Così Beppe Grillo dovrà pagare altri 22mila euro di danni per le mancate candidature

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-01-24

Il M5S Roma perde il giudizio con Mario Canino, che aveva cacciato dalle liste elettorali a Roma. Si tratta della seconda sentenza sulla Democrazia Diretta da Beppe Grillo e della seconda sconfitta. A pagare il conto dovrebbe la miniassociazione, ma…

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Lui si chiama Mario Canino e, anche se probabilmente molti non se lo ricordano, aveva ottenuto un posto nelle liste di Roma alle Comunarie per correre per il Campidoglio nel 2016, ma è stato escluso perché è emerso che nel 2011 era iscritto all’Italia dei Valori. Canino fa parte della mattanza romana che prima della candidatura di Virginia Raggi alle Comunarie ha “fatto pulizia” di presunti dissidenti e “infiltrati” che si erano candidati alle amministrative che il M5S ha poi vinto e che ha già portato il M5S a pagare 30mila euro di spese di lite.

Così Beppe Grillo dovrà pagare altri 22mila euro di danni per le mancate candidature

Canino ha fatto causa al MoVimento 5 Stelle assistito dall’avvocato Lorenzo Borré, che oggi cura il ricorso di Gregorio De Falco contro l’espulsione di Capodanno e segue anche la causa per nome e simbolo dell’Associazione M5S 2009. Ha ottenuto la riammissione in lista che però non è stata mai eseguita dai grillini. Canino è stato espulso perché è emerso che nel 2011 era iscritto all’Italia dei Valori. Come è noto da regolamento il M5S aveva stabilito il divieto, per i suoi candidati, di essere iscritti ad altri partiti politici. Secondo l’avvocato di Canino però questo divieto riguardava l’iscrizione al momento della candidatura e non riguardava invece le esperienze pregresse (senza contare che Canino non risulta essere stato candidato nelle liste IDV). Risultava invece – come si evince dal suo CV – che abbia ricoperto la carica di Consigliere Municipale ex Municipio IV nelle liste del P.R.C. (Consigliatura 2001-2006).

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Ieri è arrivata finalmente la sentenza che ha riconosciuto le ragioni di Canino: la motivazione dietro l’espulsione e il depennamento dalla lista dei candidati era illegittima perché, come aveva sottolineato la difesa di Canino ed era comprensibile anche solo leggendo il testo, si vietava l’iscrizione ad altri partiti nel momento della candidatura e non per sempre. In più il giudice ha certificato che “non risulta neppure quale organo dell’associazione abbia emanato il provvedimento iniziale comunicato da un non meglio precisato «staff di Beppe Grillo».

L’espulsione illegittima di Mario Canino

Il giudice però ha deciso di respingere la domanda risarcitoria presentata da Canino perché è vero che se fosse stato inserito nelle liste avrebbe avuto la possibilità di essere eletto, ma il sistema elettorale per i Comuni prevede la preferenza e l’elezione non è vincolata dalla posizione del candidato nelle liste elettorali ma al numero di persone che scrive materialmente il suo nome sulla scheda. Per intenderci, se si fosse votato invece con il Rosatellum e il listino bloccato (ovvero la legge elettorale del 4 marzo) il giudice avrebbe dovuto invece convenire sulla valutazione della sicurezza del posto in lista e della domanda risarcitoria. Il giudice ha anche deciso di non decidere sulla validità del regolamento grillino in essere all’epoca perché nel frattempo è stato abrogato.

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La sentenza sul caso Mario Canino – M5S

Ma il giudice ha comunque annullato il provvedimento di espulsione e ha condannato l’Associazione MoVimento 5 Stelle costituita nel 2009 e quella del 2012 a pagare le spese per la procedura e “il rimborso forfetario per spese generali, iva e cap come per legge”, per un totale stimato di 22.486 euro. Chi pagherà? Grillo come legale rappresentante che ha agito in giudizio dovrebbe risponderne ai sensi dell’articolo 38 del Codice Civile. Se non lo fa, magari i ricorrenti potrebbero pignorare il contrassegno… Ma è probabile che alla fine a presentarsi alla cassa sarà Rousseau.

mario canino

Dopo i trentamila del febbraio 2018, il conto della Democrazia Diretta da Beppe Grillo e dell’incredibile metodo antidemocratico con cui il M5S seleziona i suoi candidati arriva a superare i 50mila euro. E non c’erano dubbi che i ghirigori e le vacuità con cui i grillini hanno costruito il loro sistema di controlli e sanzioni avrebbe trovato prima o poi “un giudice a Berlino”, a Roma e a Napoli. Il punto, e il problema, è che nessuno degli attivisti si accorge che il gioco funziona così ed è disposto a buttarsi nel fuoco per difendere l’indifendibile. Finché non ci passa sotto con la propria pelle. Difficile non vedere in tutto ciò una metafora dell’Italia.

Leggi sull’argomento: Perché De Falco è stato espulso dal M5S

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