Economia
Così aumentano i costi dei conti correnti per pagare i salvataggi bancari
neXtQuotidiano 21/10/2016
Le tre banche che hanno incrementato le entrate per alcuni servizi alla clientela. E i motivi per recedere
I giornali qualche tempo fa lo hanno chiamato «prelievo forzoso»: tecnicamente non c’entra nulla, ma è vero che alcune banche hanno incrementato i costi dei conti correnti ammettendo implicitamente o esplicitamente di averlo fatto per rientrare dai costi dei salvataggi bancari. Dopo i 350 milioni di bond subordinati targati Banca Etruria, Banca delle Marche, CariChieti e CariFerrara finiti polverizzati nelle mani dei risparmiatori, ora altri 100 milioni di quel salvataggio così salato e discusso stanno per essere scaricati sulle spalle di 4,5 milioni di correntisti a causa dei rincari dei costi di tenuta dei conti correnti presso il Banco Popolare, Ubi e Unicredit, giustificati con i contributi versati da tutte le banche al Sistema di garanzia dei depositi (che garantisce i conti fino a 100 mila euro) e al Fondo nazionale di risoluzione. In un articolo di Giovanni Pons, Repubblica ci fa notare cosa è aumentato e come: il Banco Popolare ha deciso una maggiorazione delle spese fisse di liquidazione che va a colpire i conti correnti sia dei privati che delle persone giuridiche per un costo massimo di 25 euro da pagarsi in un’una tantum del 31 ottobre 2016: UBI ha deciso un aumento del canone annuo per tutti i conti over 30 anni: 12 euro per le persone fisiche, 24 per quelle giuridiche: l’aumento è scattato il 1 ottobre. Infine c’è Unicredit che ha deciso l’incremento di uno o due euro per una serie di profili del canone mensile dal primo luglio 2016.
E Bankitalia cosa dice?
La Banca d’Italia, dal canto suo, il 29 settembre scorso ha fatto sapere che: «Stiamo osservando con attenzione il comportamento di alcune banche nel ribaltare sulla clientela dei depositanti e dei correntisti i costi sostenuti per effetto delle crisi bancarie. Le norme sono più tutelanti in Italia che in molti altri Paesi nei confronti dei clienti delle banche e prevedono che una banca possa, sì, cambiare le condizioni contrattuali di deposito o conto corrente, ma solo se vi è un giustificato motivo e seguendo una procedura trasparente e informando adeguatamente il cliente per consentirgli di fare le proprie valutazioni (ed eventualmente recedere)».
A parte il monitoraggio ancora nessuna presa di posizione precisa, anche se Bankitalia fa capire che l’unica vera arma in mano ai risparmiatori è quella di chiudere il conto e cambiare banca, scegliendo un istituto più soddisfacente sotto il profilo dei costi. La legge dà infatti 60 giorni di tempo al correntista per recedere, e se lo fa entro questo termine non dovrebbe incorrere in spese. Anzi, per la banca vi è obbligo di trasferire i soldi al nuovo conto entro 12 giorni lavorativi dalla firma del modulo. Ma questa procedura rapida vale solo per il trasferimento dei contanti mentre nella maggior parte dei casi a un conto corrente è associata la domiciliazione delle bollette, le carte di credito, la rata del mutuo, che richiedono tempi ben più lunghi per essere trasferiti. Ecco perché cambiare banca di frequente per un qualsiasi cliente è un esercizio faticoso, non è facile come cambiare supermercato.