Economia
Tutti i soldi che le banche hanno preso per te
neXtQuotidiano 27/09/2014
I risultati dell’asta Tltro e l’impegno degli istituti di credito a non investire in titoli di Stato. Ma l’incognita è la domanda delle aziende. In attesa del secondo fiume di denaro a dicembre. E della trappola della liquidità in arrivo?
Il quotidiano Milano Finanza apre oggi facendo i conti in tasca alle banche del Tltro, ovvero la richiesta di rifinanziamento delle banche europee da destinare a imprese e famiglie del 19 settembre scorso. Di questa cifra, gli istituti italiani hanno ottenuto 23 miliardi. Dell’ammontare destinato all’Italia, poi, un terzo (poco meno di 15 miliardi) è stato assegnato ai primi tre istituti: Unicredit, Intesa e Mps. Non hanno chiesto nulla invece Ubi Banca, Bpm, Popolare Vicenza e Veneto Banca, che si riservano di valutare se accedere alla liquidità messa a disposizione dalla Bce all’asta di dicembre.
TUTTI I SOLDI CHE LE BANCHE HANNO PRESO PER TE
La prima pagina del quotidiano:
E i due grafici che pubblica:
Dove finiranno i soldi che le banche hanno ricevuto dalla Bce? Il giornale spiega che le banche hanno ricevuto denaro per quattro anni allo 0,15%, per un totale di 82,6 miliardi di nuova liquidità. Nel dettaglio, Unicredit ha portato a casa 7,75 miliardi di euro, Intesa San Paolo 4 miliardi, il Montepaschi 3 miliardi, Iccrea Banca 2,42 miliardi, Bper e Banco Popolare rispettivamente 2 e 1 miliardo, mentre le piccole hanno preso 3 miliardi in totale. Le banche italiane hanno preso l’importo maggiore, e a dicembre ci sarà un’altra asta da 75 miliardi.
Rispetto alle vecchie Ltro, stavolta le banche sono vincolate nella destinazione dei fondi: dovranno usarli per prestare e non potranno investirli in titoli di Stato o altri asset. Altrimenti il denaro dovrà essere restituito in due anni, invece di quattro. Milano Finanza ha chiesto a tutte le banche che hanno partecipato alla prima T ltro come intendono impiegare le risorse Bce. La principale incognita, indicano in molti, è la domanda delle aziende, che impedisce valutazioni precise. Inoltre bisognerà aspettare almeno la seconda T ltro, quando saranno noti gli esiti di asset quality review e stress test e altra liquidità potrà essere richiesta. Ma, secondo quanto emerge dall’indagine, alcuni punti comuni già si possono evidenziare: si abbasseranno i tassi dei prestiti per le imprese affidabili, ci sarà una forte attenzione sugli investimenti (più che sul circolante) e sulle pmi, che potrebbero cogliere l’occasione dei tassi più bassi anche per aggregarsi e crescere all’estero.
E l’utilizzo?
«La T ltro potrà servire per sostenere alcune iniziative essenziali», spiega Enrico Duranti, direttore generale di Iccrea Bancalmpresa. «Per esempio speriamo che possa servire a finanziare aggregazioni tra imprese, visto il costo più basso dei finanziamenti». Il denaro sarà impiegato sia nei prestiti a breve, come quelli allo sportello delle Bcc, sia in quelli più a medio termine di Iccrea Bancalmpresa: «La durata di quattro anni delle T ltro è adatta a finanziare impianti e attrezzature. Un settore su cui puntiamo è quello dei movable asset, cioè tutto quello che si muove su ruote, come autovetture, veicoli commerciali o carrelli elevatori. Aiutiamo le imprese con leasing e prestiti per l’acquisto di questi strumenti»
DOVE VANNO A FINIRE I SOLDI
Soprattutto, c’è da dire che ci si aspetta una seconda asta ancora più performante. La domanda delle banche per il Tltro di dicembre, a differenza di quello di oggi che andava prenotato entro fine agosto,terrà conto del taglio dei tassi d’interesse allo 0,05% deciso un po’ a sorpresa dalla Bce appena due settimane fa. Per Alberto Gallo (Royal Bank of Scotland), citato dall’Ansa, a dicembre potrebbero vedersi adesioni delle banche per 120-170 miliardi. L’asta di quei giorni però ha fatto rievocare a molti la vecchia metafora che il cavallo non beve, ossia che la liquidità versata su un’economia stagnante non trova domanda: se gli obiettivi non verranno centrati, alla Bce «non resterebbe che il lancio di un vasto programma di acquisto titoli», magari insieme a una politica di bilancio europea altrettanto espansiva, dice Francesco Boccia, presidente della Commissione Bilancio a Montecitorio. Molti, sui mercati, sono pronti a scommettere che la Bce potrebbe trovarsi costretta a comprare Btp e Bonos spagnoli. Il risultato è che la delusione data a Mario Draghi e ai suoi governatori fa scommettere molti investitori su una Bce che potrebbe dover finire per comprare titoli di Stato.
Nel frattempo il Fondo Monetario Internazionale è tornato a criticare le banche italiane e la loro governance, tornando sul tema dell’Ircocervo fondazioni. Il fondo guidato da Christine Lagarde ha incitato, tra l’altro, a rafforzare la supervisione delle fondazioni quando sono azioniste di controllo e a facilitare la trasformazione delle grandi popolari in società per azioni. Cosa,quest’ultima, che sta facendo anche la Banca d’Italia. Per gli analisti di Washington soprattutto le Fondazioni bancarie e le grandi banche popolari presentano «specifiche sfide per la corporate governance». Le fondazioni «sono soggette all’influenza politica» che rischia di condizionare le nomine dei corpi decisionali e le attività. «Diverse fondazioni inoltre presentano una posizione finanziaria indebolita» e presentano limiti «nelle responsabilità interne e nella vigilanza esterna». Chissà se al Montepaschi fischiavano le orecchie. Sul fronte delle popolari, «le restrizioni imposte al possesso azionario e all’esercizio dei diritti di voto (una testa un voto) indeboliscono la valutazione di mercato e la capacità di raccogliere capitale».