Come sarà l’analisi costi-benefici sulla TAV

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-08-07

Marco Ponti, professore di economia dei trasporti incaricato dal ministero delle Infrastrutture, spiega come funziona l’analisi che sta preparando per Toninelli

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Marco Ponti, professore di economia dei trasporti al Politecnico di Milano, è stato incaricato (senza compenso) dal ministero dei Trasposti di coadiuvare la struttura tecnica di missione per l’analisi costi-benefici delle opere in via di realizzazione, e in particolare della TAV Torino-Lione. Ponti, uomo di grande onestà intellettuale oltre che preparatissimo, spiega oggi in un articolo per il Fatto Quotidiano quali siano le sue intenzioni: provare a fare i conti sulle Grandi Opere con un’analisi dei costi e dei benefici indipendente rispetto a quelle commissionate dai realizzatori:

Visto poi che le opere più costose per lo Stato sono quelle ferroviarie (sono le uniche per cui pagano soltanto i contribuenti, gli utenti paganosolo per i treni che usano, e spesso neanche per quelli), per queste ci vuole la massima cautela, grandi o piccole che siano.

Adesso il ministero dei Trasporti guidato da Danilo Toninelli ci prova, pur con tempi e risorse limitate da vari vincoli politici e tecnici (per avere un’idea, le analisi economiche e finanziarie per la Banca Mondiale sono stimate dover costare circa un millesimo del valore del progetto, trattandosi quidi progettiper oltreuna decina di miliardi si può capire il p r o bl e m a …). D’altronde, fare scelte che risultino uno spreco anche di parte di quei miliardi costerebbe al Paese di più.

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Le analisi costi-benefici sociali (dette “social cost-benefit”in inglese, non hanno a che vedere con le analisi finanziarie: misurano anche i costi ambientali, quelli di sicurezza, i risparmi di tempo, gli effetti occupazionali ecc.). QUESTE ANALISI sono solo stime, non dicono verità, che in questo settore non esistono. Ma sono giudicate a livello mondiale le migliori stime possibili.

E non valgono tanto per il loro contenuto tecnico, ma per quello politico, in quanto riducono, non eliminano, l’ “arbitrarietà del principe” nell’uso dei soldi dei contribuenti. La politica deve mantenere l’ultima parola nelle scelte. Ma non può non fare le analisi, e deve renderle pubbliche. Nei Paesi sviluppati questo si chiama “accountability”. Il concetto è da noi così poco praticato che è difficile tradurre il termine.

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