Gli aumenti del 20% per le vacanze e i servizi

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-06-01

Una vacanza di 10 giorni potrebbe «arrivare a costare fino al 20 per cento in più rispetto allo scorso anno, passando da una spesa a testa da 736 euro a 883 euro»

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Una vacanza di 10 giorni potrebbe «arrivare a costare fino al 20 per cento in più rispetto allo scorso anno, passando da una spesa a testa da 736 euro a 883 euro». Rincari che non risparmiano nessuna voce: si va da un rialzo medio del 9 per cento per la ristorazione, dell’8 per cento delle strutture ricettive, del 15 per cento del trasporto aereo e del 12 per cento di traghetti e navi. Sono dati elaborati dal Codacons e ripresi oggi da Repubblica. Perché sanificare e distanziare ha il suo costo. Per non parlare dei turisti che non arriveranno. Così, una parte degli operatori potrebbe essere tentata di rifarsi sulla clientela per recuperare le spese sostenute per rispettare le regole sanitarie e il giro d’affari perduto.

Agli aumenti si aggiungono costi collaterali, a cominciare dalla benzina. Come segnala l’Unione Consumatori è già aumentata anche se solo di pochi centesimo al litro: «Troppo comodo far scendere i prezzi mentre gli italiani erano costretti a restare a casa, ma non appena si può riprendere a circolare si inverte subito la tendenza», afferma il presidente, Massimiliano Dona. Per il presidente del Sindacato Balneari (Sib) Antonio Capacchione gli aumenti sono inevitabili: «Noi calcoliamo che solo il 20 per cento degli italiani andrà in vacanza e non sappiamo ancora quanti stranieri arriveranno.

E cosa succederà? Le strutture che godono di ampi spazi, come quelle venete o romagnole, pur avendo i costi di sanificazione, potranno permettersi di non ritoccare le tariffe. Mentre là dove le spiagge non sono molto profonde, in Salento, Liguria, sulla costa tirrenica, le postazioni si ridurranno del 50%, e per forza ci saranno aumenti. Ma contenuti al 10 per cento ritengo: non ci si può permettere di perdere la clientela». Anche per la Fipe (pubblici esercizi) «la sfida è riportare i clienti nei locali», e non ci sono aumenti così generalizzati.

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Gli aumenti alla riapertura (La Repubblica, primo giugno 2020)

Al carovacanze si aggiungono gli aumenti per chi rimarrà in città: sono degli ultimi giorni le polemiche su rialzi da parte di parrucchieri ed estetisti (del 20-25 per cento sia per il Codacons che per il Centro Consumatori Italia).

«Mi sono stati addebitati 10 euro in più per kimono e ciabattine», denuncia al Codacons una associata di Catania. «Ho preso l’appuntamento dall’estetista e c’era un aumento di 10 euro per il kit usa e getta», denunciano nel modenese. Confartigianato ha lanciato un appello perché gli esercenti non aumentino le tariffe per recuperare quanto perso nel lockdown: «Consolidate la fidelizzazione dei clienti». C’è poi il carovita legato ai beni di prima necessità: tra febbraio e maggio, calcola l’Unione Consumatori, il prezzo della frutta fresca è aumentato del 12,8%, quello dei vegetali surgelati di quasi il 5%, quello delle patate del 4,4%, quello dei piatti pronti del 3,1%, prodotti per la pulizia della casa più 3,4%. A fronte di un’inflazione quasi ferma, che tra febbraio e maggio ha segnato un rialzo quasi impercettibile dello 0,1%, il carrello della spesa si è invece messo a correre.

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