I soldi per i camici della Regione Lombardia restituiti dal cognato di Fontana dopo che Report aveva iniziato l’inchiesta

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-06-07

Attilio Fontana si è arrabbiato molto per la storia dei camici della Regione Lombardia comprati dalla ditta della moglie e del cognato e su Facebook il governatore ha parlato di una donazione che è stata strumentalizzata ai fini di un attacco politico. Ma nella storia che racconta il governatore qualcosa non quadra. Ovvero le date. E, insieme, alcune “coincidenze”. Vediamole

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Attilio Fontana si è arrabbiato molto per la storia dei camici della Regione Lombardia comprati dalla ditta della moglie e del cognato e su Facebook il governatore ha parlato di una donazione che è stata strumentalizzata ai fini di un attacco politico. Ma nella storia che racconta il governatore qualcosa non quadra. Vediamo cosa.

I soldi per i camici della Regione Lombardia restituiti dal congnato di Fontana dopo che Report aveva iniziato l’inchiesta

Ricapitoliamo prima il racconto del servizio di Giorgio Mottola: il 16 aprile la Dama spa si aggiudica, senza gara, una fornitura di camici alla Regione Lombardia – tramite Aria, l’agenzia regionale pubblica degli acquisti – per 513mila euro. La Dama spa, che produce il noto marchio Paul&Shark, appartiene per il 10%, tramite la DIVADUE srl, alla moglie di Attilio FontanaRoberta Dini. Il resto delle quote fa riferimento, tramite una fiduciaria svizzera, al fratello: Andrea Dini.  A partire dal 22 maggio, la Dama stornerà quelle fatture di fatto riportando il tutto a una donazione. Ora, attenzione, secondo la versione di Attilio Fontana la storia è andata così:

Alla Dama SpA – una volta ottenute le certificazioni indispensabili per l’utilizzo sanitario – il 16 aprile vengono ordinati 7.000 set costituiti da camice + copricapo + calzari al costo a 9 euro (prezzo più basso in assoluto) e 75.000 camici al 6 euro (anche questi i più economici). Le forniture iniziano il giorno dopo e vengono immediatamente distribuite nei reparti ospedalieri per proteggere medici e infermieri.

attilio fontana camici azienda moglie cognato

Nell’automatismo della burocrazia, nel rispetto delle norme fiscali e tributarie, l’azienda oggetto del servizio di Report, accompagnava il materiale erogato attraverso regolare fattura stante alla base la volontà di donare il materiale alla Lombardia, tanto che prima del pagamento della fattura, è stata emessa nota di credito bloccando di fatto qualunque incasso.

Cosa dimentica Fontana? Le date. E alcune coincidenze attorno ad esse. Vediamole.

Cosa ha dimenticato di dire Attilio Fontana nella sua risposta a Report

L’amministratore delegato di Paul&Shark, Andrea Dini, cognato del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, nel servizio di Report spiega la storia così: “Effettivamente, i miei quando io non ero in azienda durante il Covid, chi se n’è occupato ha male interpretato la cosa, ma poi dopo io sono tornato, me ne sono accorto e ho immediatamente rettificato tutto perché avevo detto ai miei che doveva essere una donazione”. Report, che ha anticipato lo sbobinato delle conversazioni, dice ad Andrea Dini, eredi di una famiglia di imprenditori storici di Varese che producono da decenni il noto marchio Paul and Shark, di essere in possesso della lettera di acquisto di Aria, inviata alla Dama S.p.A., che detiene il marchio “senza gara di appalto”, di “75 mila camici e 7000 tra cappellini e calzari. Il tutto per un valore di 513 mila euro. E che non si tratti di una donazione sembra molto chiaro – dice Report -. La società pubblica della Regione Lombardia specifica infatti che il pagamento avverrà tramite bonifico entro 60 giorni dalla data di fatturazione”. Alla richiesta di informazioni sull’appalto per i camici, all’inizio del servizio, Dini risponde “non è un appalto. È una donazione”.

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“In realtà all’Aria – replica il giornalista Giorgio Mottola – non risulta, sembra invece un’aggiudicazione, mi pare, di una procedura negoziata, tra l’altro”. “No, guardi, no no è una donazione. Chieda pure ad Aria, ci sono tutti i documenti – risponde Dini -. Noi li abbiamo donati anche ad altre persone, abbiamo donato mascherine. Sono un’azienda lombarda, devo fare il mio dovere”. “No, no, no… Io non ero in azienda – dice ancora Dini quando gli viene chiesto se ha partecipato alla gara ‘per sbaglio’ – e… appena l’ho saputo ho detto no, no, in Lombardia assolutamente no”, Perché lei è il cognato del presidente?, gli viene chiesto da Report: “Assolutamente” risponde. “Le carte ad Aria ci sono tutte. Abbiamo fatto note di credito, abbiamo fatto tutto…. – aggiunge – è tutto una donazione… non avremo mai un euro da Aria. Mai preso un euro, e non avremo mai neanche uno”. Un affidamento, sottolinea Report, avvenuto all’insaputa sia dell’ad Dini sia del governatore Fontana. E le date coincidenti, quindi? Eccole qui: “Alla fine, il dottor Dini – dice nel chiudere il servizio Sigfrido Ranucci – ci ha inviato le note di credito. Dimostrano che ha restituito i soldi pagati dalla Regione. Ma a maggio, 40 giorni dopo e se fossimo maliziosi, ma non lo siamo, la restituzione coincide con il periodo in cui Report ha cominciato la sua inchiesta“.

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