Salvataggio di Alitalia ancora a rischio

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-09-12

L’ex ministro non aveva mai pienamente condiviso la decisione di Luigi Di Maio di far scendere in campo lo Stato, per cui poco prima di lasciare la guida del ministero ha preferito prendere le distanze da un’operazione il cui esito è tuttora in stand by

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Il ministero dell’Economia e delle Finanze entrerà nel capitale della newco che dovrebbe attuare il miliardesimo salvataggio di Alitalia solo dopo che saranno arrivati gli altri partner. O almeno questa è l’intenzione dell’ormai ex ministro Giovanni Tria che dovrebbe essere confermata (o no) da Roberto Gualtieri. Lo ha comunicato ieri via lettera Gianfranco Battisti, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, agli altri aspiranti azionisti. Spiega oggi Il Messaggero:

In uno dei passaggi chiave della lettera che ieri Battisti ha inviato al Mise, ai commissari e a Rothschild, il manager fornisce una delle principali ragioni, finora sconosciute, alla base della richiesta di proroga, concordata con Atlantia, dal 15 settembre al 31 ottobre, per finalizzare la proposta definitiva e il contratto. I commissari comunicheranno nel week end la decisione: difficile venga accolta in toto la richiesta. Da parte di Ferrovie, che a fine agosto ha inviato al Mef una lettera priva finora di risposta, la posizione di Via XX Settembre, «desta particolare  preoccupazione e richiede di essere chiarita al più presto e in ogni caso prima della presentazione dell’offerta definitiva».

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Alitalia, la newco (Il Messaggero, 12 settembre 2019)

E’ evidente che questo ostacolo va rimosso per definire la compagine della Newco. Secondo le previsioni, infatti, Fs e Atlantia dovrebbero sottoscrivere una quota del 35% a testa. Sarebbe stato chiesto a Delta di aumentare la partecipazione deliberata del 10% ad almeno il 15% e il Tesoro dovrebbe convertire in capitale gli interessi (145 milioni) sul prestito ponte, dopo il deposito dell’offerta e il decreto del Mise di cessione degli asset, ma prima del closing. Perché, quindi, questo ripensamento?

L’ex ministro non aveva mai pienamente condiviso la decisione di Luigi Di Maio di far scendere in campo lo Stato, per cui poco prima di lasciare la guida del ministero ha preferito prendere le distanze da un’operazione il cui esito è tuttora in stand by.

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