Opinioni

Renzi e l’operazione distruggere

Giuseppe Giusva Ricci 23/05/2018

…quindi non mi sbagliavo quando due anni fa, nella “Lettera aperta a Matteo Renzi” sostenevo che Renzi “degradando il partito, sta[va] rischiando di lasciare il Paese a nazisti di verde vestiti; con la [s]ua mala-educazione irrit[ava] tanti individui “perbene” che cad[eva]no nella rabbia organizzata da un gruppo di smanettoni Internet-dipendenti, carichi tanto di voglia di onestà […]

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…quindi non mi sbagliavo quando due anni fa, nella “Lettera aperta a Matteo Renzi” sostenevo che Renzi “degradando il partito, sta

[va]rischiando di lasciare il Paese a nazisti di verde vestiti; con la [s]ua mala-educazione irrit[ava]tanti individui “perbene” che cad[eva]no nella rabbia organizzata da un gruppo di smanettoni Internet-dipendenti, carichi tanto di voglia di onestà quanto di probabile ingenuità e pericolosa inesperienza”*.

È andata come è andata, e mi spiace che i vertici del PD siano ancora lì a rappresentare una base che merita certamente delegati migliori. La chiamano sconfitta, ma non è una sconfitta, è il fallimento generale del progetto (mostruoso) che in troppi cosiddetti leader (del passato) hanno contribuito a generare.
Ma cosa vi aspettavate? Eh!? Veramente pensavate che un Matteo Renzi qualunque potesse sopportare il nobile peso della storia del più importante partito di sinistra d’Europa svincolandosi dagli obblighi morali e dalle qualità intellettuali che invece quel compito avrebbe dovuto sottendere?
È stato un percorso lungo, dieci anni, esattamente dal 2007 (proprio lo stesso anno del primo VaffaDay Grillino), ma chi doveva riuscire nella distruzione di un patrimonio culturale e sociale inestimabile è riuscito nel suo intento.

matteo renzi maurizio martina

Matteo Renzi è una delle disgrazie che il mondo Politico ha dovuto subire a prescindere dalle già infauste esperienze dalemiane e berlusconiane di cui, in fondo, il “nostro” Matteo è solo la sommatoria distorta e avariata, un rottamatore-devastatore scaltro che ha concretato le parole di Gramsci: “Fare il deserto per emergere e distinguersi. Una generazione vitale e forte, che si propone di lavorare e di affermarsi, tende invece a sopravvalutare la generazione precedente perché la propria energia le dà la sicurezza che andrà anche più oltre; semplicemente vegetare è già superamento di ciò che è dipinto come morto. Si rimprovera al passato di non aver compiuto il compito del presente: come sarebbe più comodo se i genitori avessero già fatto il lavoro dei figli. Nella svalutazione del passato è implicita una giustificazione della nullità del presente: chissà cosa avremmo fatto noi se i nostri genitori avessero fatto questo e quest’altro…, ma essi non l’hanno fatto e, quindi, noi non abbiamo fatto nulla di più.”

[Quaderni dal carcere Vol. 4, 1929-1935]

Insomma, il club che da qualche anno gestisce quello che dovrebbe essere il partito più popolare (nel senso più nobile del termine) è evidentemente costituito, risultati alla mano, da individui che hanno cessato da tempo di contemplare nella società reale l’esistenza della povertà, del disagio, delle difficoltà e della decadenza generale che andrebbe tamponata a qualsiasi costo: quindi quella stessa massa popolare si è spostata vorticosamente, nonostante ancora diversi milioni di individui – pieni di speranza – intravedano nelle radici del partito che fu il PCI delle giuste istanze politiche.
Mi chiedo se giungerà il giorno in cui Renzi e la sua cerchia si renderanno conto di quello che hanno combinato, e sono perplesso nel desiderare che se ne rendano conto, perché non credo che impalpabili come sono riuscirebbero a sopportare il peso della consapevolezza del proprio operato. Mi chiedo come e perché nonostante la sconfitta storica, Renzi e altri riescano ancora a mostrarsi orgogliosi, a presentarsi truccati alle luci e alle telecamere ignorando responsabilità che sono infinitamente più gravi dello stesso risultato elettorale.

salario minimo matteo renzi

Le risposte, per me, le ho. Quando si parla del renzismo e del declino parallelo che ha investito il PD sarebbe superficiale osservare e fare riferimento solo al risultato elettorale. Se il PD fosse un’azienda (paragone che tanto piace a chi si è accomodato al neolibersimo ma continua a dirsi di sinistra) quello che è accaduto sarebbe paragonabile a un gravissimo e destabilizzante crollo dei ricavi e degli utili che condannerebbe al licenziamento immediato l’Amministratore Delegato. Ma, anche secondo questa triste metafora, la condizione risulta ancora peggiore, perché il PD come marchio politico-ideologico-culturale si ritrova oggi, dopo la gestione Renzi, a non essere più sinonimo di garanzia e di trasparenza e relativa onestà istituzionale: il marchio è stato letteralmente sputtanato e necessiterà di un enorme lavoro per riposizionarsi sul mercato elettorale. Insomma, partendo dai valori della Resistenza partigiana altri decenni di lavoro, passioni, lotte, sconfitte, risultati e dolorose trasformazioni sono stati buttati nel cesso da appena tre anni (stando ai numeri) di segreteria debosciata, e non casualmente post-democristiana.
Il Renzismo è stato ed è un fenomeno che va al di là dell’uomo Renzi, e si basa sulle più moderne tecniche persuasive legate al culto della personalità e alla cura dell’immagine; è in definitiva la summa dell’evoluzione politico-culturale italiana, che in generale prevede l’asservimento più o meno discreto dei poteri istituzionali ai macrointeressi economici nazionali e internazionali. È stato ed è l’accettazione della cultura berlusconiana e del modernismo che tutto sottomette all’individualismo e al dio denaro: questi ragazzetti della Mediaset Generation non hanno altro che la loro vanità, il loro carrierismo, l’unica entità a cui credono di dover rispondere.

matteo renzi pd mdp

Se c’è un aspetto “odioso” del Renzismo è l’aver esaltato e sfruttato tantissimi trentenni ora prematuramente costretti a ripudiare il loro idolo di cartapesta, in modo da riposizionarsi, anche loro senza chiedere scusa per aver bistrattato chi per anni (e non stiamo parlando dei corresponsabili D’Alema e compagnia bella) li ha avvertiti del nefasto futuro che stavano preparando per il Partito.

*NemiciPolitici_PubbliciNemici, Giuseppe Giusva Ricci, 2017

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