Coronavirus: i 20mila morti dimenticati

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-05-22

L’INPS ritiene che “la quantificazione dei decessi per coronavirus, condotta utilizzando il numero di pazienti deceduti positivi fornito su base giornaliera dal dipartimento della Protezione civile è considerata poco attendibile, in quanto influenzata non solo dalla modalità di classificazione della causa di morte, ma anche dall’esecuzione di un test di positività al virus”

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Dopo l’ISTAT ora anche una ricerca dell’Inps che si basa sulla mortalità degli anni scorsi per vedere quanto è più alta quella del 2020 sostiene che ci sono quasi 20mila decessi in più che andrebbero attribuiti al Coronavirus SARS-COV-2 e a COVID-19 nei mesi di marzo ed aprile.

Attraverso i dati sui decessi che affluiscono regolarmente negli archivi dell’anagrafica e aggiornati al 30 aprile, l’Inps confronta la mortalità del 2020 con quella dei 5 anni precedenti. L’anno era cominciato bene: 10.148 morti in meno nel periodo 1 gennaio-28 febbraio 2020 rispetto a quelli attesi. Ma, come si vede dal grafico, dal 1° marzo le cose cominciano a cambiare. La curva dei deceduti 2020 rispetto a quelli previsti comincia a impennarsi ma solo una parte di questi è registrata come decessi Covid-19 attraverso i dati della Protezione Civile.

Complessivamente nel periodo 1 marzo-30 aprile i morti sono stati 46.909 in più rispetto agli attesi, mentre i decessi registrati Covid-19 sono 27.938. Ne mancano all’appello ben 18.971, il 40%. Gran parte di questi sono deceduti Covid-19 ai quali non è mai stato fatto il tampone, forse perché morti in casa senza mai arrivare in ospedale. Altre sono morti indirette ma sempre causate dell’epidemia: “Persone che muoiono per altre malattie, perché non sono riuscite a trovare un letto d’ospedale o perché non vi si sono recate per paura del contagio” si legge nel rapporto.

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Coronavirus: 20 mila morti dimenticati (Il Fatto Quotidiano, 22 maggio 2020)

Repubblica spiega oggi che  l’Inps ritiene che “la quantificazione dei decessi per coronavirus, condotta utilizzando il numero di pazienti deceduti positivi fornito su base giornaliera dal dipartimento della Protezione civile è considerata poco attendibile, in quanto influenzata non solo dalla modalità di classificazione della causa di morte, ma anche dall’esecuzione di un test di positività al virus”.

Si sottolinea come le rilevazioni di regioni e Protezione civile non tengano conto dei decessi avvenuti a domicilio. Nello studio dell’Istituto si rilevano i decessi medi avvenuti negli ultimi cinque anni nei primi quattro mesi dell’anno e poi si osserva cosa è successo quest’anno. A gennaio e febbraio, come ormai noto, c’è stato un calo della mortalità, probabilmente perchè l’influenza non è stata molto violenta. Ci sono stati infatti 10mila meno morti rispetto a quanto attesi. A marzo ed aprile, invece, ci sono stati ben 46.909 morti in più.

Visto che quelle per Covid sono state, in base ai dati della Protezione civile, 27.938, ci sono 18.971 decessi non previsti che devono in qualche modo essere classificati. Inps quando sottolinea che “la distribuzione territoriale dei decessi strettamente correlata alla propagazione dell’epidemia e la maggiore mortalità registrata degli uomini rispetto alle donne è coerente con l’ipotesi che la sovra-mortalità sia dovuta a un fattore esterno, in assenza del quale una eventuale crescita di decessi dovrebbe registrare delle dimensioni indipendenti sia dal territorio che dal sesso”.

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