Quei cinque milioni di italiani in povertà assoluta

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-01-03

Più che raddoppiato il numero di italiani in condizioni di indigenza dall’inizio della crisi. E il Reddito di Inclusione Attiva non basterà

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La povertà in Italia è cresciuta. Nel 2007 erano 1,8 milioni le persone sotto la soglia di indigenza assoluta calcolata dall’ISTAT, adesso siamo a 4 milioni e 598mila cittadini, il 7,6% della popolazione, pari a 1,8 milioni di famiglie. Oggi Repubblica questa infografica a corredo di un articolo di Filippo Santelli che visualizza l’incidenza della povertà assoluta tra le famiglie per classe di età del capofamiglia. L’istituto fissa la soglia della povertà assoluta calcolando il valore a prezzi correnti di un paniere di beni e servizi considerati essenziali per un nucleo familiare, valutando numero ed età dei componenti e capoluogo di residenza. Per una famiglia di due figli in una città del Nord è 1534 euro, al Sud scende a 1184 euro. Per un single la soglia è fissata a 787 euro.

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L’incidenza della povertà assoluta nelle famiglie secondo ISTAT (La Repubblica, 3 gennaio 2016)

Prima, la povertà toccava solo alcune parti della nostra società, ora le raggiunge tutte. Ha risparmiato solo i più anziani, i nuclei con capofamiglia sopra i 65 anni. Ma ha travolto le nuove generazioni: lì dove il capofamiglia ha meno di 44 anni è salita in otto anni dal 3,2 all’8,1%; dove ha meno di 34 anni si è impennata dall’1,9 al 10,2%. In quelle case vivono oltre un milione di minorenni per cui ogni mese è a rischio l’accesso ai beni di prima necessità.

Il reddito di inclusione attiva che il governo vuole utilizzare per sostenere questi nuclei familiari, spiega l’Alleanza contro la povertà, non basterà:

Un assegno mensile del valore massimo di 400 euro per famiglia che cerca di uscire dalla logica dell’assistenzialismo, chiedendo ai beneficiari di impegnarsi nella formazione e nella ricerca un impiego, e di far rispettare ai figli gli obblighi di frequenza scolastica. Testato nel 2013 dal governo Letta in dodici grandi città, l’anno scorso la sperimentazione è stata estesa dal governo Renzi sotto l’etichetta di sostegno per l’inclusione attiva, con risorse per 750 milioni. L’esecutivo ora vuole rendere il reddito di inclusione strutturale dal 2017, accelerando l’iter della delega in Senato o agendo con un decreto. Lo stanziamento già nero su bianco di oltre un miliardo permetterà di allargare la platea dei beneficiari.
Nel 2016 l’assegno, 80 euro al mese per ogni componente della famiglia, doveva raggiungere circa 200 mila nuclei con reddito Isee inferiore ai 3mila euro l’anno, e almeno un figlio minorenne. Fanno poco più di 800 mila individui, di cui la metà under 18. Con le risorse extra quei numeri potrebbero salire della metà. Ma non basterà ancora per sostenere tutti i minori in povertà. E tanto meno permetterà di raggiungere l’intera platea delle famiglie in difficoltà. Secondo i calcoli dell’Alleanza contro la povertà, il gruppo di 35 associazioni che per primo ha proposto il reddito universale di inclusione, presente in quasi tutta Europa tranne Italia e Grecia, anche con 1 miliardo e mezzo si coprirebbe solo il 30% dei nuclei. Per renderlo strutturale ci vorrebbero circa 7 miliardi l’anno, lo 0,4% del Pil. Più o meno la distanza che oggi corre tra la spesa pubblica destinata alla lotta contro la povertà in Italia (lo 0,1% del Pil) e la media comunitaria (0,4%).

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