Attualità
Tutte le promesse che Di Maio si è rimangiato per fare il governo con la Lega
neXtQuotidiano 10/05/2018
La negazione del veto su Berlusconi è solo l’ultima tappa di un viaggio che in sessanta giorni ha visto il candidato premier dire tutto e il suo contrario. Un piccolo riassunto
Mentre Luigi Di Maio è oggi a colloquio con Matteo Salvini per definire i contorni del governo Lega-M5S e parlare dei nomi e delle poltrone, è utile ricordare, con l’ausilio di Sebastiano Messina su Repubblica, tutte le giravolte che i protagonisti della politica italiana hanno messo in atto in questi due mesi di crisi di governo per ottenere il risultato finale. Come ad esempio la posizione politica su Berlusconi:
Sì, forse abbiamo fatto tutti lo stesso sogno. Quello in cui il giovane Di Maio scandiva, con il suo sorriso affilato: «Una cosa è certa: noi mai con Berlusconi!». Quindi saliva su un palco e gridava: «Lui è come Wanna Marchi, tira pacchi agli italiani!». Poi lo accusava di aver «tradito l’Italia almeno sette volte», di aver rastrellato i voti «dei galeotti, dei corrotti e dei mafiosi» o di aver «fatto i bonifici a Cosa Nostra».
E alla fine, quando arrivava il momento di trattare per le presidenze delle Camere, si rifiutava persino di incontrarlo, liquidandolo come «un condannato incandidabile» e avvertendo: «Noi non siamo disposti a legittimarlo». E invece non era un sogno, è successo davvero. Nel giro di 24 ore il veto è sparito, e l’impresentabile oggi non è più impresentabile. Qui lo dico e poi lo nego, è il motto di Di Maio.
Ma Di Maio ha tirato fuori molti penultimatum anche nei confronti della Lega:
Prendiamo Salvini, che potrebbe essere il suo alleato – pardon: socio – nel prossimo governo. Prima del voto avvertiva nelle piazze: «Io sono del Sud e non mi alleo con la Lega Nord, con chi diceva: “Vesuvio lavali col fuoco”». Eppure, dopo la spartizione delle poltrone di Montecitorio e Palazzo Madama ha cominciato a lodare Salvini: «Ha dimostrato che sa mantenere la parola data» (25 marzo). Aggiungendo, zuccheroso: «Con lui c’è un’interlocuzione istituzionale molto serena» (11 aprile). Poi però ha cambiato idea.
E sembrava che avesse chiuso per sempre, con lui: «Voglio dire ufficialmente che per me qualsiasi discorso con la Lega si chiude qui» (24 aprile). Di più: «Ormai con Salvini la misura è colma». Volete sapere perché? Ecco la risposta: «Si è piegato a Berlusconi solo per le poltrone. E io ho anche il dubbio che ci sia un serio rapporto economico tra la Lega e Berlusconi» (2 maggio). Parole pesantissime. Ma non per Di Maio, che mentre scriviamo sta trattando proprio con quel tifoso nordista della lava del Vesuvio con cui aveva «ufficialmente chiuso qualsiasi discorso».
Infine c’è il PD:
Ha rivelato che lì dentro «ci sono persone che in questi anni hanno lavorato bene», e per evitare che queste parole suonassero contro Renzi s’è persino affrettato a precisare che lui si rivolgeva «al Pd nella sua interezza», quando tendeva la mano dicendo: «Sotterriamo l’ascia di guerra, sui temi ci siamo». Un testa-coda mozzafiato. Superato solo da quello successivo, appena è arrivato il «no, grazie» dell’ex segretario. Allora la faccia feroce ha sostituito all’istante il sorriso seducente, e sono tornate le parole aguzze: «La pagheranno», «A questo punto per noi finisce qui», «Non voglio averci mai più niente a che fare».
Il rischio è che tra qualche mese tocchi di nuovo alla Lega.