Patrick Zaki non è ancora ufficialmente libero: processo aggiornato al 6 aprile

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-02-01

I giudici del tribunale di Mansura si sono riuniti questa mattina per decidere sull’unica accusa rimasta in piedi dopo quasi due anni fatti di prigioni

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Era stato arrestato all’aeroporto de Il Cairo il 7 febbraio del 2020. Quasi 700 giorni passati in una cella del carcere di Tora, poi la scarcerazione in attesa del giudizio finale sulle accuse mosse dal governo egiziano contro di lui. Ora, a quasi due anni dal suo fermo in prigione a da quei reati contestati, Patrick Zaki non può ancora definirsi “libero”. Questa mattina a Mansoura si è tenuta l’udienza del processo contro lo studente egiziano. Contro di lui è rimasta in piedi solamente un’accusa, quella di diffusione di notizie false. Congelate, invece, tutte le altre (ben più gravi) che avevano portato al suo arresto. Ma i magistrati hanno deciso di rinviare, ancora una volta, tutto: la prossima data è il 6 aprile.

Patrick Zaki non è ancora ufficialmente libero: processo aggiornato al 6 aprile

Un caso, una tortura psicologica, durato quasi due anni. Prima l’arresto, poi una valanga di accuse mosse dai servizi di intelligence egiziani: minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di notizie false, propaganda per il terrorismo. Lo studente egiziano, che studia all’Università Alma Mater di Bologna, non ha mai avuto l’opportunità di difendersi pienamente da tutto quel che gli era stato contestato. Ma già alla vigilia della sua scarcerazione – diventata effettiva lo scorso 8 dicembre – buona parte delle accuse era finita nel cassetto. Congelate.

In piedi ne rimane solamente una: niente minaccia alla sicurezza nazionale, nessun incitamento alle proteste illegali o alla sovversione e – soprattutto – nessuna propaganda per il terrorismo. I giudici di Mansoura – che, però, hanno impedito l’ingresso in aula ai giornalisti e ai diplomatici di Spagna, Italia, Belgio e Stati Uniti arrivati lì per seguire gli accadimenti in prima persona, come confermato dagli inviati della Rai – erano chiamati a valutare solamente l’ipotesi di reato di “diffusione di notizie false” per via di un articolo in cui Patrick Zaki aveva raccontato la situazione e le condizioni in cui erano costretti a vivere i cittadini della comunità copta in Egitto.

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