Politica
Cartellini gialli per i dissidenti. Il destino (strano) dell’M5s, che ora vede i suoi due papà litigare
Giorgio Saracino 02/03/2021
Beppe Grillo vuole Conte leader del Movimento, Casaleggio pubblica le istruzioni sul come candidarsi al direttorio a 5. E intanto i cartellini rossi per i dissidenti diventano ammonizioni da giallo
Il cartellino rosso per i dissidenti, potrebbe diventare giallo. Perché la notifica del procedimento di espulsione recapitata già ai parlamentari di Camera e Senato che non hanno dato la fiducia al governo Draghi potrebbe cadere. O almeno: potrebbe cadere per coloro i quali manifestano l’intenzione di rimanere all’interno del M5s. Quindi: per i 21 senatori e i 15 deputati che vogliono rimanere nella famiglia pentastellata c’è una speranza. Non è chiaro però, se come nelle più importanti comunità e religioni, sia necessario anche il pentimento per essere assolto. Per dirla in parole povere: il presidente della commissione Antimafia Nicola Morra (che nei giorni successivi alla notizia dell’espulsione si era mostrato alle telecamere con gli occhi lucidi e che ora probabilmente starà sorridendo), dovrà votare i provvedimenti del governo Draghi? Ma si badi bene, non quelli graditi, ma tutti. E quindi: dovrà votare la fiducia se e quando sarà richiesta per non ricevere il secondo cartellino giallo (che, chi segue il calcio lo sa bene) altro non significherebbe che l’espulsione?
Non si sa. Quello che si sa è che il Movimento 5 Stelle -ora- non ha tanti interessi nel depennare (anche, sono stati molti in passato i fuoriusciti) questi nomi. Perché? Due motivi, uno -forse- più interessante dell’altro. Il primo è un motivo prettamente economico: meno senatori e deputati significa meno soldi nelle casse dei gruppi parlamentari. E, ancor più in generale, significa meno soldi a Rousseau (ogni parlamentare versa una quota alla piattaforma di Casaleggio); il secondo riguarda l’attuazione di una sorta di pax interna, che Giuseppe Conte (vicino alla guida del Movimento), desidera per dare la sua svolta al partito fondato da Beppe Grillo nel 2009. Qui, però, sorge un (piccolo?) problema. E ovvero: tra il comico e il figlio di Casaleggio non tira proprio una bella aria. E anzi: i due -a dirla tutta- non sono un granché d’accordo sulla strada da percorrere per il futuro. Per Davide, figlio di Gianroberto, il rapporto con la sua piattaforma è imprescindibile (il perché non ha motivo di essere spiegato: è sua!). E questo significa che tutte le decisioni che arrivano da lì son legge. E quindi: il 16 e il 17 febbraio gli iscritti che hanno votato (anche se pochi), hanno detto sì al direttorio a 5 e no al capo politico? Allora così sia.
Perché se così non fosse, allora ne perderebbe di credibilità Rousseau, che già non è più visto di buon occhio da tutti i parlamentari del Movimento 5 Stelle. Una deriva che Davide Casaleggio non può permettersi. Tanto che, proprio un paio di giorni dopo la notizia di Conte al vertice del Movimento, lui ha comunque pubblicato su Rousseau le istruzioni per candidarsi al direttorio. Ha specificato sì che che le candidature non son ancora ufficialmente aperte, ma ha lanciato il sasso facendo orecchie da mercante, non sentendo i messaggi forti e chiari che arrivavano dall’altra parte. Dove c’è però Beppe Grillo (che pure, si sa urla e non poco), che vorrebbe infischiarsene di quelle poche migliaia ai voti, e vorrebbe consegnare (come ha già fatto sabato all’hotel Forum in assenza -giustificata?- del figlio di Gianroberto) l’M5s all’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Solo così – secondo lui- il Movimento ha speranza di sopravvivere. E, tutto sommato, i sondaggi non sembrano dargli torto. E anzi: l’M5s per la prima volta dopo mesi è in crescita: con Conte alla guida ha preso 6 punti, e raggiunto il 22 per cento di gradimento. Non male. Male si mette invece per Casealggio, che ormai sembra avere le spalle alle corde. Non ancora all’angolo, ma quasi.