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La truffa dei tamponi falsi a Civitavecchia e a Roma
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2020-10-06
Simona I., infermiera di 35 anni e Domenico D. di 50 sono accusati di concorso in falsità materiale, sostituzione di persona ed esercizio arbitrario della professione medica. Avrebbero fatto credere di aver effettuato dei test del tampone per il Coronavirus che erano falsi
Simona I., infermiera di 35 anni e Domenico D. di 50 sono accusati di concorso in falsità materiale, sostituzione di persona ed esercizio arbitrario della professione medica. Avrebbero fatto credere di aver effettuato dei test del tampone per il Coronavirus che erano falsi. Le accuse però potrebbero aallargarsi se fosse dimostrato che le conseguenze delle loro azioni possano aver aumentato il diffondersi del contagio.
La truffa dei tamponi falsi a Civitavecchia e a Roma
La coppia agiva a Civitavecchia ma nella loro abitazione a Roma sono stati trovati stick dei tamponi, e altro materiale medico, come lacci emostatici, garze e medicinali di vario tipo. Secondo quanto risulta dall’inchiesta c’è il sospetto che almeno 50 persone tra Roma e Civitavecchia siano state truffate con il falso test. Spiega il Messaggero:
Tutto inizia il mese scorso,quando il compagno dell’infermiera, spacciandosi per medico, va ad eseguire i tamponi ai lavoratori di una ditta di pulizie a Roma, la “Rapida”, su incarico dello stesso titolare dell’impresa, ignaro del fatto che il cinquantenne non fosse realmente un dottore.Gli esami vengono svolti e dopo qualche tempo arrivano i risultati. È l’11 settembre. Tutti i dipendenti della impresa di pulizia risultano negativi. Ma una delle lavoratrici vuol vederci chiaro, perché nel foglio intestato dell’ospedale Spallanzani, oltre ad esserci scritto che è negativa, c’è una postilla sulla parte finale del documento, dove si dice che in realtà non è esclusa la positività. Che significa? La signora allora decide di andare allo Spallanzani e chiede lumi.
Ma è al centro infettivologico le fanno sapere che il responso non è loro. Il risultato non èmaistato redatto dallo Spallanzani. Dallo stesso ospedale capitolino controllano e scoprono, attraverso lo studio d’invio del referto, che è riconducibile alla Asl Roma4, a Civitavecchia. La signora va alla sede di via Terme di Traiano della città portuale, ma anche qui le dicono che quel foglio non è mai stato prodotto nemmeno dalla Asl Roma4. Chi lo ha fatto? È la stessaAslcivitavecchieseche capisce che c’è qualcosa che non quadra ed avverte i carabinieri. Scatta l’indagine. A coordinarla è la pubblicoministero Allegra Migliorini, che attraverso i suoi inquirenti ricostruisce tutto l’itermesso a punto dalla coppia
Non è chiaro quante siano le persone che si sono sottoposte al tampone falso. Almeno 35 ma l’attività dell’infermiera e del finto medico andava avanti da aprile. Potrebbero essere molte di più quindi e la possibilità che qualche positivo abbia continuato la sua vita pensando di non essere stato contagiato è alta. Anche nella Capitale. Ma l’infermiera dell’ospedale San Paolo come ha fatto a procurarsi i tamponi? Dall’ospedale spiegano che le scatole sono sorvegliate e numerate:
La 35enne nel mirino degli inquirenti risiede a poche centinaia di metri di distanza dall’ospedale. Casa, lavoro e poi pronta ad incontrare il compagno che secondo gli inquirent iutilizzava i bastoncini fingendosi un finto operatore sanitario. C’è la vigilanza all’ingresso vicino al cancello principale e all’interno. La sorveglianza non consente neanche di entrare dentro se non per motivi legati al soccorso o a prestazioni sanitarie da espletare nonprima di avermisurato la temperaturacorporea. Quindi, l’infermiera potrebbe essere andata via dopo il suo turno come se nulla fosse con i tamponi orofaringei e magari, senza dare sospetti, «buongiorno» e «arrivederci» alla security del San Paolo