Fact checking

Chi ha vinto davvero nel voto sulla legge elettorale

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-06-09

Sui giornali le teorie del complotto indicano come colpevoli di volta in volta i renziani, i grillini ribelli, gli orlandiani. In realtà queste tesi non reggono. Il patto è saltato perché a molti non conviene andare a votare. E perché se non ha retto sul Trentino Alto Adige sarebbe finita peggio su voto disgiunto e preferenze

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Quelli che si chiedono come mai tra gli italiani su Internet vadano così di moda i complotti dovrebbero dare un’occhiata ai giornali ogni tanto. Scoprirebbero che è la stampa italiana la Cattiva Maestra che ha insegnato a tutti che noi di Voyager eccetera. E l’esempio perfetto è il racconto di quanto accaduto ieri alla Camera, dove su un emendamento è andata in frantumi la maggioranza dell’80% che il patto tra i quattro maggiori partiti assicurava.

Tutti i complotti sulla legge elettorale

E dopo i cocci ecco la caccia alle streghe. Monica Guerzoni sul Corriere della Sera riporta le voci dal parlamento che sostengono che ad architettare tutto il complotto siano stati… i renziani:

Perché la reazione di Rosato alla bocciatura di un emendamento minore è stata così veemente? Come ha fatto il relatore Lele Fiano a scattare la «foto incriminata» del tabellone e, alla velocità della luce, twittare «la prova del tradimento» facendo strage di cuoricini? E perché il coordinatore dem Lorenzo Guerini, a legge appena defunta, rideva di soddisfazione e sollievo? Massimo Corsaro (Conservatori e riformisti) dà voce a una tesi condivisa da tanti dem di rito orlandiano: «Hanno orchestrato tutto i renziani, con la sapiente regia del Pd che non voleva cadere per mano del blog di Grillo».

C’è un problema però. La foto si poteva ottenere facilmente utilizzando i video della Camera. E il blog di Grillo ogni volta che ha votato su un’opzione politica “suggerita” dal Capo Politico – l’alleanza con l’ALDE è l’esempio più calzante – ha “obbedito” disciplinatamente e ha scelto l’opzione che voleva Grillo. Perché, dopo aver digerito l’alleanza con europeisti e pro-euro, avrebbe dovuto ribellarsi a un accordo sulla legge elettorale che avrebbe consentito un buon risultato al MoVimento 5 Stelle?

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Gli schieramenti in parlamento e il voto sull’emendamento Biancofiore (Corriere della Sera, 9 giugno 2017)


Un’altra teoria del complotto vuole invece indicare nei colpevoli i rappresentanti della mozione Orlando, che così avrebbero consumato la loro vendetta rispetto al congresso. Qui mancano i numeri.

Grillini e complottini

Così come sembra curioso indicare Luigi Di Maio come la vittima di un complotto interno del M5S che avrebbe portato alla sconfitta della sua linea. In primo luogo perché questo cozzerebbe con l’analisi precedente che voleva il patto pronto a essere bocciato sul blog – e invece è andata come è andata su un emendamento che riguardava il Trentino Alto Adige – e in secondo luogo perché i grillini avrebbero dovuto sapere con certezza che dopo il voto sull’emendamento il Partito Democratico avrebbe deciso di far saltare il tavolo: telepatia?
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Abbiamo invece già spiegato ieri perché è inutile cercare di addossare ai grillini la responsabilità di un voto su un emendamento: la matematica dice che è una sessantina di franchi tiratori ha votato al contrario rispetto alle indicazioni del partito ed è stata decisiva per il risultato finale.

Il Franco Tiratore

Il Franco Tiratore con il risultato di ieri tira invece un sospiro di sollievo. Perché se si vota per la legge elettorale si avvicina la data delle urne; se la legge non viene approvata la data delle urne si allontana e si rimane in parlamento, magari fino alla scadenza naturale delle Camere. Il patto è andato sotto perché tra Forza Italia, Lega e Partito Democratico molti che sono alla loro (prima e) ultima legislatura hanno votato per convenienza. E il Partito Democratico ha deciso di rovesciare il tavolo sull’emendamento del Trentino Alto Adige perché ha pensato che se ha perso su quello, su punti politicamente più sensibili (le preferenze, il voto disgiunto) sarebbe andata ancora peggio. Scrive oggi la Stampa:

E in una giornata così in chiaroscuro, l’interlocutore col quale Renzi si ritrova a raccontare i suoi piani e le sue frustrazioni è Silvio Berlusconi, l’unico alleato che in queste ore non lo ha lasciato. I due si parlano per telefono nel primo pomeriggio e al leader di Forza Italia che gli domanda il perché di quella rottura così brusca, Renzi spiega: «Se andavamo sotto sulle preferenze e sul voto disgiunto era peggio. Rischiavamo una brutta figura…».
E a Berlusconi che insiste a chiedergli come mai il Pd si sia trovato all’angolo, Renzi dà una risposta sorprendente: «Guarda, che nel mio partito in tanti erano contrari a quel tipo di riforma…». E secondo la narrazione del Cav, indica almeno tre nomi: Matteo Orfini, Ettore Rosato, Lorenzo Guerini. Renzi non li considera suoi nemici, ma pensa che nell’iter della riforma i gruppi parlamentari non siano stati compatti.

La chiave di quanto accaduto ieri è tutta qui. Una sconfitta sul disgiunto o sulle preferenze avrebbe costretto i partiti a rivedere gli accordi o a sconfessare tutto nel momento più delicato. Per questo è saltato tutto prima. È servito a non doversi ammazzare dopo.

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