Opinioni

Separare i più fragili dai meno fragili: l’illusione dei numeri

Elio Truzzolillo 02/11/2020

Si stanno moltiplicando le proposte che mirano a isolare anziani e malati per evitare restrizioni alle attività produttive e danni all’economia. L’idea sulla carta pare semplice: la CoViD 19 colpisce duramente gli anziani e i portatori di alcune patologie croniche, se potessimo isolarli e proteggerli il resto della popolazione potrebbe vivere e lavorare quasi normalmente. […]

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Si stanno moltiplicando le proposte che mirano a isolare anziani e malati per evitare restrizioni alle attività produttive e danni all’economia. L’idea sulla carta pare semplice: la CoViD 19 colpisce duramente gli anziani e i portatori di alcune patologie croniche, se potessimo isolarli e proteggerli il resto della popolazione potrebbe vivere e lavorare quasi normalmente.

lockdown anziani

Preliminarmente è meglio chiarire subito una cosa: non vi sono dubbi che sia auspicabile che le persone anziane e/o più fragili debbano proteggere se stesse ed essere nei limiti del possibile protette. Quello che si contesta è che questo permetterebbe al resto della popolazione di vivere normalmente (o quasi) e che si eviterebbero restrizioni e ingenti danni economici.

Il presupposto su cui si basa questa proposta riguarda soprattutto i decessi. L’età media dei decessi è 80 anni e il 72% riguarda gli over 70. La quasi totalità dei morti avviene tra gli over 60 con una percentuale del 94%.

La grande illusione di chi si basa su questi numeri è quella che isolando gli over 60 o gli over 65 o gli over 70 potremmo abbattere il numero dei decessi e con essi le drammatiche conseguenze della pandemia. Ma il punto, mi scuso per il cinismo, è che i morti non sono l’unico problema (lo scrivo con il massimo rispetto per il dolore dei congiunti ovviamente). Se per ipotesi le persone morissero istantaneamente e il resto della popolazione non si ammalasse il piano potrebbe funzionare e l’economia sarebbe salva. Il grande problema è in realtà il collasso del servizio sanitario nazionale. In una società moderna troppe persone interagiscono con e dipendono dal servizio sanitario. Screening diagnostici, accesso ai pronto soccorso, operazioni chirurgiche, cure oncologiche, controlli di routine, terapie ambulatoriali, vaccinazioni, trapianti, visite domiciliari, ecc., coinvolgono milioni di persone. Tutte queste prestazioni sono compromesse dall’intasamento delle strutture e dal sovraccarico di lavoro del personale sanitario che l’epidemia provoca. È già successo in alcune zone d’Italia a marzo-aprile e niente vieta che possa succedere di nuovo (ci sono già i primi segnali).

In un quadro del genere gruppi di parenti che irrompono in un pronto soccorso o in un’altra struttura sanitaria minacciando i medici e pretendo attenzioni per il proprio caro non sarebbe uno scenario improbabile.

È per questo motivo che mentre le persone comuni guardano al numero dei morti le autorità governative di tutti gli stati seguono con apprensione le proiezioni sul numero di ricoveri, sugli accessi ai pronto soccorso e sulla percentuale di terapie intensive occupate. È bene sottolinearlo, guardano le proiezioni non i numeri attuali perché data la crescita dei contagi le proiezioni future possono essere abbastanza precise. Ricoveri e terapie intensive, infatti, seguono di parecchi giorni i contagi. Il numero dei morti è, quindi, la punta di un iceberg di un numero molto più alto di persone che hanno richiesto cure domiciliari, che sono arrivate ai pronto soccorso, che hanno avuto bisogno di un ricovero prima e di una terapia intensiva dopo. È vero, quelli che poi muoiono sono in gran parte molto anziani ma solo perché gli altri di solito ce la fanno.

L’età media dei ricoveri e delle terapie intensive è molto più bassa di quella dei decessi. Non ho trovato numeri precisi per l’Italia ma molti addetti ai lavori parlano di un’età media dei ricoverati uguale o poco superiore ai 60 anni. Capite la differenza con l’età media dei decessi? Ci viene in aiuto il prof. Enrico Bucci che pubblica sulla sua pagina Facebook i dati statunitensi a cui possiamo fare riferimento per avere un’idea. Negli Stati Uniti gli over 65 rendono conto di solo il 40% dei ricoveri. È probabile che in Italia si arrivi al 50% ma questi sono gli ordini di grandezza. Questi sono i numeri che contano veramente quando si parla di collasso del servizio sanitario. Se per ipotesi riuscissimo a sigillare tutti gli over 65 (cosa impossibile), con l’epidemia lasciata libera di espandersi e levando le principali restrizioni, sarebbe comunque un disastro. Supponendo un tempo di raddoppio di 10 giorni dei ricoveri e delle terapie intensive, guadagneremmo solo 10 giorni dal momento in cui il sistema sanitario collasserebbe. A questo bisognerebbe aggiungere nell’ordine:

1) Centinaia di migliaia o milioni di persone sintomatiche che dovrebbero comunque assentarsi dal lavoro per molti giorni (con il virus lasciato libero di propagarsi a tutta la popolazione non sono numeri così assurdi). Si tenga inoltre conto che le segnalazioni di strascichi pesanti per la salute dopo la guarigione in alcuni soggetti anche giovani si stanno moltiplicando (ne sappiamo ancora poco).

2) 15 milioni di persone in meno che vanno al bar, al ristorante, per negozi, nei musei, che fanno gite, ecc. (cioè gli over 65 e altri malati cronici da isolare).

