’asse (detto così perché costruito con assi) sulla Greve. Anticamente, proprio per la sua posizione, si chiamava Trattoria del Ponte all’Asse (è rimasta ancora l’antica insegna di cento anni fa) ma fu denominata Bibe dal trisavolo dell’attuale proprietario. Una foto vestito da beduino ci dice che aveva combattuto la Guerra in Libia nel 1911. Per le sue esortazioni continue al piacere del bere era stato appunto chiamato “Bibe” dai suoi commilitoni e in ricordo di ciò al rientro in Italia così cambiò il nome alla sua trattoria. Ma le guerre “esotiche” fanno proprio parte del DNA di questa locanda. Il fondatore aveva combattuto per Napoleone durante la campagna di Russia e al rientro dalla guerra riprese il suo lavoro di oste aprendo questa trattoria. Ma questo luogo non è solo caratterizzato da una lunga tradizione ma anche dal fatto che personaggi famosi lo hanno frequentato . Annigoni dipinse la trattoria sotto una delle rare nevicate che capitano a Firenze. Montale, quando era direttore del Gabinetto Viesseux, era solito frequentare questa locanda. Dedicò perfino una poesia alla vispa figlia dell’oste che, ancora quattordicenne, già serviva a tavola:

BIBE AL PONTE DELL’ASSE
Bibe,ospite lieve,
La bruna tua reginetta di Saba
Mesce sorrisi e Rufina di quattordici gradi.
Si vede in basso rilucere la terra
Fra gli aceri radi
E un bimbo curva la canna
Sul gomito della Greve

Eugenio Montale, 1937

Mangiare una schietta cucina toscana (con il buon pane toscano preparato nella madia dall’oste) e sentire la storia trasudare da quelle quattro mura, mi ha nesso in armonia con la natura e la vita. Per usare le parole di Ungaretti uno si riconosce “docile fibra dell’Universo”. Dopo il fin troppo lauto pasto, passeggiata nel Chianti. Ci siamo limitati a una breve visita di Greve in Chianti e Panzano. Il “Chiantishire” è preso d’assalto dai turisti, ma nonostante questo non ha venduto completamente la propria anima al denaro facile. I prezzi sono “americani”, ma il modo di comportarsi della gente rimane genuino. Sono ancora simili alla gente di campagna descritta da Pieraccioni nei suoi film. I paesi hanno mantenuto la loro fisionomia architettonica. Oddio, un po’ di speculazione edilizia c’è stata, ma non ha rovinato eccessivamente il paesaggio che rimane decisamente piacevole e riposante. I locali sono bravissimi a vendere i prodotti di eccellenza della loro terra: non solo vino ed olio ma anche e soprattutto la carne. I macellai qui sono dei personaggi. A Greve c’è il Falorni.

Serve i clienti con una macchina d’epoca scoppiettante (credo sia una vecchia giardinetta FIAT ma potrei sbagliare) e davanti alla sua bottega fa bella mostra un bel cinghiale impagliato. A Panzano c’è il mitico ed istrionico Cecchini che è stato giustamente definito il macellaio poeta. Grande imbonitore ha ultimamente perfino vinto il premio del bugiardino d’oro (vince in questa competizione chi riesce a raccontare la bugia più grande). Sulla parete della sua macelleria c’è una lapide per morte della fiorentina (proibita nel 2001 per il diffondersi del morbo della mucca pazza) ed subito sotto un’altra lapide per celebrare la sua resurrezione nel 2006 (d’altra parte , come dicevano i latini , nomen omem: la “bis”tecca ha scritto nel suo nome che ha due vite…).

Proprio grazie all’alta qualità della vita, questi paesini non mostrano i segni dello spopolamento che ha colpito tutti i piccoli centri agricoli in Italia. E questo nonostante il fatto che se uno lavora a Firenze, ci impiega almeno un ‘ora, con la macchina, a percorrere, sia la mattina che la sera, i 30 km che separano il Chianti dalla città gigliata. Però, se si diffonderà però il telelavoro e se saranno commercializzate le automobili che si guidano da sole, queste cittadine saranno richiestissime. Infatti perché uno dovrebbe vivere nella brutta periferia fiorentina quando a pochi km di distanza ci sono paesini dove si vive benissimo e dove si continua a respirare sia la storia che i veri sapori della Toscana?

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