Report, i camici della Regione Lombardia e tutta la storia delle contraddizioni di Fontana

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-06-09

DAMA SPA compare regolarmente nell’elenco fornitori della società regionale Aria. Ma a differenza di altre aziende fornitrici, non ha sottoscritto il “patto d’integrità” del 2019, che comprende anche la dichiarazione di assenza di conflitti d’interesse. Ieri il governatore e Andrea Dini hanno continuato a sostenere la tesi dell’A mia insaputa. Ma…

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Dopo le minacce e le diffide di Attilio Fontana, il servizio di Giorgio Mottola sui camici forniti dalla DAMA SPA, azienda riconducibile alla moglie e al cognato del governatore della Lombardia, prima a pagamento e poi in donazione arriva finalmente a Report.

Report, i camici della Regione Lombardia e tutta la storia delle contraddizioni di Fontana

La storia comincia quando Regione Lombardia chiede ad ARIA, azienda regionale che si occupa di acquisti, di comprare dispositivi di protezione individuale. Nel registro online degli acquisti ne manca uno, ovvero proprio quello di DAMA che attraverso una procedura negoziata (niente gara, aggiudicazione diretta), ha portato a casa una fornitura di camici per 513mila euro. L’affidamento diretto di denaro pubblico viene firmato da Aria, la centrale acquisiti della Regione, creata circa un anno fa su input dell’assessore al Bilancio, il leghista Davide Caparini. Negli elenchi dei fornitori presenti sul sito di Aria con molta difficoltà si trova la ditta Dama Spa.

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Dama SPA è la ditta della famiglia Dini, che produce il marchio Paul & Shark: Roberta e Andrea Dini sono proprietari. La fornitura non compare nel registro ma in una pagina interna c’è un elenco di affidamenti diretti, anche se non si specifica cosa è stato venduto e a che prezzo. Compare il nome, ma non si comprende bene cosa si venda e a che prezzo. La Dama, però, è una società nota che detiene il famoso marchio Paul&Shark. Il suo ceo è Andrea Dini, fratello di Roberta, moglie di Attilio Fontana. La first lady regionale è poi parte attiva dell’impresa in quanto vi partecipa come socia al 10% attraverso la Divadue Srl. La Diva Spa, invece, detiene il 90% di Dama Spa. La Diva Spa inoltre ha come socio al 90% una fiduciaria del Credit Suisse che amministra un trust denominato “Trust Diva”.

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Per questo Mottola va a chiedere a Dini dell’appalto, ma lui parla subito di una donazione: “Sono un’azienda lombarda, devo fare il mio dovere”. E Dini per una prima volta si eclissa dal citofono di casa sua, dove stava rispondendo. La fornitura è di 75mila camici e 7mila tra cappellini e calzari per 513mila euro. Si specifica che il pagamento avverrà tramite bonifico a sessanta giorni dalla data di fatturazione. Il quadro così ricostruito viene presentato dall’inviato ad Andrea Dini, che al citofono risponde: “Non è un appalto, è una donazione. Chieda pure ad Aria, ci sono tutti i documenti”. Davanti all’ordine di forniture, Dini mette giù. Poi è costretto ad ammettere: “Effettivamente, i miei, quando io non ero in azienda durante il Covid, chi se ne è occupato ha male interpretato, ma poi me ne sono accorto e ho subito rettificato tutto perché avevo detto ai miei che doveva essere una donazione”.

Ma quando Mottola parla della documentazione, la sua versione cambia rispetto a quella iniziale che parlava di una semplice donazione: “Chi se ne è occupato ha male interpretato la cosa, io ho detto ai miei che doveva essere una donazione, abbiamo fatto note di credito e non avremo mai un euro da Area. Io non ero in azienda. I miei l’hanno fatto a mia insaputa, appena l’ho saputo…”.

Le note di credito arrivano però tra 22 e 28 maggio, quando Report comincia a occuparsi della storia, e ammontano a 359mila euro, ne mancano quindi 153mila euro. La volontà di donare però si è manifestata solo in un secondo momento: solo il 20 maggio arriva la decisione di donare tutto, prima aveva anche emesso fattura per ricevere i soldi. La restituzione coincide con le prime domande mandate da Report sulla vicenda.

I camici di Fontana all’insaputa del governatore

Anche Fontana dice che non sapeva nulla della storia. Il Fatto Quotidiano spiega su cosa indaga oggi la procura di Milano:

Eppure l’affidamento diretto a una azienda controllata dalla moglie e dal cognato del presidente della Regione configura un imbarazzante conflitto d’interessi. Potrebbe in astratto comportare anche u n’ipotesi d’accusa di abuso d’ufficio, mala Procura milanese, in attesa di compiere accertamenti, ha aperto soltanto un fascicolo a modello 45, cioè senza indagati né ipotesi di reato. All’ufficio diretto dal procuratore Francesco Greco era arrivata nelle scorse settimane una segnalazione proveniente dall’interno di Aria, la centrale acquisti della Regione Lombardia. Una segnalazione da Aria risulta sia arrivata anche alla Procura di Como.

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DAMA SPA compare regolarmente nell’elenco fornitori della società regionale Aria. Ma a differenza di altre aziende fornitrici, non ha sottoscritto il “patto d’integrità” del 2019, che comprende anche la dichiarazione di assenza di conflitti d’interesse. Così, in piena emergenza Covid, l’azienda aveva potuto presentare un’offerta commerciale alla Regione per la fornitura di camici, copricapi e calzari sanitari. Aria aveva accettato l’offerta, firmato l’ordine di fornitura il 16 aprile e il 30 aprile aveva ricevuto una regolare fattura, con pagamento previsto a 60 giorni. Soltanto il 22 maggio (dopo che il giornalista di Report aveva chiesto spiegazioni aDini e Fontana) erano cominciate ad arrivare in Regione note di storno di Dama spa che annullavano le richieste di pagamento.

Ma le donazioni prevedono tutt’altra procedura, spiega uno specialista, l’avvocato Mauro Mezzetti: “Intanto non basta la decisione del solo rappresentante legale: è necessaria una decisione del consiglio d’amministrazione di cui deve essere informato il collegio sindacale, perché sia garantito che la donazione non danneggia l’azienda donatrice. Poi, se non si tratta di una donazione di beni di modico valore (e mezzo milione di euro non mi pare sia un valore modico)”, continua l’avvocato Mezzetti, “ci vuole un atto notarile, sottoscritto con la presenza di due testimoni e la redazione di una nota firmata da chi dona, da chi riceve e dal notaio”. Non solo: “L’atto di donazione va registrato entro venti giorni – conclude Mezzetti – altrimenti scattano sanzioni, perché le donazioni sono sottoposte a un’imposta dell ’8 per cento,con pene pecuniarie per chi non paga”.

Leggi anche: Le contraddizioni di Attilio Fontana sull’appalto dei camici a moglie e cognato

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