Se la disoccupazione torna a salire nel marzo del Jobs Act

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-04-30

Un numero imprecisato ma interessante di ascari da alcuni mesi applaudiva a ogni vagito nel mercato del lavoro dicendo che era merito del Jobs Act allora non ancora in vigore. E quando si faceva notare l’assurdità della posizione, regolarmente scompariva gridando al complotto. Ai primi di marzo è entrato in vigore invece ufficialmente il Jobs …

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Un numero imprecisato ma interessante di ascari da alcuni mesi applaudiva a ogni vagito nel mercato del lavoro dicendo che era merito del Jobs Act allora non ancora in vigore. E quando si faceva notare l’assurdità della posizione, regolarmente scompariva gridando al complotto. Ai primi di marzo è entrato in vigore invece ufficialmente il Jobs Act e i dati dell’Istat sul mese disegnano numeri negativi su tutti i fronti per l’occupazione.
jobs act marzo
 
Così come era stupido sostenere che fosse merito del Jobs Act quando non era in vigore, però, è giusto ora sottolineare che è troppo presto per vedere qualsivoglia effetto della riforma del mercato del lavoro. Anche in questo caso, come per quelli precedenti, si tratta ancora di rimbalzi statistici di poco conto. Ma di sicuro c’è quello che si diceva qualche tempo fa: più flessibilità non vuol dire necessariamente più disoccupazione. E così come l’articolo 18 non frenava la crescita delle imprese, se in Italia, come tutti ci auguriamo, tornerà a salire l’occupazione sarà perché tornerà a salire il prodotto interno lordo. E qui, come si suol dire, l’asino fa un tonfo piuttosto grosso: con il Quantitative Easing tutte le economie europee hanno cominciato a godere di un periodo di forte spinta alla crescita. In due anni solo per l’Italia il bazooka di Draghi porterà una ulteriore crescita del PIL pari all’1,4%. Ma – e qui sta il punto – la crescita italiana sembra per ora essere soltanto sfiorata dal bengodi di Francoforte. Con una così potente opera di rottamazione in atto, il paese continua a crescere meno dell’Europa, come a confermare – ma noi lo avevamo già sospettato – che non erano D’Alema, Bindi e Bersani il problema. A questo punto s’impone anche un altro pronostico: nemmeno l’Italicum è la soluzione. Renzi si dimostra un abilissimo giocatore sul tavolo della politica, che sta sbaragliando (soprattutto) i suoi concorrenti interni. Ma la politica è appunto un gioco. La realtà invece non ha ancora intenzione di #cambiareverso.


 

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