Una bestemmia in tv vale 100mila euro

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-09-19

E’ legittima la sanzione da 100mila euro inflitta dall’Agcom nel dicembre 2006 a Rti per la vicenda della bestemmia pronunciata in diretta televisiva da uno dei concorrenti dell’allora quinta edizione del reality ‘Grande Fratello’. L’ha deciso il Tar del Lazio con una sentenza con la quale ha respinto un ricorso proposto dalla società televisiva per …

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E’ legittima la sanzione da 100mila euro inflitta dall’Agcom nel dicembre 2006 a Rti per la vicenda della bestemmia pronunciata in diretta televisiva da uno dei concorrenti dell’allora quinta edizione del reality ‘Grande Fratello’. L’ha deciso il Tar del Lazio con una sentenza con la quale ha respinto un ricorso proposto dalla società televisiva per sollecitare l’annullamento del provvedimento sanzionatorio. L’Agcom deliberò la multa dopo che il 4 novembre del 2004, alle 23:57, uno dei concorrenti pronunciò espressioni blasfeme in diretta televisiva. Per l’autorità, l’episodio, pur essendo andato in onda poco prima della mezzanotte, era idoneo tra l’altro a suscitare nei minorenni “la legittimazione – ne dà conto il Tar nella sentenza – all’uso di un linguaggio aggressivo e blasfemo, configurandosi, nel suo insieme, come nociva degli interessi morali, etici e di corretto sviluppo psichico degli stessi nonché, comunque, offensiva del sentimento religioso”, e le cautele adottate dagli autori del programma e dall’emittente “non escludevano la responsabilità di questa ultima”. Ne è nato un contenzioso amministrativo, adesso deciso con sentenza.
grande fratello bestemmia
Per il Tar “le misure descritte dalla ricorrente, vale a dire l’estromissione del concorrente dalla trasmissione e da quelle rievocative delle varie edizioni precedenti – si legge nella sentenza – devono ritenersi come irrilevanti e inadeguate a escludere l’idoneità del programma sanzionato a pregiudicare i minori influenzando in modo pregiudizievole i loro processi di apprendimento essendo state adottate successivamente alla consumazione dell’illecito contestato”. In più, il collegio ha osservato che nel provvedimento impugnato “l’Autorità non si è limitata ad affermare la sussistenza di una ipotesi di responsabilità oggettiva, avendo invece fornito idonea motivazione in cui valorizza la mancata adozione da parte dell’organizzazione del programma di ogni cautela preventiva atta a evitare situazioni che potessero recare nocumento ai minori”.

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