“Mio marito non voleva fott**e il Paese, era solo disperato”

di Enzo Boldi

Pubblicato il 2021-04-01

Parla la moglie di Walter Biot, il Capitano di fregata della Marina Militare arrestato in flagranza mentre consegnava a un militare russo alcuni documenti riservati dietro compenso

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L’arresto di martedì sera a Roma ha aperto un vero e proprio caso internazionale con molte tensioni tra Italia e Russia. Walter Biot, 56enne capitano di fregata della Marina Militare, è finito in manette con l’accusa di spionaggio internazionale e rivelazione di segreto. Colto in flagranza mentre consegnava a un componente delle forze armate di Mosca di stanza nella capitale alcuni documenti riservati dietro pagamento. Soldi, pochi soldi rispetto all’ideale comune – forse dettato anche dalla filmografia – a cui sia abituati: 5mila euro per ogni consegna. All’indomani della notizia che ha provocato anche l’espulsione di due diplomatici russi da parte della Farnesina, parla la moglie del militare arrestato

Walter Biot, parla la moglie del capitano di fregata arrestato

“Mio marito non voleva fottere il Paese, scusate la parola forte – ha dichiarato Claudia Carbonara a Il Corriere della Sera -. E non l’ha fatto neanche questa volta, ve l’assicuro, ai russi ha dato il minimo che poteva dare. Niente di così compromettente. Perché non è uno stupido, un irresponsabile. Solo che era disperato. Disperato per il futuro nostro e dei figli”. I colleghi parlano di Walter Biot descrivendolo come una persona seria e affidabile nella vita e nel lavoro. Insomma, un uomo al di sopra di ogni sospetto. Allora cosa lo ha spinto a macchiarsi di questo reato di cui è accusato?

“Io so che Walter era veramente in crisi da tempo, aveva paura di non riuscire più a fronteggiare le tante spese che abbiamo. L’economia di casa. A causa del Covid ci siamo impoveriti, lo sa? Lo stipendio (da 3mila euro, ndr) non bastava più per mandare avanti una famiglia con 4 figli 4 cani, la casa di Pomezia ancora tutta da pagare, 268 mila euro di mutuo, 1.200 al mese”.

I soldi e la disperazione per una situazione economica non tranquilla, peggiorata con la pandemia. Così la moglie di Walter Biot prova a ricostruire lo stato d’animo che avrebbe portato il marito a cedere alcuni documenti riservati agli uomini di Mosca. Non una sola volta. Secondo gli inquirenti, infatti, quello di martedì sera a Roma era il primo incontro con il militare russo di stanza nella capitale: per ogni consegna, infatti, il capitano di fregata riceveva 5mila euro.

Il racconto dei colleghi

Il Corriere della Sera ha raccolto anche le voci di alcuni colleghi di Walter Biot. In molti erano a conoscenza dei suoi problemi economici. Alcuni parlano di soldi che servivano al capitano di fregata della Marina Militare per le cure della figlia disabile: “I russi devono aver lavorato sulla sua debolezza, sui suoi problemi personali”. Ma questa non è una giustificazione, come spiegano alcuni militari, che sottolineano come il gesto – qualora fosse confermata l’ipotesi di reato – sia di una gravità assoluta avendo messo a rischio la sicurezza del Paese. Il suo ruolo all’interno della Marina Militare, infatti, lo portava ad avere tra le mani documenti classificati come “top secret”, con dossier su ambasciate straniere e comandi alleati. Compresa la Nato.

L’uomo al di sopra di ogni sospetto

Adesso le indagini andranno avanti, mentre tra Roma e Mosca le scintille sono inevitabili. Nel frattempo, il profilo che emerge dai racconti dei familiari, degli amici e dei colleghi è quello di un uomo dedito alla famiglia e al lavoro. Ogni mattina partiva dalla sua casa fuori dalla capitale per recarsi nel suo ufficio del Terzo Reparto di Politica Militare e Pianificazione dello Stato Maggiore della Difesa. Questo lo step raggiunto dopo esser partito come sottufficiale della Marina Militare e aver scalato le gerarchie attraverso i concorsi, compresa la sua esperienza come membro (per diversi anni) staff dell’ufficio Relazioni Esterne della Difesa. Fino a martedì scorso e l’arresto in flagranza mentre consegnava alcuni documenti (foto scattate al pc e inserite in una pen drive) al militare russo di stanza nella capitale per 5mila euro.

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