Thomas Widman: l’assessore degli “scaldacollo” positivo al Coronavirus

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-07-11

La Procura della Repubblica di Bolzano a fine maggio aveva aperto un’inchiesta con ipotesi di turbativa d’asta iscrivendo nel registro degli indagati l’assessore. Intanto lui è infetto da COVID-19, anche se ha manifestato solo lievi sintomi

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Thomas Widmann, assessore provinciale altoatesino alla Sanità, era finito nelle cronache nazionali a fine marzo per la storia degli scaldacollo, ovvero della bandana “anti-virus” che non porteggeva dal Coronavirus: distribuita in 300mila pezzi nelle edicole dell’Alto Adige per un costo di 700mila euro e prodotte dal cugino dell’assessore alla sanità della provincia di Bolzano. A produrre la bandana, ha raccontato il sito di informazione salto.bz, sarebbe una grande impresa di cui è socio un cugino dell’assessore. La spesa sarebbe di 700mila euro.

Thomas Widman: l’assessore degli “scaldacollo” positivo al Coronavirus

La Procura della Repubblica di Bolzano a fine maggio aveva aperto un’inchiesta con ipotesi di turbativa d’asta iscrivendo nel registro degli indagati l’assessore. Gli inquirenti presso gli uffici dell’assessorato avevo condotto perquisizioni e acquisito materiale. Le indagini erano finalizzante a verificare se ci fosse stata una gara e una delibera. Intanto Widmann risulta infetto da Covid-19. Da ieri si trova in isolamento presso il suo domicilio in buono stato di famiglia dopo aver manifestato solo leggeri sintomi della malattia. Widmann è risultato positivo al tampone perché, come racconta l’agenzia di stampa ANSA, un suo familiare dopo essere guarito da una polmonite con tamponi negativi, si era recato a Venezia per una reunion di famiglia al quale era presente anche il 60enne assessore. Durante la permanenza in Veneto il membro della famiglia ha, pero’, accusato un nuovo malessere ed e’ stato trasferito in una clinica dove il test effettuato e’ stato positivo.

bandana coronavirus provincia bolzano

La storia degli scaldacollo, che somiglia molto a quella delle mascherine di Luca Zaia, parte dalla richiesta della Provincia alle industrie locali: in conferenza stampa Widmann l’ha raccontata così: “Abbiamo chiesto ad Assoimprenditori di indicarci imprese che potessero aiutarci”. Ne sono state individuate due. Sono il colosso Salewa e la TEXmarket fondata dai fratelli Heinrich e Cristoph Widmann. Salewa grazie ai suoi impianti cinesi avrebbe garantito 500mila maschere protettive FFP2 e FFP3, 400mila tute protettive e 40mila tute mediche per una spesa di 9,3 milioni. TEXmarket invece dovrebbe fornire bandane. Ma che utilità può avere una sciarpa contro il contagio? In conferenza stampa all’epoca Weidmann ha risposto: “Non è mai stato detto che le bandane proteggono ”. Ma allora perché distribuirne 700mila? “Tante cose contribuiscono ad allontanare il rischio, dal lavarsi le mani al mantenere le distanze. Tutto questo insieme di misure può essere utile”. Altra polemica sollevata dal personale sanitario ed alcune associazioni del settore medico che aveva visto coinvolti l’assessore Widmann e il direttore generale dell’Azienda Sanitaria locale, Florian Zerzer (successivamente indagato), è stata quella della mascherine chirurgiche. Fatte arrivare tramite l’Austria, i dispositivi erano di fabbricazione cinese e utilizzate negli ospedali. Gli operatori sanitari avevano sostenuto che il dispositivo medico, però, non era perfettamente aderente al viso e quindi inadatto. La fornitura era costata 10 milioni di euro (compresi 700 mila euro di spese di trasporto) e comprendeva dispositivi di protezione individuale (DPI), 1,5 milioni di maschere protettive, 400mila tute protettive nonché 30mila tute per l’utilizzo in ambienti sterili come le sale operatorie.

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