Una gola profonda nell’inchiesta sui 49 milioni della Lega

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-12-12

Secondo i pm, i 450 mila euro (una parte del denaro proveniente dalla truffa ai danni del Parlamento) dalle casse della Lega sarebbero andati all’Associazione Maroni Presidente e da qui a due tipografie lombard

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L’inchiesta sulla “scomparsa” dei 49 milioni che la Lega avrebbe dovuto restituire allo Stato per averli indebitamente percepiti ma sui quali ha ottenuto una rateizzazione fino al 2060 è a una svolta. Grazie a nuovi testimoni, fa sapere oggi Il Fatto Quotidiano. Davide Milosa e Ferruccio Sansa fanno sapere che secondo i pm, i 450 mila euro (una parte del denaro proveniente dalla truffa ai danni del Parlamento) dalle casse della Lega sarebbero andati all’Associazione Maroni Presidente e da qui a due tipografie lombarde cui sarebbe stato commissionato materiale elettorale mai realizzato. Così, alla fine, i denari sarebbero tornati nelle casse della Lega. Si parla di diverse tranche che vanno dal 2013 all’aprile 2018, quindi già durante la segreteria di Matteo Salvini.

Una gola profonda nell’inchiesta sui 49 milioni della Lega

L’unico indagato, finora, è Stefano Bruno Galli (assessore della giunta lombarda guidata da Attilio Fontana) che la presiedeva.  Ma i vertici del Carroccio sono in fibrillazione perché in quell’associazione e nella sua gemella Prima il Nord siedono molti pezzi grossi leghisti (tutti estranei all’inchiesta). Secondo il Fatto una “fonte preziosa”è già passata dai pm genovesi e ha fornito elementi nuovi.

I rimborsi elettorali spettanti alla lista che nel 2013 ha portato 11 consiglieri in Regione sono infatti 900 mila euro. Denaro che resta sui conti dell’associazione e della cui presenza Marco Tizzoni e i suoi consiglieri si accorgeranno solo nel 2018. A febbraio Tizzoni, ex capogruppo della lista Maroni, porta un esposto in Procura. Quando viene interrogato dai magistrati di Genova, che indagano sui 49 milioni, emerge che parte del pacchetto totale dei rimborsi è finito direttamente alla Lista Fontana, in sostanza la formazione nata sulle ceneri di quella di Maroni che però ha avuto un destino diverso.

tesoro lega 49 milioni
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Dunque dei 900 mila euro totali, 450 mila, come dimostra il decreto di perquisizione di martedì, sono finiti alla tipografia Boniardi e a un’al tra società per poi rientrare sui conti della Lega, l’altra metà, invece, stando a quanto verificato dagli investigatori sarebbe andati alla Lista Fontana. Risultato: l’associazione Maroni presidente è stata svuotata. Ad oggi si sa solo che fine hanno fatto i primi 450 mila euro. Denaro, va detto, che l’associazione dà alla Lega come restituzione di un prestito del quale (prestito) però non si ha traccia. Dove è finita la seconda parte di denaro?

L’esposto del leghista Tizzoni

Tutto parte da un esposto dell’ex capogruppo leghista Tizzoni. Secondo gli inquirenti una parte dei 900mila euro andò alla Lista del governatore Attilio Fontana.

A gennaio Tizzoni arriva nella sede della Lega in via Bellerio per discutere i nomi della Lista Fontana. Sulla carta i consiglieri della Maroni dovrebbero essere presenti. Al colloquio c’è sempre Grimoldi. “Ci disse –ha spiegato Tizzoni –che dovevamo dare 20 mila euro”. Nulla di strano, se non fosse che, scoprirà Tizzoni, quel denaro non doveva essere bonificato sul conto della Lista Fontana, ma sul conto della Lega con causale: “Devoluzione”, ovvero contributo volontario. “Terminata la riunione – conclude Tizzoni – Grimoldi mi presentò Giulio Centemero, il tesoriere della Lega, con lui c’era Davide Caparini, parlamentare e non ancora assessore al Bilancio in Regione”.

I tre non sono indagati né a Genova né a Milano. La vicenda dei 20 mila euro chiesti da Grimoldi, Tizzoni l’ha messa nel suo esposto depositato nel febbraio 2018 e poi archiviato nel giugno scorso. U n’indagine che ora, alla luce degli sviluppi genovesi, potrebbeessere ripreso dalla stessa Procura di Milano che ha recentemente chiuso il fascicolo a carico di Centemero, accusato di finanziamento illecito per i 40 mila euro dati da Esselunga alla associazione Più voci.

stefano bruno galli

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