Referendum autonomia Veneto Lombardia, come buttare 64 milioni di euro

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-10-03

La consultazione per l’autonomia delle due regioni del Nord non serve a nulla. Per attivare la richiesta basta una lettera del governatore al governo. Ma in questo caso non c’è nessuno che si lamenta per i soldi e il tempo sprecato come per lo ius soli e le unioni civili. Chissà perché

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Cinquanta milioni di euro, di cui solo 22 per l’acquisto dei 24mila tablet per il voto, in Lombardia. Quattordici, secondo le previsioni, in Veneto. Questo è il costo del referendum per l’autonomia del Veneto e della Lombardia che andrà in scena il 22 ottobre e per il quale nessuno stranamente dice che i governanti dovrebbero occuparsi di altro, come succede per lo ius soli, l’accoglienza dei migranti e le unioni civili.

Referendum autonomia Veneto Lombardia, come buttare 64 milioni di euro

Eppure le caratteristiche per gridare all’indignazione ci sono tutte. Anche perché, come spiega oggi il Corriere della Sera, nell’immediato dopo il risultato non cambierà proprio nulla: in caso di successo spetterà alle due amministrazioni avviare le trattative con lo Stato centrale. In ogni caso Lombardia e Veneto non diventeranno Regioni a statuto speciale (ci vorrebbe un’apposita modifica costituzionale) né potranno gestire in proprio materie come sicurezza e immigrazione, come invece auspicano i governatori leghisti. Il pacchetto di materie potenzialmente delegabili dovrà però imporre per forza di cose una diversa ripartizione delle risorse, secondo la logica del «più competenze, più fondi». Non a caso Maroni e Zaia assicurano che attraverso questa via si potrà iniziare a ridurre il residuo fiscale, la differenza cioè tra quanto le Regioni versano in tasse a Roma e quanto ricevono in servizi.
referendum autonomia veneto lombardia
Non a caso però il governo sta spiegando da mesi ai due governatori che la scelta del referendum è soltanto uno spreco di soldi e di tempo: «I due referendum sfondano in realtà una porta aperta», dice De Vincenti al Messaggero, «ma va ricordato che per attivare, come chiedono i due quesiti referendari, la procedura prevista dall’articolo 116 della Costituzione in materia di “ulteriori forme di autonomia” c’è una strada, scelta dall’Emilia Romagna, più rapida e meno costosa: basta una lettera del presidente della Regione. E su questo il governo è del tutto aperto al confronto. Tant’è che comunque vadano i due referendum, da parte nostra c’è totale disponibilità al dialogo».

I soldi buttati per la propaganda leghista

Infatti Matteo Salvini in un’intervista alla Stampa oggi frena, forse accorgendosi che la richiesta di maggiore autonomia da parte dei due governatori leghisti al Nord va un po’ a cozzare con il suo progetto di allargare i consensi del Carroccio al Sud: «Io giro molto, in tutta Italia e in tutto il Nord. E mi sembra che sia chiaro a tutti che l’assetto migliore per il Paese sia quello federale. Insomma, non ci sono nostalgie per la Padania. Portiamo a casa questi referendum, intanto».

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Fonte: Libero del 09/03/2017

Nessuna nostalgia per la Padania, sostiene Salvini. Anche se i referendum sono proposti da chi la Padania l’ha cercata per anni senza ottenerla. Si parla di ventisei competenze in tutto: dai giudici di pace alla sicurezza del lavoro, dalla tutela dell’ambiente ai beni culturali.

A chi serve il referendum sull’indipendenza fiscale?

E quindi non è automatico che ad un’eventuale vittoria dei Sì (i voti in Veneto e in Lombardia verranno ovviamente conteggiati separatamente) ai due quesiti referendari il Governo possa concedere l’autonomia fiscale alle due Regioni a guida leghista. Zaia e Maroni sono convinti che la maggior parte dei loro concittadini si esprimerà a favore di una maggiore autonomia, anche in virtù degli schieramenti emersi in Consiglio Regionale Veneto dove assieme al Centrodestra anche il MoVimento 5 Stelle ha votato a favore per l’approvazione dell’istituzione del referendum (il PD si è astenuto). L’ostacolo maggiore non è quindi la vittoria dei sostenitori dell’autonomia fiscale, dell’indipendenza degli schei, ma quello che succederà dopo. Con chi tratteranno Maroni e Zaia? Con il Governo Gentiloni (se ci sarà ancora) o aspetteranno di vedere chi vincerà le elezioni politiche se si andrà a scadenza naturale della legislatura, quindi nel 2018?
referendum indipendenza veneto lombardia - 1
Le richieste delle due Regioni sono chiare ma in una trattativa dovranno cedere qualcosa per portare a casa il risultato. Dulcis in fundo: per rendere concreta l’autonomia di Veneto e Lombardia sarà necessaria una modifica costituzionale, quindi una legge costituzionale. È abbastanza evidente che in questa Legislatura il Parlamento non potrà fare alcuna legge di modifica della Costituzione (l’articolo 116 richiede che l’intesa tra lo Stato e la Regione venga approvata dalla maggioranza assoluta in entrambe le Camere), ed è da vedere se nel prossimo la maggioranza avrà i numeri e la capacità di trovare un accordo. Di questo però nulla si sa e non si parla ancora, meglio cullare sogni di gloria (e di vittoria) che sicuramente verrebbero usati dalla Lega Nord per darsi una grande spinta in vista delle prossime elezioni politiche. E forse è tutto qui il senso dell’operazione autonomista di Zaia e Maroni, dare una mano al Salvini Nazionale ad arrivare al Governo. C’è quindi da chiedersi, ha senso far pagare ai cittadini (veneti o lombardi) il costo della propaganda leghista?

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