Cosa porta l'accordo tra Italia e Svizzera sui conti bancari

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-02-24

Chi non rimpatria i capitali finisce in trappola, ma secondo Uckmar molti saranno disposti a correre il rischio

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«Potrebbero rientrare i capitali che hanno un importo inferiore ai 2 milioni di euro, su cui viene calcolato un reddito fisso del 5%, quindi su un milione sono 50mila euro, tassati al 27,5%»: questa la previsione di un esperto del calibro di Victor Uckmar a proposito della fine del segreto bancario tra Italia e Svizzera. Il professore emerito di diritto tributario all’università di Genova, intervistato dal Quotidiano nazionale, dice che però non è tutto risolto: «Per i patrimoni superiori ai 2 milioni di euro – spiega Uckmar – la legge è assolutamente indecifrabile e molto incerta, perché dopo la confessione al fisco il calcolo delle imposte viene sottoposto alla Procura della Repubblica, che può riaprire il caso a versamento già avvenuto. In pratica, è come dire a chi ha i soldi in Svizzera: se tornate vi cacciate nei guai. Credo – aggiunge – che molti piuttosto rischieranno e se ne staranno lì dove sono».

ITALIA SVIZZERA BANCHE CONTI
I soldi rimpatriati con l’ultimo scudo fiscale (Repubblica, 24 febbraio 2015)

COSA PORTA L’ACCORDO TRA ITALIA E SVIZZERA SUL SEGRETO BANCARIO
Ciò che conta è che la Confederazione elvetica esce così dalla black list dei paradisi fiscali permettendo a chi intende avvalersi della voluntary disclosure (la regolarizzazione spontanea dei capitali detenuti illegalmente in Svizzera) di beneficiare di condizioni migliori in termini di anni da sanare e di oneri da sostenere. L’accordo, che non menziona l’apertura di sportelli di banche svizzere in Italia, si compone di due documenti. Uno giuridico (un protocollo che modifica la Convenzione del marzo 1976) che deve essere ratificato dai due Parlamenti, e un documento politico. Quest’ultimo indica una road map da seguire per definire ulteriori questioni: da una parte quella dei transfrontalieri (da finalizzare entro la metà del 2015 e in cui è indicata la reciprocità e cioè anche i frontalieri svizzeri che lavorano in Italia saranno compresi nell’accordo) e, dall’altra, l’individuazione delle migliori soluzioni pratiche per Campione d’Italia, enclave italiana circondata dal territorio svizzero. Il governo italiano punta molto sul rientro dei capitali. Del gettito atteso non c’è nessuna stima ufficiale. Le cifre che circolano tra gli addetti ai lavori vanno dai 5 miliardi dell’ultimo scudo Tremonti fino a 6-6,5 miliardi di euro. E Federico Fubini su Repubblica di oggi racconta cosa succede a chi non rimpatria i capitali:

È il caso degli evasori in trappola: cittadini italiani beneficiari di importanti patrimoniare nati nei conti svizzeri, perché le banche rifiutano di restituirli ai proprietari. Tutt’al piùvengono loro permessi ritiri dapoche migliaia di franchi, mentrecentinaia di conti multimilionarirestano congelati.Avvocati e commercialisti in Canton Ticino stanno trovando una nuova fonte di reddito in queste settimane, reclutati da centinaia di italiani disperatamente impegnati a recuperare le proprie disponibilità. Non sarà facile. Quei conti congelati sono l’esito della tripla manovra eseguita dal governo di Roma: la trappola si è stretta per l’effetto congiunto della voluntary disclosure sul rientro dei capitali, dell’accordo sulla fine del segreto bancario svizzero e dell’introduzione dal primo gennaio del reato di autoriciclaggio.
Voluntary disclosure e autoriciclaggio fanno parte di un unico pacchetto approvato l’anno scorso. La disclosure («divulgazione spontanea») è un condono che permette di rimpatriare somme importanti depositate all’estero e mai denunciate, cancellando ogni addebito: la penale da versare al fisco italiano può variare fra il 5% del totale per patrimoni più antichi (e non più alimentati da tempo) a quasi il 90% per conti recenti e oggetto di continui versamenti, provenienti dal crimine o dall’evasione. Ma per chi non approfitta di questa opportunità, è alto il rischio che scatti il reato di autoriciclaggio: basta un’operazione sul patrimonio – un acquisto di titoli o di un immobile, oppure una cessione ai figli – perché la pena arrivi a otto anni di detenzione. Con la fine del segreto bancario elvetico, da quando il fisco può individuare i titolari dei conti svizzeri, questa è una minaccia concreta. Per la prima volta nella storia d’Italia, il carcere per gli evasori può diventare realtà.

 

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