Referendum Svizzera, cosa cambia per gli italiani

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-09-26

Il 58% dei ticinesi ha votato Sì alla proposta di legge di iniziativa popolare per mettere un tetto alle assunzioni di lavoratori stranieri. Ma per il momento le cose rimangono così come sono, anche perché la UE potrebbe aprire una procedura d’infrazione

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Ieri il Canton Ticino ha approvato con il 58% dei Sì la proposta di referendum cantonale ribattezzata “Prima i nostri” ed avanzata dal partito populista UDC. L’intento è quello di porre un freno all’afflusso in Svizzera di lavoratori stranieri, i cosiddetti “frontalieri” che ogni giorno fanno i pendolari dall’Italia per andare a lavorare in Svizzera. Ma il giorno dopo cosa cambia davvero per tutti i nostri connazionali (diverse decine di migliaia) che hanno un lavoro in Svizzera? La proposta di legge mira a dare precedenza ai residenti al momento dell’offerta del contratto di lavoro, ma allo stato attuale una legge ancora non c’è.

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I tre punti principali della proposta di legge avanzata dall’UDC e sottoposta a referendum il 25 settembre

La proposta dovrà essere ratificata dal Gran Consiglio (e dal governo federale)

Ieri non si è votata e approvata una legge ma una proposta di legge di iniziativa popolare ovvero, non c’è ancora una legge che dà la preferenza ai residenti ticinesi (sia che siano cittadini elvetici che stranieri) in materia di assunzioni nei posti di lavoro. La legge, se ci sarà, dovrà essere discussa ed approvata al Gran Consiglio del Ticino (il parlamento cantonale). Di fatto quindi la vittoria al referendum di domenica certifica che la maggioranza dei ticinesi vorrebbe questa legge ma allo stato attuale delle cose non cambia nulla per i lavoratori stranieri che varcano ogni giorno il confine per lavorare in Svizzera. Inoltre c’è il problema relativo al fatto che la regolamentazione del mercato del lavoro è di competenza del governo e dell’Assemblea Federale di Berna. Ed infatti Governo e Parlamento avevano espresso la loro contrarietà alla mozione avanzata da UDC e Lega dei Ticinesi ma, alla luce del risultato della consultazione, hanno promesso l’apertura di un tavolo di lavoro per trovare una soluzione in grado di garantire la volontà della maggioranza. Di fatto quindi la proposta di tutelare i lavoratori locali (a parità di mansioni) rispetto ai frontalieri è al momento solo una proposta che non cambierà molto nell’immediato futuro le condizioni di lavoro dei nostri connazionali che si recano in Svizzera a lavorare. E probabilmente in futuro, ammesso e non concesso che una legge del genere venga approvata, la questione riguarderebbe coloro che cercano lavoro e non quelli che sono già stati assunti.
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L’apertura di nuovo fronte per l’Unione Europea dopo il referendum sulla Brexit?

Dal momento che tasso di disoccupazione del Canton Ticino è pari al 3,1% l’iniziativa Prima i nostri non è motivata da problemi occupazionali quanto dal fatto che la presenza di lavoratori italiani e l’aumento della concorrenza favorisca un generale abbassamento dei salari. Verrebbe quasi da dire, è il libero mercato, bellezza, se non fosse che lo stesso problema lo hanno vissuto molti lavoratori italiani i cui posti di lavoro sono stati tagliati da tutte quelle aziende che dopo il boom hanno delocalizzato la produzione nell’Est Europa e successivamente in Asia. Di fatto però sono le aziende svizzere a guadagnarci da questa situazione, aziende i cui titolari sono per la maggior parte svizzeri e non italiani, forse per loro Prima i nostri significa qualcos’altro. Ma oltre ai problemi relativi alle normative federali e all’iter di una proposta di legge che potrebbe anche non vedere la luce c’è da tenere conto del fattore Europa. La Svizzera ha infatti stipulato degli accordi commerciali con l’Unione Europea, accordi riguardanti la libera circolazione delle merci che però l’UE ha sempre legato anche alla libera circolazione delle persone e, quindi, dei lavoratori. È lo stesso problema che si troverà di fronte il Regno Unito qualora decidesse di attivare l’articolo 50 del Trattato di Lisbona e uscire dal mercato unico europeo. E pare proprio questo il punto principale di tutta la contesa sulla pelle dei frontalieri, lo ha detto Mario Chiesa (deputato a Berna per l’UDC): «non vogliamo più ingerenze della Ue nella gestione della nostra politica migratoria, la nostra posizione ricalca quella della Brexit». A tal proposito il portavoce della Commissione Margaritis Schinas ha dichiarato la Commissione europea ha preso nota del risultato del referendum che “richiede l’avallo del governo federale”. Il timore della Commissione è però quello che l’esito del voto ticinese “possa rendere ancora meno facile il negoziato già difficile” attualmente in corso tra UE e Svizzera sulla libera circolazione delle persone: «sono in corso colloqui intensi fra Ue e Svizzera per trovare soluzioni che tengano conto dei risultati dei referendum popolari sulla libera circolazione  il voto di ieri rende la situazione ancora meno facile: entro la fine di ottobre avremo l’occasione in un prossimo incontro con le autorita’ federali di affrontare la situazione». Schinas ha anche ricordato che il Presidente della Commissione Jean-Claude Juncker «ha sempre chiarito che le quattro libertà fondamentali del mercato interno sono inseparabili e per quanto riguarda la Svizzera questo significa che la libera circolazione e’ fondamentale. Ogni soluzione dovra’ essere approvata all’unanimita’ dagli Stati Ue e dalla Commissione». Le quattro libertà fondamentali del Mercato Unico europeo sono la libera circolazione delle persone, la libera circolazione dei servizi, la libera circolazione delle merci e la libera circolazione dei capitali. Nessun paese europeo fin’ora ha ottenuto la negoziazione di accordi commerciali con la UE che non prevedessero il pacchetto completo dei quattro principi inderogabili dell’Unione. Questo dovrebbe tenerlo presente anche Matteo Salvini, stranamente taciturno sulla questione elvetica, che oggi è tornato a chiedere l’abolizione del trattato di Schengen e della libera circolazione delle persone.
 
 
 

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