Working poor: quelli a cui non basta lo stipendio per vivere

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-02-10

In Italia crescono le persone e le famiglie che dipendono da un salario fisso ma insufficiente all’indipendenza economica e a progettare il futuro

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Si chiamano Working Poor e sono le persone e le famiglie che dipendono da un salario fisso ma insufficiente all’indipendenza economica e a progettare il futuro. Repubblica di oggi ne tratteggia un ritratto a firma di Roberto Mania:

In Italia ci sono 3 milioni e 750mila working poor, tra lavoratori dipendenti e autonomi, circa il 16 per cento degli occupati. Solo nel lavoro subordinato sono cresciuti di oltre 600 mila unità tra il 2008, l’anno del fallimento della Lehamn Brothers, e il 2013: erano 2 milioni e 287 mila, sono arrivati a 2 milioni e 970 mila. Tra gli autonomi sono arrivati a 780 mila unità coloro che hanno un reddito netto orario inferiore ai 2/3 del reddito orario mediano. Vuol dire che prendono meno di 4,8 euro all’ora, mentre per i dipendenti la “soglia povertà” è di 6,2 euro all’ora. Anche questo aiuta a spiegare la discesa del nostro reddito pro capite ai livelli della seconda metà degli anni Ottanta.
E a rischio povertà sono soprattutto i giovani lavoratori under 30 con «effetti disastrosi nel lungo periodo», come dice il professor Claudio Lucifora, economista alla Cattolica di Milano,che da anni indaga sul fenomeno dei working poor. Un basso reddito non porta all’autonomia finanziaria rispetto alla famiglia d’origine e, per le donne, non conduce alla maternità. Nel 1961 le donne italiane avevano in media 2,41 figli, nel 2013 sono scesi a 1,39. Un circolo pernicioso per la società e l’economia italiana. Perché anche l’invecchiamento della popolazione, insieme ai flussi migratori, sono tra le cause del fenomeno dei working poor, visto che «esercitano — ha scritto Lucifora in un rapporto presentato al Cnel — una pressione crescente sulle retribuzioni dei lavoratori meno qualificati».
Il restolo hanno fatto la delocalizzazione produttiva, la trasformazione tecnologica che spinge fuori dal mercato i lavoratori meno qualificati, la terziarizzazione dell’economia, e poi la marcata flessibilizzazione del mercato del lavoro che ha progressivamente ridotto la forza contrattuale delle organizzazioni sindacali. Ma è la crisi che ha accentuato ed esteso un fenomeno che in Italia è recente e ancora poco visibile perché c’è la famiglia che agisce da ammortizzatore sociale, modulando i suoi interventi, contenendo le disparità, adattandosi alle lacune del welfare state pensato al tempo del solo lavoro standard nella grande fabbrica con capofamiglia uomo. Ancora per quanto?

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Working poor: l’infografica di Repubblica, 10 febbraio 2015

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