The Italian Lockdown – Cronache da un Paese in Quarantena: 27. La giornata del criceto

di Lorenzo Favella

Pubblicato il 2020-04-16

Verusca la Rossa. Voci dal Drago, Birambo e Dorcus. Batteria riattivata e breve giro al volante. Poi, di nuovo in fila, a fare la spesa. Battutacce in romanesco e giorno del compleanno. Giovedì, 16 aprile 2020. “Avete tanta di uscire che… Avete letto voglia, anche se non c’è scritto.” Eccolo qua, il post più divertente …

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Verusca la Rossa. Voci dal Drago, Birambo e Dorcus. Batteria riattivata e breve giro al volante. Poi, di nuovo in fila, a fare la spesa. Battutacce in romanesco e giorno del compleanno.

Giovedì, 16 aprile 2020.

“Avete tanta di uscire che… Avete letto voglia, anche se non c’è scritto.”

Eccolo qua, il post più divertente del giorno, sai le risate. Firmato da Verusca, una di quelle tante amicizie su Facebook, che vattelapesca come sono arrivate, e probabilmente non avrò mai occasione di conoscere veramente.

E’ una comunista sfegatata, questo è chiaro, eppure si ostina a postare foto di se stessa, seminuda, smutandata, con il culo in bella mostra e un filo di tanga per arrapare ancor di più e ricevere like in massa.

Un giorno, non ho resistito e gliel’ho chiesto, in privato. Non sono certo un bacchettone, però ci tengo al rispetto della figura femminile.
“Mi vuoi spiegare perché? E’ proprio necessario?”
“Se mettessi solo foto di scioperi dei Cobas” mi ha risposto lei. “Ecco che nessuno andrebbe più sulla mia bacheca e io invece voglio estendere i contatti.”

In attesa della rivoluzione. A colpi di tacco. Che quando calza certi trampoli, obiettivamente, ha uno stacco di coscia da far paura, la Verusca.

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“Comunque in Iran, secondo me, i numeri sono farlocchi e i morti li sbattono tutti in una buca” è l’ultimo messaggio del Drago, che segue giorno per giorno i dati mondiali del corona virus su worldometers e ancora non si capacita del perché in Germania i morti siano così pochi.

“Hanno gestito meglio la situazione, evidentemente, a differenza di quei disgraziati, in Lombardia, che hanno fatto un casino inenarrabile, ricoverando troppa gente, dando vita a focolai in ogni ospedale della regione.”
“E allora perché hanno requisito il Westfalenstadion, a Dortmund, quello dove li abbiamo battuti 2-0 in semifinale, nel 2006. Vogliono farci un ospedale da campo. Se stanno tutti così bene, da quelle parti, che bisogno c’è?”
Caspita. Si informa, il Drago.
“Non lo so. Magari per precauzione.”
“See, vabbeh.”

In realtà, vorrei saperlo anch’io come mai, in Germania, i numeri dei decessi sono così inferiori rispetto a Francia, Spagna e Regno Unito. E lasciamo stare l’Italia che, Lombardia a parte, viaggia come tutti.

Una fonte, in teoria, ce l’avrei. Un’amica dottoressa che lavora al Ministero della Salute, a Berlino. A gennaio, doveva venire a Roma per un congresso, come talvolta le succede, ma mi disse già allora che avrebbe probabilmente lasciato perdere per via del virus che la stava impegnando tanto.

Vedi, i tedeschi? Si stavano preparando da tempo. E comunque non mi risponde. Un po’ perché non ama perdere tempo su whatsapp o forse, più probabilmente, perché non vuole lanciare messaggi inopportuni. E’ teteschissima, la ragazza. L’ultima volta che mi ha scritto, sciorinava tutta una serie di precauzioni. Le solite, lavarsi le mani, eccetera eccetera.
Jawohl Doktor!

E comunque, da quanto ho capito, anche in Germania ci sono zone in lockdown ed altre no. Magari, come spesso accade, dipende dalla densità della popolazione. Chi, come in Svezia, ha tenuto i cordoni aperti, ecco che ora corre ai ripari. Pure in South Dakota cominciano ad avere problemi, ora. Lo diceva il sindaco di Sioux Falls, intervistato dalla CNN, ieri sera.