3) Centinaia di migliaia di persone over 65 che lavorano e che spesso ricoprono posizioni apicali. Si tratta di professori, medici, top manager, giornalisti, magistrati, imprenditori, gestori di esercizi commerciali, avvocati, tutte attività che cesserebbero di essere esercitate.

4) Paura diffusa tra le rimanenti persone che comunque uscirebbero molto meno volentieri di fronte a numeri dell’epidemia che farebbero impallidire quelli attuali.

In altre parole ciao ciao a tutti i millantati vantaggi economici dei fautori di questa soluzione che, tra l’altro, dovrebbe protrarsi per molti mesi cioè fino alla disponibilità di un vaccino o di una cura minimamente efficaci. Potrebbe andare addirittura peggio di un lockdown di qualche settimana che pure si spera di evitare (durante il quale molte attività produttive rimangono comunque aperte, ricordiamolo, nessuno in Europa ha chiuso stabilimenti produttivi e uffici). Francia, Germania e Gran Bretagna hanno già dichiarato lockdown generali e hanno lasciato aperte persino le scuole. Nessuno di questi stati ha puntato solo sull’isolamento delle persone fragili e anziane, forse perché non ci hanno pensato? Mi verrebbe da dire che quando si è gli unici ad avere un’idea semplice per risolvere un problema complesso o si tratta di un’idea assolutamente geniale o si tratta di un’idea stupida. Temo che si ricada nel secondo caso.

Ma c’è un ulteriore aspetto su cui ragionare. Come si isolano, per esempio, gli over 65? Non riusciamo neanche a garantire che il virus non entri nelle RSA (case di riposo) per il semplice fatto che ci lavorano dei dipendenti che non possiamo sigillare insieme alle persone che curano. Possiamo proibire agli anziani l’ingresso nei bar, nei supermercati, nei mezzi pubblici, negli uffici pubblici, con uno sforzo organizzativo non indifferente per soddisfare comunque le loro esigenze, ma possiamo isolarli? Possiamo dividere i conviventi? Le coppie sposate? I padri dai figli? Pensate solo a quanti trentenni in Italia vivono con i genitori. Possiamo isolare la persona con il diabete, obesa, immunodepressa o con l’asma dal resto della famiglia? La persona anziana dalla sua badante? In Italia ci sono quasi due milioni tra badanti, colf e similari, moltissime delle quali supportano persone anziane che si fa? Si isolano anche queste persone?

E ancora, gli anziani e i malati cronici non hanno spesso bisogno di visite di controllo e terapie ambulatoriali? Chi li accompagna se inibiamo loro i mezzi pubblici? In una società dove il virus circolerebbe molto di più di quanto fa con le attuali restrizioni, non si moltiplicherebbero i rischi anche per queste persone che si pretende di isolare e che già adesso devono prendere molte precauzioni?

anziani lockdown coronavirus

E poi ci sono delle contraddizioni che sfiorano il ridicolo. Molte regioni stanno facendo bandi e appelli per richiamare i medici o altro personale sanitario in pensione. Il bisogno di anestesisti, rianimatori, esperti in malattie infettive o dell’apparato respiratorio, radiologi, infermieri, ecc., sta diventando e diventerà sempre più una necessità imprescindibile. Che si fa con queste persone? Le si manda al macello in un mondo dove il virus viene lasciato libero perché qualcuno ha deciso che non vuole smettere di farsi gli aperitivi con gli amici? I medici… sono moltissimi i medici anziani che dovrebbero essere interessati da questo isolamento. L’età media dei medici ospedalieri o che lavora nelle Asl è oggi di 51 anni. La giornalista scientifica Roberta Villa ha eseguito una ricerca sui dati dell’ordine dei medici e gli over 60 costituiscono circa il 40% del totale. È possibile che alcune di queste persone non esercitino più neanche nel settore privato e che abbiano deciso di rimanere iscritti continuando a versare la quota annuale per puro senso di appartenenza, ma è certo che dovremmo rinunciare all’apporto di decine di migliaia di medici e tecnici sanitari.

C’è infine un altro punto da sottolineare. Più alziamo la soglia di età delle persone da isolare (per esempio gli over 75) più questo isolamento avrà discrete possibilità di riuscire almeno parzialmente, ma meno sarà efficace per prevenire il collasso del servizio sanitario. Più abbassiamo questa soglia (per esempio over 55-60) meno sarà fattibile ottenere un isolamento efficace e maggiori saranno i danni economici da sopportare. La coperta è quindi troppo corta.

In conclusione la protezione degli anziani e dei fragili è qualcosa a cui dovremmo tendere, ma non è possibile pensare che sia un modo per garantire al resto della popolazione di vivere “liberamente” e senza eccessive restrizioni. Precauzioni, prudenze e piccoli sacrifici dobbiamo farli tutti e più saremo attenti meno restrizioni dovremo sopportare nei prossimi mesi. I ritrovi privati (nelle case e fuori dalle attività lavorative e scolastiche) devono essere limitati nella frequenza e soprattutto nel numero di partecipanti, solo così il virus si rallenta. A questo servono i lockdown, le restrizioni e gli obblighi, cioè a farci fare quello che potremmo benissimo fare da soli se riservassimo i nostri istinti libertari per cause più nobili. Altrimenti si arriva al punto in cui siamo adesso (al netto delle gravi responsabilità di chi ci governa a ogni livello per non aver fatto quello che andava fatto, sia chiaro).

Perché le soluzioni semplici ai problemi complessi sono esattamente quello che chiamiamo populismo. Come si noterà non ho neanche toccato le implicazioni etiche o psicologiche che comporterebbe isolare per mesi milioni di persone persino dai propri familiari. Questo sarebbe un altro capitolo che meriterebbe approfondimenti e riflessioni tutt’altro che banali.

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