Scuole (in)sicure, quei fondi non spesi

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-10-13

L’investimento del governo nel piano per gli edifici scolastici è stato massiccio. Ma in molti casi i finanziamenti non sono stati erogati

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Un piano da sette miliardi frenato da ritardi e burocrazia. La Repubblica oggi fa il check up del piano per le scuole sicure a due anni e mezzo dall’annuncio di Matteo Renzi. E si scopre che l’investimento del governo Renzi sull’edilizia scolastica è stato notevole, il più forte da molti governi in qua, ma i denari ad oggi davvero arrivati alle ditte sono poco più di un decimo di quelli annunciati o stanziati. L’11,9 per cento, precisamente. Il pagamento fatto segnala che un cantiere è stato chiuso e consegnato o, perlomeno, è in uno stato lavori avanzato. Nel Lazio ad esempio la Regione Lazio ha stanziato 88 milioni di fondi regionali per interventi di messa in sicurezza; di questi 37,5 solo per Roma per 89 scuole. Gli interventi non sono partiti: sono state già concesse al Comune due proroghe e se ne sta valutando una terza. Altri 3 milioni e 600 mila derivanti dai Fondi Bei erano destinati, in parti uguali, a tre scuole romane: Pisacane, Taggia-Sordi e materna Pozzi.: i lavori sono ancora da ultimare. I 50 milioni di euro delle casse comunali indirizzati all’adeguamento antincendio fissati dal commissario Tronca sono fermi. La Ragioneria imponeva l’avvio dei lavori entro dicembre 2016. Non si partirà prima del 2017.

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I fondi per le scuole sicure (La Repubblica, 13 ottobre 2016)

Spiega il quotidiano:

Ci sono comuni iperattivi che hanno chiesto mutui per problemi risolvibili in proprio e altri che hanno scuole impraticabili e, commissariati, neppure hanno avviato la pratica “ristrutturazio
ne scuola”. La Regione Sicilia, probabilmente quella con il peggior patrimonio edilizio scolastico nel paese, ha chiesto finanziamenti solo per 175 edifici quando la Lombardia si è attivata per 671, la Sardegna per 805. Non sono neppure le disfunzioni periferiche, tuttavia, la spiegazione degli investimenti che non diventano cantieri. La vera questione è che muovere questa massa di lavori dopo anni d’inerzia è una fatica d’Ercole e che, a fronte di un patrimonio da recuperare «con 13 miliardi di euro» (stime della Protezione civile), nel 2015 il governo ha dovuto dire “no” a 5.036 scuole su 6.251, più dell’80 per cento.
Per il 2015 c’erano 905 milioni della Banca europea degli investimenti da girare — 40 milioni l’anno per trent’anni (le rate del mutuo) — a chi ne aveva fatto richiesta. Bene, in questo primo finanziamento non sono entrati più di 1.215 istituti scolastici. Dopo il 15 ottobre si scoprirà quanti sono riusciti a rientrare. Se si va a vedere al microscopio quella cifra (i 905 milioni di Fondi Bei erogati per il primo anno) si scopre che sono stati fin qui liquidati solo 140 milioni, di fronte a “un bilancio triennale” di 2,8 miliardi (è la cifra che il governo fornisce). Su molte voci si scopre una distanza tra cifra “messa a bilancio” e quella erogata. I Fondi Pon — i strutturali europei — fino al 2020 valgono 1.025 milioni, ma fin qui sono stati “pagati” solo 30 milioni. Sulle scuole nuove — finanziate dai comuni con lo sblocco del Patto di stabilità — per il triennio ci sono 724 milioni nel triennio, ma quelli poi liberati sono 224. I 350 milioni previsti per le 51 scuole innovative, per ora, sul territorio hanno prodotto zero ricchezza.

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