 

Bling. Ecco che arriva un messaggio da Tokio. Birimbo birambo. Un caro amico che vive da anni tra la Cina e il Giappone.
“Qui stanno a discutere. Tra Abe (il primo ministro) e Koike (la sindaca di Tokio). Il primo ha tentato di tenere aperto il più possibile, sperando di non dover cancellare le Olimpiadi. Ora che non ci è riuscito, probabile che faccia marcia indietro.”

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Qualche settimana fa, un idiota aveva sparato un video diventato virale, dove raccontava che in Giappone avrebbero da tempo scovato un farmaco che funziona contro il Covid-19. L’ennesima bufala sparsa nella jungla di fake news che anima il web e che talvolta rimbalza pure in tv. L’informazione è diventata orizzontale e ciascuno pesca le cose che più si avvicinano ai propri desideri.

Dorcus, dalla regione del Turkana, in Kenia, mi racconta invece che un tipo del suo villaggio aveva dei sintomi e l’hanno subito trasportato a Nairobi. Pare che sia risultato negativo. Hai capito, i Keniani? Meglio dei Lumbard…

Ormai, districarsi tra numeri e cifre è diventato un labirinto da cui non si esce. Oggi ho fatto indigestione, mentre sono sceso all’officina sotto casa per chiedere di aiutarmi con i cavetti, in modo da riavviare la batteria della macchina. Ho dovuto tenere il motore acceso per una buona mezz’ora, mentre spulciavo le notizie sul cellulare. Poi, non ho resistito, mi sono messo al volante e ho fatto un giretto fino a Porta Maggiore e ritorno. Già alla prima curva, ho incrociato un posto di blocco dei vigili urbani e per fortuna mi hanno lasciato passare. Esperimento da non ripetere.

E dire che sarebbe bello gironzolare per Roma, con il traffico ridotto al minimo. Che male fa? Eppure, anche questo è proibito. Nemmeno in bicicletta posso andare, senza rischiare di pigliare una multa.

La mia speranza di caricare le borse e partire, su due ruote a pedali, diventa sempre più vana. Il giro della Sardegna è il mio preferito. Ovunque ti fermi, trovi spiagge favolose, con un’acqua da volerci morire dentro. Poi, mi chiedo come farei a mangiare, la sera, se tutti i ristoranti rimarranno chiusi, chissà fino a quando. Sempre che riaprino i b&b. Ragionamenti inutili.

Anche questo pezzo, che sto scrivendo, non ha alcun senso. Smarrito tra pensieri oziosi. La vita è scomparsa. Anche il culo della Verusca è un miraggio fastidioso.

Attendo in coda, da Sciubba, ed ecco che passa una gazzella dei Carabinieri. Qualche giorno fa, mi ero seduto su una panchina dell’isola perdonale, qui al Pigneto, per ingannare il tempo.
Tempo dieci minuti e un’auto della polizia, in borghese, mi ha mostrato la paletta, costringendomi a fare la fila, che poi è l’inganno che tutti quanti hanno escogitato, per passare un po’ di tempo all’aria aperta.

“Sai che c’è?” mi chiama un amico che sta a Monti. “Io me so’ rotto er cazzo, veramente. Che qui a Roma, i contagi di ieri so’ 26. Niente, in pratica. Ma che ce devono tene’ chiusi come in Lombardia, li mortacci loro?”
“Per il resto, come va?”
“E come vuoi che vada. Ce sta pure Pornhub Premium a gratis, e nun ce posso anna’, che sto co’ mi moje e i fiji. ‘Na tragedia!”

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Pago alla cassa e Patrizia mi saluta con la mano, evitando ogni dialogo, che è proprio parlando che si spargono le goccioline infettanti.
Attraverso via L’Aquila e raggiungo il portone di casa. Prendo l’ascensore per il quinto piano, il mio. Infilo la chiave nella toppa e rientro a casa.

Mia madre mi chiama.
“Oggi è il tuo compleanno! Come lo festeggi?”

Famo finta di niente, ma’. Famo finta che quest’anno gli anni non li compio proprio.

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