Il mio viaggio in Culolandia

di Vincenzo Vespri

Pubblicato il 2018-12-13

I passeggeri del mitico 43 diretto a Culolandia sono una metafora dell’Italia. Siamo troppo stanchi e sfiduciati per volere a che fare con notizie vere, vogliamo invece notizie farlocche per poter illuderci di vivere una vita diversa

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Come dice il Grande Maestro Ugue di Kung Fu Panda, “Il caso non esiste”. E così mi è capitato l’altro giorno a Roma. Sto preparando un “libro” sulle blockchain e nella mutata società di oggi il libro si è tramutato in un prodotto audiovisivo. Mi hanno chiesto di registrare l’introduzione (sia in italiano che in inglese) al Polo Tecnologico del Tiburtino. Siccome non mi rimborsavano il viaggio e siccome su Google Maps segnava il tempo di percorrenza con mezzi pubblici tutto sommato umano di soli 55 minuti, ho deciso di affrontare l’avventura.

polo tecnologico tiburtino

Caffè con degli amici al centro, nella Roma sorniona e ammiccante che conosco e che tanto mi affascina, chiacchierata sui massimi sistemi con un altro amico, altro caffè e poi via con la metropolitana verso “Culolandia” (così il tecnico audio della registrazione aveva definito il Polo Tecnologico). In effetti arrivati alla fermata di Rebibbia, la mitica Culolandia è apparsa in tutto il suo splendore… Oltre a una mancanza assoluta di indicazioni, i lavori (perenni) in corso creavano un traffico rallentato e i gas di scarico delle macchine incolonnate rendevano l’aria assolutamente irrespirabile. A chi chiedere quale fosse la fermata giusta? Google Maps era impazzito e non potevo quindi contare su nessuno ausilio tecnologico.

fermata metro rebibbia

Niente paura. A Roma ho imparato che il ruolo istituzionale di fornire informazioni stradali è stato assunto dai bar (ma, attenzione, solo quelli gestiti dagli Italiani). Ti costa un altro caffè ma hai sempre l‘info che uno cerca. Il viaggio nel bus numero 43 mi ha fatto aprire gli occhi su una realtà che non conoscevo. Alcuni passeggeri erano italiani vestiti in modo vecchia e dimessa, altri erano stranieri, disfatti dalla fatica e vestiti in modo altrettanto anonima, ed infine vi erano giovani vestiti in modo improponibile. Vi era il giovane nigeriano (?) con catene d’oro (o più probabilmente dorate) vestito come un rapper nero americano, il punk de noantri con cresta di capelli rosa e borchie, e c’era pure la giovane satanica, vestita di nero e piena di crocifissi rovesciati, pentacoli, teste di capra e altri amuleti strani che non ho avuto il coraggio di chiedere che fossero/servissero.

tecnopolo tiburtino

Era però ovvio il perché di questi abbigliamenti stravaganti. A questa gioventù, la società non ha offerto alcuna opportunità. La loro unica prospettiva è quella di una vita di fatica, povera di soddisfazioni, anonima e sostanzialmente squallida. E’ ovvio che quando si rendono conto di non avere vie di uscita, cercano di dare “colore” alla loro vita nell’unico modo concessogli: un vestito strano per fingere di vivere una vita diversa e più interessante. Anche il panorama visto dal bus era squallido. Rifiuti non raccolti, brutti capannoni industriali per la maggior parte abbandonati, edilizia popolare di bassa qualità e scheletri di costruzioni mai portate a termine. Quando il bus rallentava per gli ingorghi potevo leggere i numerosi manifesti di CasaPound in cui rivendicavano come grandi successi gli sgomberi di negri e zingari. Arrivato finalmente al Polo Tecnologico ho scoperto che il mio cellulare aveva tirato le cuoia e quindi non potevo rivolgermi alla tecnologia di Google Maps. Niente paura, avvisto un bar e mi ci sono fiondato per un ulteriore caffè. La barista, che parlava come la Meloni, mi ha dato le indicazioni richieste e ,molto gentilmente, mi ha permesso di mettere in carica il cellulare. Ne approfitto per dare un’occhiata al giornale locale. Nessuno spazio dedicato al degrado delle periferie, solo spazio alla polemica sull’albero natalizio (Spezzacchio e Spelacchio).

