Il business della prostituzione nelle mani degli albanesi

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-10-07

In un decennio il fatturato della prostituzione è cresciuto del 28% e ha raggiunto i 4 miliardi di euro annui. Sono 3,5 milioni i clienti Il controllo dei clan sulla tratta dall’Africa e dall’Est Europa

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La Stampa oggi riepiloga in un’infografica il business della prostituzione in Italia e spiega il meccanismo di reclutamento e sfruttamento che è in grado di sfuggire ai controlli:

Per la legge e le statistiche sono semplici prostitute e chi le usa al massimo rischia una condanna per sfruttamento della prostituzione, due anni che diventano 16 mesi con lo sconto previsto dal rito abbreviato. La battaglia di chi sta provando a fermare la crescita di questo fenomeno è far capire che sono invece vittime di tratta, schiave come le prostitute nigeriane: costrette, ricattate, prigioniere. E che chi ha il dominio delle loro vite è colpevole di un reato diverso, da punire con una pena dai sei ai dodici anni di carcere.

Le prigioniere dei lover boy sono sotto gli occhi di chiunque passi sulle strade della prostituzione, eppure sono invisibili. Secondo i dati del Dipartimento per le Pari Opportunità, le vittime di origine rumena minorenni entrate nel circuito di assistenza sono 23. Rappresentano il 2,8% del totale, una cifra irrilevante e, soprattutto, irreale. Le donne che hanno la forza di liberarsi sono una goccia rispetto al mare di quelle che restano.

business prostituzione italia
Il business della prostituzione in Italia (La Stampa, 7 ottobre 2019)

E’ il nuovo volto della tratta: alle donne nigeriane si affiancano sempre più romene, o anche albanesi o bulgare, con una capillare presenza, appunto della mafia albanese sul mercato della prostituzione italiana, come spiega il rapporto di Save The Children. Il controllo dei lover boy è «totale e violento». Un’ organizzazione sempre più efficiente e spietata, giustificata dall’aumento dei guadagni. «Prima agivano con il rapporto di uno a uno e ognuno aveva una ragazza, poi hanno imparato tecniche di manipolazione più articolate e complesse e ora riescono a gestire più di una ragazza, raccontando la stessa storia a ognuna di loro, tenendole in appartamenti separati», spiega Silvia Dumitrache, presidente di Adri, l’associazione delle donne romene in Italia.

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