La sentenza di Ancona sulla ragazza troppo mascolina per uno stupro

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-03-10

Nelle motivazioni viene definita “scaltra peruviana” e si dice che al presunto autore dello stupro la ragazza non piaceva perché l’aveva chiamata “Vikingo” nella rubrica del cellulare. Ignorando la quantità di benzodiazepine, droga dello stupro, trovata nella ragazza

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Una sentenza della Corte d’Appello di Ancona che ha assolto due giovani dall’accusa di violenza sessuale su una 22enne peruviana è stata annullata dalla Corte di Cassazione: il processo dovrà ricominciare dall’inizio. Nelle motivazioni della sentenza di secondo grado i giudici, tre donne, scrivono tra l’altro che la vittima era troppo mascolina e poco avvenente per essere oggetto di attrazione sessuale.

La sentenza di Ancona sulla ragazza troppo mascolina per uno stupro

Due giovani erano stati condannati in primo grado a cinque e tre anni per violenza sessuale. Nelle motivazioni le tre giudici scrivono che all’imputato principale «la ragazza neppure piaceva, tanto da averne registrato il numero di cellulare sul proprio telefonino con il nominativo “Vikingo” con allusione a una personalità tutt’altro che femminile quanto piuttosto mascolina». Poi la chiosa: «Come la fotografia presente nel fascicolo processuale appare confermare».

Il verdetto è stato annullato con rinvio dalla Cassazione come richiesto dal procuratore generale che ne ha evidenziate alcune incongruenze e vizi di legittimità. Per cui il processo di appello dovrà ora essere rifatto. La storia riguarda una ragazza di origini peruviane che si era presentata all’ospedale dicendo di avere subito una violenza sessuale alcuni giorni prima da parte di un coetaneo, mentre un amico di lui faceva da palo.

Secondo il racconto tutto era avvenuto dopo la scuola serale che i tre frequentavano: dopo qualche birra la ragazza e uno dei due ragazzi si erano appartati per avere rapporti sessuali che però per lei non sono consenzienti. I medici riscontrano lesioni compatibili con una violenza sessuale e un’elevata quantità di benzodiazepine nel sangue che la vittima non sapeva di aver assunto.  

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«La scaltra peruviana»

Il 6 luglio 2016 arriva la condanna in primo grado dei due, poi all’Appello si ribalta tutto. E nella sentenza, racconta oggi Maria Elena Vincenzi su Repubblica,  la ragazza viene definita dalle giudici della Corte d’Appello di Ancona, nelle motivazioni, come «la scaltra peruviana».

E proprio loro arrivano a scrivere nelle conclusioni della sentenza che «in definitiva, non è possibile escludere che sia stata proprio Nina a organizzare la nottata “goliardica”, trovando una scusa con la madre, bevendo al pari degli altri per poi iniziare a provocare Melendez (al quale la ragazza neppure piaceva, tanto da averne registrato il numero di cellulare sul proprio telefonino con il nominativo di “Nina Vikingo”, con allusione a una personalità tutt’altro che femminile, quanto piuttosto mascolina, che la fotografia presente nel fascicolo processuale appare confermare) inducendolo ad avere rapporti sessuali per una sorta di sfida».

“Eravamo rimasti sconcertati dall’assoluzione, visto il caso particolarmente brutto, ma soprattutto dopo aver letto la motivazione della sentenza in cui i giudici (tre donne, ndr) facevano affermazioni, ad esempio sui tratti mascolini della ragazza, che avallavano le dichiarazioni dei due imputati” che in sostanza escludevano lo stupro anche perché lei non era attraente, ha detto l’avvocata Cinzia Molinaro, legale della giovane. Il processo bis si svolgerà a Perugia.

La droga dello stupro nella birra

La parte offesa, ricorda il legale, “era stata ritenuta credibile in primo grado” mentre in appello era arrivata l’assoluzione “sulla base di vari elementi” e con “affermazioni che non ci erano piaciute”. Avevano ‘rilanciato’ la tesi difensiva secondo cui al presunto autore dello stupro la ragazza non piaceva, tanto da registrarla sulla rubrica del cellulare con il nome “Vikingo”, e la giovane era stata definita “scaltra peruviana”, avallando la tesi che fosse l’ispiratrice della “nottata goliardica” per giustificarsi con la madre dopo aver bevuto troppo.

In realtà, ricorda l’avvocata Molinaro, “quando tornò a casa non era in grado di ricordare quasi nulla. Aveva riportato gravi ferite, per le quali è stata operata e delle quali non si era neanche accorta; era in uno stato di torpore che le permetteva di ricordare solo flash: disse di non essere in grado di dire se avesse iniziato il rapporto in maniera consenziente ma che a un certo punto era stata molto male, aveva detto basta senza che il ragazzo si fermasse”.

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