Viviana Parisi: la paranoia, le crisi mistiche e l’agonia prima della morte

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-08-19

«Aveva uno sguardo assente quando è fuggita con il bambino oltre il guard rail», ha raccontato il testimone, l’imprenditore lombardo, che si è presentato domenica alla polizia. Altro indizio: le lesioni alla colonna vertebrale e le fratture, che racconterebbero dell’ultimo disperato lancio dal traliccio

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«Un certificato dell’ospedale di Barcellona Pozzo di Gotto, datato 17 marzo, dice che Viviana aveva paranoia e crisi mistiche. Era stato il marito a rivolgersi all’ospedale Covid, perché la moglie era agitata durante il lockdown»: ieri l’avvocato Claudio Mondello, cugino del marito di Viviana Parisi, ha chiarito la vicenda della malattia della donna e aggiunto elementi che potrebbero essere decisivi nell’indagine.

Viviana Parisi: la paranoia, le crisi mistiche e l’agonia prima della morte

Repubblica spiega oggi che quel certificato non ha avuto poi alcun seguito in ospedale. «La famiglia aveva invece una forma di vigilanza su Viviana, tutti le stavano vicino», dice ancora il legale. Quel certificato i poliziotti della Stradale l’hanno trovato nell’auto della donna, ed è stato sequestrato. Dice ancora Claudio Mondello: «Io non credo che possa aver fatto del male al bambino. Era molto protettiva nei suoi confronti».

«Aveva uno sguardo assente quando è fuggita con il bambino oltre il guard rail», ha raccontato il testimone, l’imprenditore lombardo, che si è presentato domenica alla polizia. Altro indizio: le lesioni alla colonna vertebrale e le fratture, che racconterebbero dell’ultimo disperato lancio dal traliccio. Anche se sul traliccio non ci sono impronte, ma la Scientifica ha spiegato che la struttura è realizzata con un materiale particolare sui cui non restano tracce. Ora, la seconda ipotesi, l’aggressione, che magistrati e investigatori declinano secondo più filoni di approfondimento. Il primo: qualcuno ha tentato di aggredire sessualmente Viviana. Il secondo: l’aggressione è avvenuta per un’altra ragione, magari perché uno degli animali che circolano liberamente sui terreni in montagna (tutti di privati) ha fatto del male al bambino, e a quel punto va eliminata una testimone scomoda.

L’ipotesi dell’aggressione è alimentata soprattutto da un dato dell’autopsia, che parla di «fratture costali anteriori e posteriori». Un esperto radiologo nominato dalla procura sta approfondendo. E, intanto, l’ipotesi dell’aggressione viene rilanciata dall’avvocato Venuti, che commenta, mentre si incammina verso la zona del traliccio: «Quassù, probabilmente, qualcuno sa e non parla». C’erano dei raccoglitori di sughero su quel tratto di montagna, e anche dei pastori, sono stati ascoltati dalla polizia. «Possibile che nessuno abbia visto o sentito nulla?», ripete il legale. Il procuratore ha  chiesto tutti i tabulati dei cellulari della zona.

Arriverà anche l’esercito per cercare ancora. E questa mattina ci sarà pure il papà del piccolo, Daniele Mondello, che ieri ha lanciato un appello su Facebook: «Vi aspetto alle 7.30, al centro di coordinamento della protezione civile, al distributore Ip di Caronia, sulla statale 113. Tutti insieme cerchiamo Gioele».

Le indagini su Gioele Mondello e Viviana Parisi

La Stampa spiega oggi che l’inchiesta è partita da due presupposti che adesso appaiono errati.

Il primo è che fosse proibitivo passare dall’autostrada alla montagna, e invece ci sono diversi varchi non difficili da attraversare. Il secondo è che si fosse trattato di un «lieve» incidente. Ma quello avvenuto dentro alla galleria Pizzo Turda nel comune di Caronia, la mattina del 3 agosto, è stato in realtà qualcosa di molto più serio. L’Opel Corsa guidata da Viviana Parisi viaggiava a 100 chilometri all’ora: ha urtato un furgone, l’auto ha sbandato e si è ribaltata almeno due volte, ha un finestrino in frantumi e un pneumatico esploso. Era stato, quindi, un trauma: un’altra grande paura. Come conferma adesso anche il procuratore Angelo Cavallo: «Dopo l’incidente Viviana Parisi era agitata e impaurita». Nessuno aveva visto quel pezzo di seggiolino accanto al cadavere della madre.

Ecco cosa stanno cercando di decifrare tutti questi uomini e questo donne impegnati nelle ricerche: i passi della sua paura. Cosa è successo a Gioele? Davvero stava bene? Ci sono cose che non dovrebbero neppure essere evocate, ma qui stanno cercando anche tracce di animali. «È un terreno ostile, impervio, ci sono macchie impenetrabili, se le bestie se lo sono tirato da qualche parte…», si lascia sfuggire il forestale Mario Amoruso. Cercano con i droni, ma soprattutto con il falcetto. Cercano con delle sonde che puntano nei punti più scuri della vegetazione, per vedere se sotto si nascondano voragini o anfratti. Cercano di parlare con i pochi residenti della zona, fra questi casolari. Compreso con il proprietario dell’azienda agricola più vicina al traliccio, di mestiere architetto, dove ci sono anche due cani molossoidi.

Ma finora nessuno ha fornito elementi utili. Tanto che i legali che assistono la famiglia di Gioele, hanno deciso di provarci anche loro. E stanno facendo delle indagini parallele. «Magari con noi
parleranno», dice l’avvocato Venuti.

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