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La prova-finestra tra Spelacchio e l’albero del Vaticano (Il Messaggero, 15 dicembre 2017)

La barista, incuriosita della mia presenza e del mio vestito formale, si è messa a parlare a ruota libera in modo assolutamente non politically correct. Mi ha raccontato che loro “sono abbandonati da Dio e dagli uomini”. Che “sarebbe bastato prolungare la metropolitana per cambiare radicalmente tutto e spezzare il loro isolamento. I politici di Destra sono d’accordo” a far questo ma “hanno rubbato tutti i soldi” destinati alla metropolitana, le “checche” di sinistra invece sono ecologiste di m***a e sono contrari all’opera, i 5 Stelle hanno detto tanto, perfino di una funivia, ma non hanno fatto un c***o. A nessuno gliene “frega nulla de loro”. Soprattutto “er prete” è solo “interessato a ospitare negri giovani nella sua parrocchia” (e qui mi ha fatto un segno volgare per farmi intendere la ragion del suo interesse verso i negri) ma non fa niente “pe i cristiani. Gli unici che fanno qualcosa sono i fascisti di CasaPound che, quando ce vole ce vole, ogni tanto picchiano negri e zingari”.

Beh, questa brevissima chiacchierata mi ha fatto capire tutta una serie di cose che non ero riuscito a capire. Ossia il perché il PD raccoglie voti solo nei quartieri buoni di Roma, il perché della crisi della Chiesa, il perché del successo elettorale della destra estrema, il perché della crisi dei giornali e il perché nei tempi bui (tipo medioevo) la Chiesa si era assunta il compito di difendere, anche con le armi, i fedeli. Grazie “Caso” per avermi fatto conoscere questa realtà. Però al ritorno non ho voluto abusare della benevolenza del caso e mi son preso un taxi. Nel viaggio di ritorno in treno verso Firenze mi son comprato l’Espresso perché mi avevano detto che c’era uno scoop sull’Università. Ero molto curioso.. ci son tante cose che non vanno: il sottofinanziamento al sistema, il nepotismo, il diritto allo studio negato, una università avulsa alla società reale, etc etc.

giuseppe valditara sovranismo 1

Quale l’argomento dello scoop? Incredibile dictu: il Capo Dipartimento del MIUR, il Prof. Giuseppe Valditara era stato invitato a un convegno a Mosca da un collega moscovita con cui collabora. Ma c’era di più: i Russi gli avevano pagato le spese di viaggio e di soggiorno, l’ospite Russo lo aveva invitato a cena e, ancora più incredibile, il Prof Russo aveva incontrato Putin in più di una occasione… Ma che cavolo di notizia è mai questa? Essere invitati a convegni dove tutte le spese son coperte è normale per noi Professori, figuriamoci per un Professore di altissimo livello scientifico come Valditara.. Inoltre se inviti qualcuno, per le basilari regole dell’educazione minimo lo inviti a cena. Simili non-notizie le avevo trovate solo in un giornale locale di una contea sperduta della Nuova Zelanda. Ma lì intuisci che di notizie vere non ce ne sono e i giornali devono pure uscire… Ma qui in Italia, di argomenti per scoop e inchieste ce ne sono a iosa e di che parlano i giornali? Di Spezzacchio e del viaggio a Mosca di Valditara… E poi si lamentano ella crisi dell’editoria in Italia… Ma forse i nostri giornalisti son costretti a far questo. I passeggeri del mitico 43 diretto a Culolandia sono una metafora dell’Italia. Siamo troppo stanchi e sfiduciati per volere a che fare con notizie vere, vogliamo invece notizie farlocche per poter illuderci di vivere una vita diversa da quella che viviamo in realtà.

Leggi sull’argomento: Ma cosa ha da festeggiare in discoteca il M5S dopo Corinaldo, Strasburgo e lo spread?

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